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giovedì, Aprile 18, 2024

Una democrazia plutocratica

EditorialiUna democrazia plutocratica

di Paolo Frascatore

Soltanto un paio di mesi fa da queste colonne titolavo un editoriale “La democrazia malata”, argomentando una serie di riflessioni, riferite soprattutto a politologi illustri (da Norberto Bobbio a Giovanni Sartori), riattualizzandole nel quadro inerente i “nuovi” partiti e movimenti politici.

Paolo Frascatore

A distanza di una settimana dal primo turno delle elezioni amministrative, una valutazione serena va fatta, non solo per quanto concerne i risultati dei protagonisti in campo, ma soprattutto per quanto riguarda l’affluenza alle urne.

Balza subito agli occhi il netto ridimensionamento di Lega e Movimento Cinque Stelle, ossia dei sovranisti e dei populisti, a significare che una politica fatta solo di slogans e di strumentalizzazioni della protesta popolare, a medio termine, non paga più in termini di consenso. Fratelli d’Italia avanza, ma certo non fa quell’exploit di cui tutti erano convinti alla vigilia. Forza Italia annaspa e arranca, segno tangibile di una lenta uscita di scena (se si eccettuano i risultati elettorali  regionali della Calabria).

Ride il PD che torna ad essere il primo partito. Ma “se Atene piange, Sparta non ride”, o meglio non si comprende questa sorta di entusiasmo piddino di Letta e company se è vero, come è vero, che a Milano è andato alle urne solo il 47 per cento degli elettori; a Napoli il 47,19 per cento; a Roma il 48,8 per cento; a Torino il 48,06 per cento; solo Bologna registra un dato che supera la maggioranza assoluta degli elettori con appena il 51,18 per cento.

Dunque, nelle grandi città si registra un dato negativo rispetto alla media nazionale del 54,69 per cento degli elettori, preoccupante anch’essa in assoluto (in pratica un elettore su due non si è recato alle urne).

Quello su cui bisogna riflettere è anche l’ulteriore dato che non solo il cittadino delle grandi città si allontana sempre di più dalla politica rispetto a quello dei centri urbani minori, ma soprattutto che, stando ad un sondaggio di “You Trend”, nelle grandi città, in particolare del Nord, l’astensionismo riguarda in maniera specifica i quartieri popolari e non quelli ricchi: ci avviamo verso una plutocrazia?

Ma per il neo segretario PD la valutazione principale è quella che il suo partito “è tornato in sintonia con il Paese.” Ma con quale Paese? E soprattutto quali sono i dati elettorali che lo riguardano in prima persona?

Letta era candidato alla Camera dei deputati alle elezioni suppletive nel collegio di Siena con un simbolo civico e non con quello del suo partito. Ma al di là di questo, il dato su cui bisogna riflettere riguarda i mass media che all’indomani della elezione di Letta alla Camera titolano (“Il Sole 24 Ore”): “Batte il centrodestra e sfiora il 50% dei consensi”.

Il comune lettore pensa subito ad una grande vittoria del centrosinistra e di Letta in particolare; ma occorre guardare anche al dato relativo all’affluenza alle urne. Infatti se a livello delle elezioni amministrative il dato è superiore al 50 per cento, nel collegio di Siena della Camera dei deputati si è recato a votare soltanto il 35,93 per cento degli elettori; ossia i due terzi non hanno votato, due elettori su tre.

Allora più che inneggiare a vittorie pirriche, occorre riflettere sulla necessità di un nuovo soggetto politico che sappia reincarnare gli umori, le attese, il futuro di un popolo (quello italiano) da troppi lustri costretto a sopportare una classe dirigente d’élites mancante di qualsiasi cultura politica.

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