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giovedì, Marzo 28, 2024

Gli interessi economici sull’Afghanistan

EditorialiGli interessi economici sull'Afghanistan

di Paolo Frascatore

La questione afghana tiene banco a livello mondiale e sembra preoccupare Nazioni e Capi di Stato.

A dire il vero, le vicende di questi giorni non possono non preoccupare tutti coloro che non solo ritengono fondamentale la convivenza pacifica tra popoli e nazioni, ma anche il riconoscimento di diritti umani che non possono essere ripudiati e negati.

Paolo Frascatore

Il problema, però, è anche un altro e riguarda quella realpolitik per la quale si muovono le superpotenze mondiali in ragione di interessi economici.

Infatti, dietro al concetto demagogico di democrazia gli Stati Uniti d’America hanno costruito conflitti armati nel corso del Novecento (soprattutto in Medio Oriente) al fine di monopolizzare una tra le principali fonti di energia, ossia il petrolio.

Negli USA possono alternarsi presidenti repubblicani e democratici, ma gli obiettivi di Stato non cambiano perché entrambi i partiti badano alla sostanza: monopolizzare le fonti primarie di energia per essere primi a livello mondiale attraverso le multinazionali.

Non c’è stata guerra in Medio Oriente che non fosse legata ad interessi economici ed in modo particolare all’utilizzo del petrolio.

La stessa guerra fredda tra URSS e USA nel corso di quasi tutto il Novecento, al di là dei diversi sistemi politici, era imperniata sulla forza militare (oltre alla vendita di armi soprattutto ai paesi poveri) come motore di predominio per fini strettamente economici.

Si potrebbe dire allora che la politica degli Stati ruota complessivamente, o meglio si muove dettata da interessi economici e non da regole morali e di buona amministrazione.

Quest’ultimo sembra essere un paradosso, soprattutto se si ascoltano politici di punta che fanno passare il proprio impegno politico al servizio del bene comune. In realtà, più che al servizio del bene comune, essi sono al servizio delle multinazionali che ormai hanno monopolizzato e concentrato l’economia mondiale in poche mani.

Nessuno in passato ha avuto il coraggio di schierarsi contro questo stato di cose ossia contro l’imperialismo USA ed URSS, se si eccettuano le posizioni di Giuseppe Dossetti, riprese poi nel 1972 da Livio Labor e dal suo Movimento Politico dei Lavoratori.

Ma se il quadro politico mondiale, rispetto al Novecento, è cambiato e sono cambiati anche gli obiettivi economici, non è cambiata la strategia delle superpotenze se non nel fatto che rispetto ad USA E Russia di Putin, oggi si è aggiunta anche la Cina.

Tutto questo per dire cosa? Le vicende dell’Afghanistan, al di là di quella che ancora oggi viene sostenuta come educazione alla democrazia, sono imperniate su motivi di fondo economici.

L’economia mondiale (ormai è cosa acquisita) deve muoversi necessariamente verso il green: il surriscaldamento del pianeta impone un brusco cambio di rotta soprattutto per quanto concerne l’utilizzo delle fonti energetiche. Non più petrolio o carbone, ma energia pulita e non inquinante.

Da qui le nuove autovetture ibride che sostituiranno quelle attuali. Ma per le autovetture ibride o elettriche è necessario dotarle di batterie al litio (in uso anche nei telefonini cellulari), un minerale quest’ultimo di cui proprio l’Afghanistan è ricco tanto da essere il primo paese mondiale.

Non voliamo sulle ali della fantasia, ma è plausibile che dietro la presa del potere dei Talebani in Afghanistan vi sia un tacito compromesso tra questi ultimi e gli americani: voi lasciate il nostro territorio e ci consentite di prendere il potere, noi vi lasciamo le nostre riserve di litio.

Ancora una volta, dunque, è l’economia a guidare la politica.

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