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domenica, Luglio 6, 2025

Coronavirus, infiltrazioni mafiose e aziende in crisi

EditorialiCoronavirus, infiltrazioni mafiose e aziende in crisi

di VINCENZO MUSACCHIO*

Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene. Era il pensiero di Paolo Borsellino e con quello spirito oggi vorrei parlarvi di mafia e di come si muove quando c’è un’emergenza in atto. Immaginatela come un avvoltoio che aspetta che la sua preda muoia per potersi cibare. Con i suoi ingenti capitali è in grado di infiltrarsi in qualsiasi sistema economico e imprenditoriale. Le crisi, per questi criminali, sono occasioni imperdibili per riciclare e investire i loro guadagni. In Italia ci sono piccole e medie imprese che con l’emergenza Coronavirus soffocano. I più colpiti sono gli albergatori, gli operatori legati alla filiera turistica (alberghi, strutture ricettive, agenzie di viaggi, di eventi), il trasporto aereo e la gestione degli aeroporti, il settore dell’automobile, gli autonoleggi, le attività legate alla salute e al benessere (parrucchieri e centri estetici). Alla fine di questa pandemia purtroppo molti imprenditori potranno trovarsi a un passo dal fallimento, di conseguenza o dovranno chiudere o svendere. Le mafie aspettano soltanto il momento opportuno per agire. Noi sappiamo che la nuova mafia non spara più, ma fa affari ai più alti livelli con la politica e l’imprenditoria e recentemente anche con l’alta finanza. Ci saranno giocoforza nuove infiltrazioni mafiose sia nella fase emergenziale sia in quella post emergenziale. La forza delle mafie da sempre sta nella straordinaria liquidità che permette loro di rilevare, senza problemi, le attività economiche in sofferenza. Tutto ciò, di solito, comincia con l’usura, va avanti con l’incapacità del debitore di fronteggiare l’impegno finanziario e finisce con la compravendita delle aziende sull’orlo del fallimento. Le mafie possono agire in modo ancora più subdolo, con un progressivo blocco da parte di fornitori e di altri creditori a loro contigui. Dopo queste vessazioni arrivano i “falsi benefattori” con una proposta di aiuto allettante alla quale però seguirà inevitabilmente lo “strangolamento” finale. Per farvi comprendere come agiscono, prendiamo ad esempio il settore della ristorazione, con un imprenditore che ha costruito o ristrutturato i suoi locali e si è indebitato sperando che dalla primavera possa iniziare a guadagnare. Ora immaginiamo che le banche non gli diano facilmente e velocemente un prestito. A quel punto scatta inesorabile il ricorso all’usura e quindi al denaro delle mafie che sarà facile e immediato. Il mafioso vuole poche garanzie, perché ha come pegno la vita del commerciante che, a sua volta, sa benissimo a chi si sta rivolgendo. Inizialmente ci saranno interessi molto più bassi di quelli delle banche poi nell’arco di pochi mesi inizierà una lenta agonia che può durare anche anni. Il commerciante sarà sfruttato e il criminale al quale non interessa guadagnare sull’usura, rileverà l’attività commerciale che, attraverso un prestanome, diventerà anche un ottimo strumento di riciclaggio. Per tentare di impedire questo stillicidio, lo Stato deve aiutare le imprese, a non cadere nelle grinfie delle mafie. Da una parte occorrerà attuare nel breve periodo una politica seria di sostegno da parte del Governo per evitare che gli imprenditori finiscano in ginocchio, strozzati da debiti di varia natura e si arrendano, svendendo le loro attività alle organizzazioni criminali. Dall’altra, servirà il sentimento di ripudio sociale verso questo tipo di criminalità. Speriamo che questa emergenza unisca il popolo italiano perché se continuerà questo immobilismo su questioni così importanti, temo il prezzo lo pagheremo tutti e in primis i nostri figli.

*giurista, associato per il diritto penale
alla School of Public Affairs and Administration della Rutgers University di Newark, presidente dell’Osservatorio Antimafia del Molise)

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