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martedì, Aprile 23, 2024

Messaggio per la Quaresima 2021 del vescovo di Trivento Claudio Palumbo

AttualitàMessaggio per la Quaresima 2021 del vescovo di Trivento Claudio Palumbo

Messaggio per la Quaresima 2021 del vescovo di Trivento Claudio Palumbo. “Carissimi fratelli e sorelle, – scrive monsignor Claudio Palumbo – l’infinita misericordia del Padre, sempre operante in Cristo Gesù per la potenza dello Spirito Santo, ci dona di iniziare una nuova Quaresima, anche quest’anno ancora in tempo di penosa pandemia per l’infezione da Covid-19, resa più angosciante dalle scoperte della mutabilità del virus e della sua più celere e pericolosa diffusione. Comunque riceviamo, nella Chiesa e dalla Chiesa, il dono dei quaranta giorni per rinnovarci in Cristo, il Nuovo Adamo, vivere con Lui da risorti e vincere, così, sul peccato e sul male. Le lacrime per i peccati, unite al digiuno, all’elemosina e alla preghiera, potenti mezzi che riceviamo dalla Parola di Dio di questa liturgia delle Ceneri, ci aiuteranno a preparare una rinnovata primavera dello spirito, tanto a livello personale, quanto a livello comunitario. Una urgente primavera dello spirito non fine a se stessa, ma per il conseguimento di frutti di salvezza, individuale e comunitaria, e per una rinnovata missione di annuncio, catechesi, liturgia e testimonianza di carità nel nostro mondo che vive un cambiamento di epoca. Insomma: una nuova Quaresima per una nuova Pasqua di Risurrezione, per una umanità nuova nelle famiglie, nelle scuole, nelle istituzioni di ogni ordine e grado, nella politica, nella economia, nella cultura, nella sanità. Conversione. È la parola d’ordine. Di ieri e di sempre. È il motore che agganciando il volto dell’uomo a quello di Dio rivelato in Cristo, mette ali potenti alla speranza cristiana. Come il girasole che con pazienza, con tenacia, sempre sceglie l’orientamento alla luce, così il nostro volto: sempre orientato al volto del Cristo trasfigurato sul Tabor è capace di tutta questa potente dinamica di risurrezione e di vita nuova. Sostanza, non apparenza, di conversione personale e comunitaria! A questo la Parola di Dio, a cominciare dal mercoledì delle Ceneri, ci richiama nel tempo di Quaresima. Cambiamento dei nostri pensieri, mentalità, sentimenti, azioni nei riguardi di Dio, del prossimo e di noi stessi. Fare bene il bene: nell’elemosina, in segreto, distaccati dallo stesso nostro gesto, in totale anonimato, unicamente per amore di Dio; nella preghiera, anche questa nel segreto della propria stanza, della propria intimità, per aprire il cuore al Padre, che e nei cieli ma che vede anche nel segreto quanto vi è di nascosto nel cuore. Preghiera di lode e di supplica al Padre, di consegna del cuore a Lui, senza nessuna mostra pubblica di sé perché Dio non ascolta coloro che usano tante parole e ripetono preghiere all’infinito, perché Egli sa ciò di cui abbiamo bisogno prima ancora che apriamo bocca. Più che forzare la mano al Padre con molte preghiere e gesti, si tratta, invece, di aprirgli il cuore e di avere fiducia in Lui; nel digiuno. Anche questo vissuto nel nascondimento al pari dell’elemosina e della preghiera. Senza esteriori infingimenti, per far capire agli altri quanto soffriamo. Digiunare per ricordarsi di Dio e fargli posto nella nostra vita. Fare bene il bene nella feconda interattività di queste tre realtà: Il digiuno non sia immiserito in una anemica pratica di privazioni corporali. Sia invece sempre animato e reso fecondo dalla corrispondenza di altre due realtà sorelle: preghiera e misericordia: «Queste tre cose, preghiera, digiuno, misericordia sono una cosa sola e ricevono vita l’una dall’altra. Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno» (San Pietro Crisologo, Discorso 43). Attuare il bene per amore di Dio e null’altro: tutti, come singoli e come Comunità diocesana, siamo chiamati alla conversione e alla partecipazione della Pasqua di Gesù Cristo. Parrocchie, unità pastorali, vicariati, consigli pastorali, associazioni, tutti vocati a condividere la stessa missione di Gesù, venuto per redimere, per divinizzare l’umanità, per realizzare una umanità in comunione con Dio Padre. Tutti chiamati a divenire, a nostra volta, con Gesù, fermento del Padre nella storia di ogni giorno. È quanto dire, anche per la nostra Diocesi, che, per essere sempre più a servizio di Dio, incarnatosi in Cristo Gesù, e dell’uomo, deve impegnarsi – nel contesto della nuova evangelizzazione – ad essere vieppiù famiglia di persone cristianamente credibili e viventi nella carità. Non diminuendo il proprio ardore nella missione e in continuità con la plurisecolare tradizione di santità che l’ha caratterizzata nel tempo, la nostra Chiesa diocesana è chiamata anch’ essa alla conversione, a potenziare cioè nel presente e nell’avvenire quella medesima tradizione di spirituale redenzione e di umanizzazione del sociale. Quaresima di umiltà, allora, per una Chiesa più bella, gioiosa, audace, capace di incidere nel territorio, sulla cultura, sulla società. Per raggiungere simili traguardi occorre che, mediante continua conversione, ritorniamo a riscoprire la nostra appartenenza a Cristo, a creare nuova cultura partendo dal nostro vivere Cristo. Senza la chiara e lucida consapevolezza di essere di Cristo, di essere suoi, di appartenere a lui, non possiamo trasfigurare l’umano, non possiamo generare nuovi umanesimi e aiutare la vita sociale a rimanere entro l’alveo di un’esistenza veramente morale e civile. Il segno austero delle ceneri che saranno poste sul nostro capo ci ricorda la nostra radicale fragilità. Una fragilità baciata da Gesù, piagato per i nostri peccati e per la nostra salvezza. Papa Francesco lo ha sottolineato oggi nell’omelia della Santa Messa in San Pietro: «Guardiamo ogni giorno le sue piaghe. In quei fori riconosciamo il nostro vuoto, le nostre mancanze, le ferite del peccato, i colpi che ci hanno fatto male. Eppure proprio lì vediamo che Dio non ci punta il dito contro, ma ci spalanca le mani. Le sue piaghe sono aperte per noi e da quelle piaghe siamo stati guariti (cfr 1 Pt 2,25; Is 53,5). Baciamole e capiremo che proprio lì, nei buchi più dolorosi della vita, Dio ci aspetta con la sua misericordia infinita. Perché lì, dove siamo più vulnerabili, dove ci vergogniamo di più, Lui ci è venuto incontro». Siamo su questa terra come pellegrini, incamminati verso un altro mondo. Non abbiamo qui una dimora permanente. Anche questo aspetto il Santo Padre ha voluto mettere in evidenza nella citata omelia delle ceneri, parlando che vive dei diversi viaggi di ritorno, al Padre, a Gesù, allo Spirito Santo, sottolineando altresì come: «questo nostro viaggio di ritorno a Dio è possibile solo perché c’è stato il suo viaggio di andata verso di noi. Altrimenti non sarebbe stato possibile. Prima che noi andassimo da Lui, Lui è sceso verso di noi. Ci ha preceduti, ci è venuto incontro. Per noi è sceso più in basso di quanto potevamo immaginare: si è fatto peccato, si è fatto morte. È quanto ci ha ricordato San Paolo: «Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore» (2 Cor 5,21). Per non lasciarci soli e accompagnarci nel cammino è sceso dentro al nostro peccato e alla nostra morte, ha toccato il peccato, ha toccato la nostra morte. Il nostro viaggio, allora, è un lasciarci prendere per mano. Il Padre che ci chiama a tornare è Colui che esce di casa per venirci a cercare; il Signore che ci guarisce è Colui che si è lasciato ferire in croce; lo Spirito che ci fa cambiare vita è Colui che soffia con forza e dolcezza sulla nostra polvere». Le ceneri sono invito a vivere con coerenza la nostra identità e la nostra missione: essere per.  Essere Chiesa del Verbo incarnato per prolungare la sua incarnazione affinché possa proseguire la sua opera di redenzione e di trasfigurazione delle persone e delle cose. Lo Spirito di Gesù – conclude monsignor Palumbo – accompagni anche noi nel deserto della vita per vincere le tentazioni che cont
inuamente, senza sosta, insidiano questa urgenza e questo programma di amore. Il combattimento spirituale, il digiuno, la preghiera siano un’ascesi che ci trasforma non in persone tristi, in cristiani «con una faccia da funerale», come direbbe il Santo Padre, bensì gioiose nel dono pieno di sé. Ci ottenga tutto questo la materna intercessione di Maria Ss.ma: ipsa propitia pervenis!

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