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venerdì, Marzo 29, 2024

A Santa Croce il campanile di pietra apre una bella pagina sulla storia di ieri

CulturaA Santa Croce il campanile di pietra apre una bella pagina sulla storia di ieri

di Luigi Pizzuto*

A Santa Croce di Magliano un angolo di pietra racconta felicemente la storia più bella del paese. L’emblema del luogo più possente è qui. Tra pareti di pietra e pezzi di cielo. Dai toni diversi che improvvisamente mutano da mattina a sera. Se si legge con attenzione la toponomastica, non pochi pensieri delicati improvvisamente si animano. Da Via Cavalcante, un autentico inno all’amore inciso sulla pietra, si riceve l’immagine di uno scorcio inedito non appena si entra nel cuore del paese. Il luogo suscita curiosità. Ci spinge a sapere di più col naso all’insù.

Nel suo insieme questo piccolo spazio urbano è ben circoscritto dal linguaggio della pietra. Borgo San Giacomo infatti chiude la strada maestra proveniente dalla Chiesa Greca. E’ circondato da svariati aggregati di case cresciute nel corso del tempo. Dunque è ben visibile nei suoi vecchi lineamenti. Su di esso svetta l’omonima chiesa con alcune costruzioni più vecchie. Ciò che colpisce l’osservatore è l’alto campanile di pietra. Con le slanciate arcate campanarie e con la sua classica cupola a cipolla è tuttora un’attenta sentinella del tempo. Sfida la furia del vento ed ogni intemperie. I suoi rintocchi armoniosi si perdono nella notte dei tempi. Inteneriscono il cuore della gente tra non pochi pensieri ideali che puntualmente volano in alto. Il campanone quando suona a distesa dà vita a sensazioni meravigliose. Indubbiamente è nella posizione migliore. Nella gioia e nel dolore raccoglie le attese di un’intera comunità. A sera è fonte di luce preziosa.

E’ amato da intere generazioni. In questo angolo vivace il fronte di pietra disegna un cammino nascosto al centro del paese. Spesso il contesto di tale scenario naturale si accende e si spegne. Intorno a questo simbolo silenzioso dell’assoluto, capace di sfidare chiunque, trovano posto le tradizioni più belle. Qui sono vive le tracce della storia religiosa e rurale santacrocese che il covid, a quanto pare, ha deciso di spegnere. E’ possibile oggi, in piena solitudine, compiere un giro a piedi intorno a questo caratteristico agglomerato. Resistono le immagini sulle orme di ieri che non si vedono più. Vibrano nell’aria il volto dei fedeli, le tante famiglie, gli animali e l’enigmatica scena dello Scarciacappe che segna l’identità più genuina nella festa molto sentita dell’Ultimo Sabato di Aprile. Con questo antico giro processionale si ha l’impressione di entrare dentro ad un piccolo mondo antico dove riecheggiano i versi degli animali e i suoni assordanti dei loro campanacci. In questo frastuono silente talvolta si rianima una pia atmosfera.

Ognuno rivolge alla Madonna Incoronata, custodita all’interno della chiesa di San Giacomo, i suoi sentimenti. Rivela i suoi segreti. Nella dimensione dei ricordi dal reportage fotografico si percepisce un piacevole intreccio tra fede e memoria. Tra i colori rivivono il vecchio e il nuovo. Come pure tra le arcate di svariata misura si accendono le ombre di non poca cultura. Con toni variabili a secondo del punto di vista. Sulla parete posteriore della chiesa si nota murata la finestra degli esposti. Quand’era aperta doveva certamente avere una ruota girevole. Per accogliere a quei tempi i neonati, abbandonati dalle famiglie più povere, al fine di assicurare la loro sopravvivenza. Sulla facciata principale spicca un mosaico di maioliche che anima una colorata scena all’insegna dello spirito della Congrega. Scuote le certezze materiali dell’io. Su una nuvola trionfa nel cielo una tenerissima Madonna col Bambino. L’immagine materna conforta le Anime del Purgatorio sofferenti tra le lingue di fuoco. Alla base vi è la seguente iscrizione: “A pregar pace ai defonti fu questo tempio eretto dalla pietà dei vivi”. Curiosa la descrizione di questo luogo sacro che fa Donato Colonna (1854-1899) nel libro “Topografìa e condizione igienico-economiche di Santa Croce di Magliano” ripubblicato nel 1990 dalle Edizioni Enne. “La Chiesa di San Giacomo si trova nella parte più occidentale del nuovo paese, con la facciata sulla strada maggiore. Essa è composta di due navate. Questa chiesa appartiene alla Congrega del Purgatorio.

Ha il grande inconveniente di avere addossato al suo muro meridionale l’attuale carcere. Accade sovente, per siffatta vicinanza, che i devoti, mentre sono intenti ad udire le voci solenni del coro e le note dell’organo, siano disturbati dai reclusi, che cantano a squarciagola le loro lubriche canzoni”. Siamo nella seconda metà dell’Ottocento. Nella prima metà del Settecento, invece, la Chiesa di San Giacomo era completamente fuori dal centro abitato denominato Quartetto. Nelle memorie del 1744 il Tria la descrive così. “Così fuori non se ne vede che una, la quale essendo molto antica e deforme sotto il titolo di San Giacomo posta per la strada che conduce alla Badìa, e al Feudo di Sant’Elena , l’Università ha principiato di fabbricarne un’altra sotto lo stesso titolo, non molto distante dalla prima, ed è stato ordinato che nel luogo della chiesa vecchia sia formato un Cimiterio”. Oggi Borgo San Giacomo è parte integrante del tessuto urbano. Viene annunciato da un bel murales, realizzato nell’ambito del Festival Internazionale di Arte Urbana, ideato dalla professoressa Marianna Giordano alla memoria del padre, Antonio Giordano, scultore e pittore della Transavanguardia, scomparso nel 2013.

*Storico

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