di MANUELA PETESCIA
La sanità non è un’opinione ma un diritto. “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo”, recita la Costituzione Italiana all’art 32, e a conclusione di questo nobile enunciato non compare alcuna virgola seguita da eccezioni o distinzioni di sorta.
Non c’è, insomma, nessun elenco di emarginati a cui tale principio non si applichi.
Con gli anni, invece, nelle mani di chi avrebbe dovuto garantire i diritti dei cittadini italiani e vigilare affinché fossero rispettati, all’art 32 è stata di fatto aggiunta una clausola: “a meno che l’individuo non risieda in una regione povera e numericamente insufficiente a coprire la spesa sanitaria attraverso la tassazione”.
È una clausola violenta, antidemocratica e incostituzionale, tuttavia è passata nel silenzio di tutti, così che se un cittadino sbatte la testa in Lombardia può salvarsi, se un cittadino sbatte la testa in Molise può morire. E chissenefrega, tanto le tasse sono insufficienti.
Di fronte a questa deriva reazionaria dell’art. 32, una deriva degna delle peggiori monarchie assolute – quando la salute dei poveri era affidata alla carità cristiana e alle congregazioni religiose – i governi regionali del Molise hanno reagito in modi e in tempi diversi, e si è passati dal tentativo di Giuseppe Astore, che negli anni ’90 provò a razionalizzare la spesa sanitaria e per questo venne defenestrato, essendosi permesso di calpestare troppi autorevoli calli, al tentativo diametralmente opposto di Michele Iorio, che provò invece a mantenere e, anzi, ampliare l’offerta dei servizi sanitari sul territorio, rifiutando i diktat del Governo. Che è – in un certo senso – lo stesso atteggiamento con cui oggi Salvini e Di Maio intendono affrontare il debito pubblico italiano nel contesto europeo, segnando una clamorosa inversione di tendenza rispetto ai governi precedenti.
Con Paolo Frattura, invece, è stato tutto più semplice: “Noi molisani siamo brutti e cattivi”, ha detto in sostanza l’ex Governatore, “fate di noi quello che vi pare”.
E infatti il tavolo romano delle trattative, a cui Frattura raramente ha preso parte – indaffarato com’era tra biomasse e metropolitane leggere – ha tagliato drasticamente la quota che il fondo sanitario nazionale destinava alla nostra regione e nella nostra regione si è chiuso tutto: ospedali, reparti e servizi, perfino di emergenza (come il pronto soccorso) e perfino di eccellenza (come l’oculistica).
Ci ritroviamo così ai nostri giorni, quando il neo Governatore Donato Toma si trova di fronte a disastri già consumati e a porte già chiuse, anzi sbarrate: e riaprire una porta chiusa è molto, molto più complicato di mettersi di traverso a monte per evitare che si chiuda.
Ma il nuovo governo sembra avere una visione diversa dei rapporti di forza tra stati e regioni, a cominciare dall’annunciato proposito di rinegoziare la posizione debitoria dell’Italia all’interno dello scacchiere europeo.
E se questo obiettivo può apparire a prima vista ingenuo, populistico e irrealizzabile, la filosofia di base che lo sostanzia ha un grandissimo valore democratico: più si penalizzano le aree deboli, più si compromette irrimediabilmente il loro futuro, e di riflesso il futuro dell’intera nazione.
E allora, se è vero – come è vero – che la contrazione di posti letto, ospedali e servizi non riduce affatto i costi di gestione della sanità, ma anzi li fa aumentare, per quel costante e inevitabile ricorso alle strutture di fuori regione che genera a sua volta l’aumento esponenziale della cosiddetta mobilità passiva, e se è vero che il nuovo Governo italiano ha tutta l’intenzione di contestare i vecchi equilibri consolidati, potrebbe essere questo il momento migliore per verificare nuovi spazi di manovra.
Andare a Roma e provare a rinegoziare il debito sanitario del Molise in nome dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla salute. Andare a Roma, soprattutto, a contestare proprio quella virgola, quella clausola feroce aggiunta all’articolo 32 che unisce in un abbraccio diabolico la salute e il numero di abitanti, la speranza di vita e il numero dei portafogli.