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mercoledì, Aprile 24, 2024

Il patrimonio demo-etnoantropologico e immateriale. Tutela e valorizzazione

CulturaIl patrimonio demo-etnoantropologico e immateriale. Tutela e valorizzazione

di LIA MONTEREALE

1. Sentiamo spesso parlare di beni demo-etrnoantropologici e di patrimonio immateriale. Cosa si intende esattamente e che importanza rivestono per i territori?
I beni demo-etnoantropologici sono tutte quelle manifestazioni di cultura non materiale, che si possono tuttavia manifestare anche attraverso oggetti ed elementi materiali in genere, e che solitamente rappresentano l’identità di una comunità, di un gruppo di persone, di un territorio.
Riprendendo la classificazione proposta dalla Convenzione UNESCO 2003, dedicata proprio alla salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, tra gli elementi di questa tipologia di patrimonio culturale, possiamo annoverare le tradizioni e le espressioni orali, le arti dello spettacolo, le consuetudini sociali, gli eventi rituali e festivi, le conoscenze tradizionali relative alla natura e all’universo, o ancora l’artigianato tradizionale. Si tratta quindi di una categoria molto ampia e poco definibile a priori.
Tuttavia, tutti questi elementi, pur nella loro grande varietà, sono parte costitutiva dell’identità di un territorio, e proprio per questo possono diventare anche strumenti di sviluppo, anche economico, soprattutto per le aree interne.

2. Quali sono le azioni di tutela e di valorizzazione, che sulla base della sua esperienza, devono supportare questo tipo di patrimonio culturale?
Le principali azioni di tutela sono la documentazione e la trasmissione. La documentazione è importante, perché gli elementi del patrimonio immateriale sono un vero e proprio patrimonio vivente che si ripete ogni volta con delle caratteristiche simili, ma non identiche, ai precedenti. Perciò la documentazione, sonora, fotografica o audiovisuale, è fondamentale per conservare la memoria. La conservazione della memoria, tuttavia, non è sufficiente per la salvaguardia del patrimonio immateriale, perché sono fondamentali le azioni di trasmissione delle conoscenze e delle pratiche, soprattutto alle future generazioni.
Dalle azioni di salvaguardia possono discendere alcune modalità di valorizzazione, come per esempio l’uso che abbiamo sperimentato con l’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale nel corso del 2020 della documentazione filmata di alcune feste, per realizzare degli eventi spettacolari che hanno inteso offrire un piccolo risarcimento alle comunità per le feste che non si sono svolte. Nello stesso modo, i materiali di documentazione possono essere utilizzati per delle mostre, o dei festival in cui la pratica dell’immateriale si può coniugare con la sua rappresentazione. Infine è fondamentale lavorare su proposte di attrazione turistica basate sul patrimonio immateriale, lavorando, per esempio, su feste tradizioni enogastronomiche, pratiche artigianali….

3. Quali sono state le novità apportate dalla Convenzione di Faro sul valore del patrimonio culturale, ratificata dall’Italia il 23 settembre 2020?
La Convenzione di Faro ha introdotto numerose novità, ma soprattutto il concetto di “comunità di eredità” connesso con il nuovo ruolo che la Convenzione attribuisce alle comunità, che sono riconosciute le uniche responsabili del riconoscimento (e quindi dell’uso sostenibile in vista di possibilità di sviluppo) del patrimonio culturale. Questa innovazione normativa comporta una serie di conseguenze, a partire dal riconoscimento del diritto al patrimonio culturale come diritto fondamentale dell’uomo, e proseguendo con la necessità di crescita culturale delle comunità chiamate a riconoscere il loro patrimonio.
Faro, insomma, scardina il sistema storicamente definito in Italia del controllo dello Stato sul patrimonio culturale, ampliando la possibilità di riconoscerlo, di salvaguardarlo e di valorizzarlo all’intera comunità nazionale. Ciò comporterà un difficile, ma necessario, adattamento della normativa nazionale ai principi introdotti da Faro.

4. Cosa ci può dire sul patrimonio culturale demo-etnoantropologico e immateriale presente in Molise?
Il patrimonio immateriale molisano è di straordinario interesse e varietà, come già è stato notato decenni fa da studiosi come Diego Carpitella e Alberto Mario Cirese.
Le feste, le tradizioni enogastronomiche, gli elementi devozionali l’artigianato, le pratiche della transumanza (patrimonio UNESCO), le tradizioni delle minoranze linguistiche sono solo alcuni dei motivi di interesse per patrimonio immateriale molisano. E si tratta di elementi di grande importanza per lo sviluppo del territorio, solo se correttamente utilizzati in un’ottica di rete e senza puntare all’elemento isolato.

01_Molise, pastori molisani, studio Trombetta, n.i.86719
02_Molise, Riccia, CB, costumi, n.i.86718
03_Molise, Venafro, IS, mercato, A. Milillo, 1975, n.i. 84014
04_Molise, Venafro, IS, laboratorio del maniscalco, E. Silvestrini, 1975, n.i. 160606
05_Molise, Venafro, IS, contadino, E. Silvestrini, 1975, n.i. 160605

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