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mercoledì, Aprile 24, 2024

Morte di Silvana Di Fiore per Covid, la procura di Isernia apre un fascicolo

AperturaMorte di Silvana Di Fiore per Covid, la procura di Isernia apre un fascicolo

Da subito la vicenda della morte di Silvana Di Fiore, solare 50enne, madre di due figli, Oss alla Casa di riposo di Scapoli, ex presidente della pro loco, non era apparsa chiara ed era stato lo stesso sindaco di Scapoli, Renato Sparacino, a parlare dei primi dubbi sollevati dalla famiglia. Dubbi che sono aumentati nei giorni successivi, tanto che ora la Procura di Isernia ha aperto un fascicolo. È stato il figlio della donna deceduta a denunciare la mancata assistenza per la mamma. Ad iniziare dal medico, passando per il 118, fino a giungere al pronto soccorso.

«Ad uccidere mamma non è stato il Covid, ma un’assistenza sanitaria che reputo tardiva». A dirlo al Messaggero Abruzzo è Luigi Ricci, figlio di Silvana Fiore, l’operatrice socio sanitaria, morta a 50 anni nel reparto di malattie infettive al Covid Hospital di Atri, in Abruzzo, provincia di Teramo».

Racconta Luigi che la madre, era una Oss nella Rsa di Scapoli dove è scoppiato il focolaio che ha fatto altre quattro vittime, con una quarantina di ospiti che hanno contratto il virus, e aveva iniziato ad avvertire i primi sintomi il 20 novembre scorso.

«Abbiamo chiamato il medico di base – dice Luigi Ricci – ma lui, senza nemmeno sapere se mia madre era positiva, si è rifiutato di visitarla, dicendo: «mi spiace ma non rischio di infettarmi”. E le prescrive un antibiotico generico e il cortisone». Quattro giorni dopo la 50enne va a fare il tampone in una clinica privata e scopre di essere positiva. La donna informa il suo medico e gli dice anche che fa fatica a respirare. «Il medico – sempre nel racconto del figlio – invece di venire a visitarla , le consiglia di andare in farmacia a comperare una bombola per l’ossigeno».

Due giorni dopo, il 26 novembre, le condizioni di Silvana precipitano di colpo. Il marito spaventato chiama il 118. Sul posto arriva un’ambulanza ma «I sanitari, dopo aver visitato mia madre, ricorda Luigi, avrebbero detto che si trattava di un attacco di panico. E decidono, contro la nostra volontà, di non portarla in ospedale».

Il marito subito dopo chiama i nipoti che lavorano nel nosocomio di Castel di Sangro, prende l’auto, sfidando il Dpcm, (l’Abruzzo erano zona rozza) e parte per andare nell’ospedale dell’Alto Sangro. «Arrivati al pronto soccorso, ci mandano via perché, dicono, è una paziente di competenza Asl molisana, – scoppia in lacrime Luigi – mio padre, disperato, riprende la macchina e riparte verso casa. Ma durante il viaggio, mamma ha una forte crisi. Babbo rigira l’auto e la riporta all’ospedale di Castel di Sangro». Questa volta i medici la fanno entrare. Gli esami dicono che sta male. Il giorno seguente viene trasferita ad Atri, dove viene intubata e 10 giorni dopo muore. «Nell’ospedale teramano hanno fatto di tutto per salvarla e ci hanno trattato con molta umanità» conclude sconsolato il figlio.

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