di Paolo Frascatore
Gianfranco Pasquino, con il suo acume politico ha spesso definito l’operazione che portò alla nascita del PD (incontro tra una parte dei cattolici democratici con gli eredi della sinistra storica) una fusione a freddo.

La definizione è calzante soprattutto se si analizzano i dati identitari di questo Partito, che anche a giudizio di Pasquino (come si sa da sempre vicino alla sinistra), ma non solo (padre Sorge), appaiono mancanti totalmente.
Manca in effetti un retroterra culturale a cui far riferimento; il PD è nato soprattutto sulla ventata veltroniana americanizzante e maggioritaria per gestire il potere, per essere tout court Partito di Governo.
In effetti, se si guarda alla storia ed alle cronache di questo Partito si riscontra subito un certo disagio quando è costretto a fare opposizione, non avendo appunto appoggi di riferimento culturali e ideali.
Le vicende politiche quotidiane e le dichiarazioni degli esponenti piddini a livello nazionale e regionale ne sono la prova incontestabile.
Eppure vi è ancora qualche politico-intellettuale che vorrebbe agganciare la nascita del PD alla strategia politica degli anni Settanta di Franco Rodano e del famoso compromesso storico.
Non è possibile, in via preliminare, paragonare Franco Rodano con la classe politica che alberga attualmente nel Partito Democratico (la distanza è troppo netta, sui valori, sulla cultura politica, sulle prospettive, sul ruolo dei cattolici impegnati in politica non solo nella DC ma anche nel Partito Comunista di allora).
Certamente, Rodano impegnava le sue doti eccelse di pensiero e di strategia politica alta (ideale) per disegnare uno sviluppo della democrazia italiana in senso schiettamente popolare.
Da qui quella sua teoria del compromesso storico che in molti hanno immaginato come una collaborazione tra DC e PCI per estromettere gli altri partiti (o partitini rispetto alle due grandi forze politiche popolari), ma che aveva un senso ed una prospettiva che solo Moro aveva intuito nella sua efficace collocazione di una riforma complessiva del sistema democratico italiano.
Ma per Moro il disegno politico di Franco Rodano si muoveva oltre la coltre democratica, comunque fragile, del sistema politico italiano per una sorta di scomposizione di Partiti popolari (DC e PCI) in vista di una unione che avrebbe visto proprio la DC rinunciare al proprio ruolo di Partito di ispirazione cristiana per divenire, sul piano identitario, un nulla di idealmente forte, un taglio netto con le radici dell’ispirazione cristiana, una sorta di componente popolare che non ha più legami forti con quella idea della politica ispirata a valori alti che solo l’ispirazione cristiana può portare avanti.
La linea politica del confronto (a partire dalla metà degli anni Settanta) non è altro che una assunzione di responsabilità da parte di tutti per cercare all’interno dei programmi le necessarie convergenze politiche, senza che queste ultime si trasformassero in quella sorta di consociativismo enunciato da chi non aveva compreso fino in fondo il disegno moroteo e zaccagniniano.
Un disegno che superava la stessa teorizzazione rodaniana, perché la cultura politica dei cattolici democratici non poteva essere annullata all’interno di una scomposizione politica che alla base non aveva più valori ideali di riferimento.
È quello che sta attraversando oggi il Partito Democratico ormai proiettato sulla semplice gestione del potere.