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giovedì, Aprile 25, 2024

Sorelle Rossi, ricorso al Tribunale delle Libertà

AttualitàSorelle Rossi, ricorso al Tribunale delle Libertà

L’avvocato Stefano Cappellu ha depositato presso la cancelleria della Corte d’Appello di Campobasso le richiesta di Riesame per l’attenuazione delle misure cautelari adottate nei confronti delle sorelle Edda e Clara Rossi. Com’è noto, dal 13 novembre scorso, le due imprenditrici isernine sono agli arresti domiciliari nell’ambito dell’operazione Fil Rouge della Guardia di Finanza di Isernia. Le altre sei persone incappate nei provvedimenti restrittivi ne hanno tutte ottenuto l’attenuazione, restando per loro solo l’obbligo del divieto di entrare nelle aziende del Gruppo Asfalti Rossi. Sul destino delle due sorelle, principali indagate, decideranno quindi i giudici del Riesame. L’operazione Fil Rouge dei Finanzieri del colonnello Vito Simeone ebbe inizio a seguito di un accertamento nei confronti di una delle tante società del gruppo, avente sede a Giugliano, in provincia di Napoli, intestata a un’anziana signora, oggi 91enne, madre delle sorelle Rossi. L’azienda presentò la dichiarazione per l’annualità fiscale chiusa al 31 dicembre 2011 senza indicare dati contabili, pur in presenza di operazioni imponibili per complessivi 738mila euro e un’Iva di 155mila euro. Tante le stranezze contestate dalla procura: la società, costituita nel 2010, omise di presentare la dichiarazione dei redditi dopo soli due anni di vita. Senza contare il deposito del bilancio di esercizio presso la Camera di Commercio, mai avvenuto. Le irregolarità finirono in procura, che iniziò a indagare sull’ipotesi che quello del Gruppo Rossi fosse un vero e proprio “sistema di fare impresa”. Fondato sul meccanismo delle società ‘cartiera’, ovvero aziende non realmente operative, ma aventi puramente lo scopo di emettere fatture fittizie per operazioni infragruppo. Gli inquirenti, perciò, scandagliarono un mare di fatture e documenti contabili – almeno quelli che riuscirono a trovare – per giungere alla conclusione che, dal 2012, tutte le società del gruppo avrebbero presentato dichiarazioni con l’indicazione di elementi passivi fittizi, ottenendo così crediti Iva non dovuti grazie a fatture per operazioni rivelatesi inesistenti. Il credito di imposta sarebbe stato poi utilizzato in compensazione per il pagamento di tasse, ritenute d’acconto, contributi previdenziali e assistenziali.

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