Due giorni dopo il rogo che si è portato via una delle zone paesaggistiche più belle della costa molisana, un pezzo di macchia mediterranea selvaggia e profumata, alla Pienta di Ramitelli, a Campomarino, quello che resta è un paesaggio l’infernale e il lunare. Una polvere bianca e sottile copre tutto con una luce sinistra mitigata soltanto dal bagliore dell’acqua che in lontananza che continua a spumeggiare di un colore blu oltremarino che la sera, al tramonto, assume la tonalità di un verde petrolio. Due giorni dopo continuano a fumare gli alberi, o quello che ne resta, un cimitero di tronchi ridotti in carbone da quello che a memoria d’uomo è stato l’incendio più devastante della zona.
Ci si interroga sulle cause dell’accaduto: dolo o colpa? La banalità del male, più che mai, in questo caso si mostra in tutta la sua evidenza. A parlare sono le immagini, quelle di ciò che resta di un picnic: sedie e suppellettili letteralmente fusi dalla furia del fuoco. Resti di una pasto consumato a due passi da alberi, legni, aghi di pino, senza scrupolo alcuno di chi per sciatteria, incuria, ignoranza o, semplicemente, per menefreghismo, non si rende conto della violenza imposta alla natura da determinati comportamenti. Accanto ai resti del picnic, l’inquietante presenza di una fornacella, messa lì accanto alla Pineta per farci una brace. Nessuno può dire se l’innesco del fuoco sia questo, di certo le immagini però provano l’abisso di incuria e di inciviltà a cui è capace di spingersi il genere umano. Salvo le aree debitamente attrezzate, la pineta, il bosco, il verde in genere, sono fatti per essere rispettati e conservati per le generazioni che verranno dopo di noi e non per offrire l’occasione di scampagnate, baccanali e gite fuori porta con annesso barbecue.
Adesso è in corso la conta dei danni: alle persone e alle cose, e dovremmo aggiungere ai poveri e incolpevoli animali uccisi dalle fiamme. Oltre ai danni e alle responsabilità da accertare è forse venuto il momento di una riflessione ulteriore. Oltre alle iniziative per controlli serrati, è ora che le istituzioni avviino una massiccia campagna di educazione civica, specie nelle scuole, dedicata al rispetto e al rapporto con l’ambiente, il paesaggio e il creato. A farlo, per il momento, è solo Papa Francesco e, per quanto autorevole, la sua voce non può bastare più.