Fca chiude gli stabilimenti europei fino al 27 marzo per il calo della domanda e per consentire la sanificazione. Ma Termoli è esclusa. Stop agli impianti in Serbia e in Polonia e stop in Italia a Melfi, Pomigliano, Cassino, Mirafiori Carrozzerie, Grugliasco e Modena. Termoli dunque continua a restare operativo per soddisfare alcune commesse, ma non è facile spiegare la motivazione agli operai del Molise, che si sentono cittadini di serie B, perché devono continuare ad andare in fabbrica con tutti i rischi che si corrono in questa emergenza, quando i colleghi del resto d’Italia restano a casa. Rischi legati non solo al posto di lavoro in sé, ma anche al modo in cui si raggiunge la fabbrica di contrada di rivolta del Re, con i pendolari costretti a viaggi in autobus dove è impossibile rispettare le distanze di sicurezza. Proprio oggi dalla Fca di Melfi è arrivata la notizia di un primo contagio da Coronavirus in fabbrica, che però è stata chiusa. Notizia che mette in allarme ancora di più gli operai molisani. Dallo scorso giovedì molti sono in sciopero. Sciopero indetto dai sindacati che chiedono la chiusura dell’azienda per qualche giorno la sanificazione e il rientro al lavoro con dispositivi di protezione per tutti gli operai. Sacrosanti diritti insomma per la sicurezza dei lavoratori, che in questi giorni di emergenza nazionale sono destinatari anche di provvedimenti disciplinari. C’è chi ricorre ai congedi parentali, chi ricorre alla malattia. Insomma il clima alla Fca di Termoli è di altissima tensione. Al momento sono due i reparti che lavorano: quello dove si produce il motore T4 destinato al mercato americano della Jeep e quello dove si produce il cambio C520 per il mercato turco. Nella giornata di oggi i sindacati sono stati in riunione con la direzione aziendale dell’impianto di Termoli. Un primo incontro in mattinata, poi un secondo nel pomeriggio, durante il quale l’azienda ha fatto sapere che per domani 17 marzo fermerà nell’area T4 il primo e il secondo turno. Secondo i sindacati però non è sufficiente, per questo hanno chiesto la sospensione delle attività lavorative di tutto il sito produttivo in attesa della sanificazione così come prevede il protocollo governativo e il ricorso agli ammortizzatori sociali, stabiliti nel Decreto “Cura Italia” firmato oggi da Conte.