Sull’ultima Relazione della Direzione Investigativa Antimafia appena pubblicata, abbiamo intervistato il criminologo Vincenzo Musacchio. Di seguito la sua opinione.
L’ultima relazione della DIA conferma che il Molise non è più oasi felice libera da mafie. Come commenta questo dato?
Come un dato ormai scontato. L’ho scritto e detto per la prima volta nel 2002 dopo il sisma di San Giuliano di Puglia. Sono tornato a scriverlo negli anni successivi. Sempre criticato e isolato. Salvo rare eccezioni. Oggi le mafie continuano a stritolare con le loro spire la nostra regione. Il quadro delineato dalla Dia conferma i dati del Report dell’Osservatorio Antimafia del Molise del 2018. Le mafie sono presenti nella provincia di Isernia, a Campobasso e nel litorale molisano.
Perché le mafie scelgono anche il Molise per i loro affari?
Il suo anonimato fa sì che il nostro territorio sia scelto come luogo d’incontro d’interessi economici, politici e amministrativi di specifica rilevanza tanto per le organizzazioni mafiose “tradizionali” (cosa nostra, camorra e ndrangheta) quanto per i gruppi criminali pugliesi. La presenza delle mafie ha assunto in questa regione caratteristiche peculiari dal punto di vista storico, sociale ed economico, difficilmente riscontrabili nelle regioni a tradizionale presenza mafiosa o in altri territori, italiani e non, in cui le diverse forme crimine organizzato si sono insediate. I diversi gruppi s’infiltrano sul nostro territorio senza radicarsi ma convivendo in una sorta di equilibrio in cui nessuno prevale e tutti raccolgono le opportunità offerte dalla tranquillità del territorio, dall’economia e dalla società civile molisana da sempre poco avvezza alle grandi reazioni sociali. Qui, alcuni gruppi criminali pugliesi hanno raggiunto un notevole livello d’infiltrazione interna e riescono a interloquire alla pari con le consorterie mafiose tradizionali. Non solo. In Molise le mafie presenti non utilizzano la “tradizionale” azione violenta e intimidatoria ma il modus operandi della criminalità dei colletti bianchi (corruzione, tangenti, concussione). Queste caratteristiche rendono il contesto molisano differente sia dalle altre regioni meridionali di origine delle mafie tradizionali sia dal resto dell’Italia centro-settentrionale, in cui le mafie meridionali si sono insediate in maniera anche strutturata e radicata ma seguendo processi di “colonizzazione” diversi da quanto accade in Molise.
Quali sono le famiglie mafiose presenti in Molise?
I primi “bacilli” risalgono ai tempi in cui Vito Ciancimino era in soggiorno obbligato nel Comune di Rotello. Non mancano tuttavia presenze di famiglie mafiose del foggiano, siciliane, casertane, napoletane e calabresi. Alcuni esponenti, trasferiti in Molise al soggiorno obbligato, hanno messo radici non solo economicamente, ma anche famigliarmente, con imprenditori, professionisti e proprietari terrieri molisani. C’è di fatto un equilibrio tra le presenze delle mafie tradizionali. L’infiltrazione naturalmente si concentra nelle zone di Isernia-Venafro e in quelle di Termoli-Campobasso.
Quali settori sono a più alto rischio d’infiltrazione mafiosa?
La criminalità organizzata è infiltrata in tutti i settori economici. In particolare si concentra nei seguenti: 1) Alloggio e ristorazione (bar e ristoranti); 2) Commercio all’ingrosso (di prodotti alimentari, agricoli e di beni di consumo finale) e al dettaglio; 3) Attività immobiliari; 4) Costruzioni e parchi eolici; 5) Trasporti; 6) Scommesse e gioco (video-lotterie, sale slot, bingo); 7) Stabilimenti balneari; 8) Appalti pubblici; 9) Sovvenzioni nazionali ed europee.
Le singole organizzazioni mafiose hanno preferenze nelle attività di infiltrazione?
In linea di massima diciamo che tutti fanno un po’ tutto. Ci sono tuttavia preferenze da parte di alcune associazioni mafiose operanti nel territorio molisano. In particolare: la Camorra preferisce: 1) Ristorazione, 2) Commercio di prodotti alimentari, 3) Smaltimento rifiuti tossici. S’infiltra nella zona di Isernia-Venafro e del litorale molisano. La Ndrangheta preferisce: 1) Edilizia, parchi eolici, intermediazione immobiliare e commercio (ad es. vitivinicolo e ortofrutticolo). Estende la sua influenza un po’ su tutto il territorio molisano con preferenza per il basso Molise. Le mafie pugliesi preferiscono: 1) Le attività connesse alla droga, prostituzione, immobiliari, costruzioni, commercio all’ingrosso e al dettaglio, manifatturiero, ristoranti e bar, agricolo (vitivinicolo), appalti pubblici e stabilimenti balneari. Predilige le zone confinanti come Termoli e quelle costiere sull’adriatico molisano.
Le recenti attività d’indagine delle Procure della Repubblica molisane sono sufficienti a far fronte a questi nuovi fenomeni criminali?
Questo non posso dirlo perché non ho dati caldi a mia disposizione ma soltanto dati freddi già in parte noti. Certamente posso dire che confermano quello che più volte abbiamo ripetuto negli anni passati e cioè come nel territorio molisano già da tempo le organizzazioni criminali riciclano i loro capitali illeciti. Avvalorano la tesi che sussistono investimenti in attività commerciali e d’impresa. I nuovi clan sono in grado di influenzare l’economia legale della regione.
In Molise dunque si ricicla il denaro mafioso?
Assolutamente sì e non da ora ma da tanto tempo. C’è un’infiltrazione finalizzata al riciclaggio di proventi illeciti attraverso aziende di copertura. Queste aziende sono meno esposte dal punto di vista finanziario, mentre l’indebitamento commerciale è più alto. Le attività rimangono allo stato corrente e i livelli di profittabilità sono molto bassi. Questo modello presenta una variante che presta attenzione anche all’efficienza produttiva della conduzione criminale: oltre al riciclaggio si mira alla realizzazione di nuovi profitti, preferibilmente in nero, come altra fonte di finanziamento per le attività dei clan. Le mafie si servono di teste di legno o dei vecchi proprietari che restano nelle aziende o nelle imprese al servizio delle mafie.
C’è un controllo del territorio da parte loro?
L’infiltrazione non è finalizzata a rafforzare il controllo del territorio ma il consenso sociale. Ben visibili e con un forte contatto con la comunità locale, queste aziende sono costituite ad hoc o acquisite da imprenditori in difficoltà, spesso mantenuti come prestanome. A questo modello ricorrono soprattutto gruppi già infiltrati sul territorio (Ferrazzo, Sinesi-Francavilla, Moretti-Pellegrino-Lanza, Spada-Casamonica).
Che cosa possiamo dire sullo scambio elettorale politico mafioso, esiste?
Dal punto di vista giudiziario non ancora possiamo dirlo. Ci sono state alcune indagini ma per ora non abbiamo sentenze che confermino il dato. Da studiosi però possiamo dire che l’infiltrazione è possibile grazie allo scambio tra prestigio criminale, vicinanza a politica e PA locale. È spesso finalizzato a ottenere concessioni e finanziamenti pubblici e generare profitti formalmente leciti. Negli ultimi anni si hanno esempi collegabili soprattutto ai gruppi criminali (gruppo di Buzzi e Carminati nel settore immigrazione, Casalesi nel settore dei rifiuti tossici, mafie pugliesi nel settore delle sovvenzioni in campo agricolo). I tre modelli in precedenza delineati spesso si sovrappongono.
La pandemia in corso che ruolo gioca in questo contesto?
Chi pensa che la pandemia possa danneggiare le mafie sbaglia di grosso. La pandemia le ha fortemente agevolate e hanno potuto esercitare la loro funzione di “welfare” soprattutto con le aziende e le imprese in difficoltà economica. Hanno fatto da banche con rapidi “sostegni” finanziari che poi hanno naturalmente prodotto l’impossessamento di imprese ed esercizi commerciali attraverso usura ed estorsioni, delitti che non a caso negli ultimi due anni in Molise sono aumentati. La conferma della nostra opinione trova un riscontro oggettivo anche nell’aumento delle interdittive antimafia emesse nel biennio di riferimento.
Il settore stupefacenti che ruolo ha in Molise?
La droga è la prima entrata economica di tutte le mafie. In Molise il settore è gestito nella provincia di Isernia dalla camorra e in quella di Campobasso, dalle mafie pugliesi e albanesi. I sodalizi foggiani e quelli albanesi forniscono la materia prima nelle piazze di spaccio molisane. La camorra in queste attività ha un suo ruolo.
Che cosa possiamo fare noi molisani per porre freno a questi fenomeni criminali in continuo aumento?
La battaglia non può e non deve essere lasciata solo agli addetti ai lavori come le forze di polizia e la magistratura, deve coinvolgere tutti, perché la mafia è un problema per cittadini, lavoratori, studenti, pensionati. È necessario costruire una rete di responsabilità e di consapevolezza tra amministrazioni locali, imprenditori, associazionismo laico e religioso, sindacati d’imprese e dei lavoratori, forze dell’ordine, organi d’informazione e magistratura inquirente. È utile fare tesoro delle esperienze, purtroppo molto consolidate, che l’associazionismo antimafia, antiusura e antiracket del mezzogiorno del Paese può offrire, aumentando le opportunità di scambio culturale e civile, sia invitando in Molise rappresentanti di questo mondo, sia organizzando dei veri e propri tour nei luoghi dove quest’associazionismo è più organizzato ed efficace. I segnali negativi sono molti, bisogna imparare a percepirli e a contrastarli, per difendersi e per difendere la nostra regione prima che sia troppo tardi.
Vincenzo Musacchio, criminologo, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. È Presidente dell’Osservatorio Antimafia del Molise. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.