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giovedì, Marzo 28, 2024

Elezioni regionali, in Molise il ‘Fratturellum’. Ma il rischio è l’incostituzionalità

AttualitàElezioni regionali, in Molise il 'Fratturellum'. Ma il rischio è l'incostituzionalità

Nuova legge elettorale regionale, più che una norma pensata per adeguare il vecchio dispositivo alle nuove esigenze, come la parità di genere o la pluralità di rappresentanza, il dispositivo di cui si discute, in commissione, sta diventando una sorta di pastrocchio legislativo che ha solo due finalità: oscurare l’impopolare figura del presidente uscente, nascondendola dietro i candidati consiglieri, attraverso l’abolizione del voto disgiunto; e garantire a gente senza voti e senza speranze la rielezione. Ecco questi sono i due obiettivi del cosiddetto ‘Fratturellum’ di Frattura e dei suoi gregari, ma programmarli è una cosa, centrarli un’altra. Infatti, considerando che l’abolizione del voto disgiunto potrebbe essere anche una norma che tutto sommato fa a pugni con la democrazia e la libertà di scelta, ma non con la legalità, l’idea balzana che sta frullando per la testa dei vari peones senza speranza e senza voti sarebbe quella di impedire la candidatura dei sindaci in carica. In altre parole si vorrebbe inserire nella legge una clausola che farebbe dichiarare decaduti i sindaci eletti alla Regione senza essersi dimessi tre mesi prima dalle elezioni. Qualcuno l’ha già definita la clausola anti-Fanelli, così da impedire alla sindaca di Riccia di candidarsi a Palazzo D’Aimmo. Su questa clausola i contrasi in commissione sarebbero abbastanza accesi. Figuriamoci quello che potrebbe accadere in consiglio. Questo sbarramento artificioso è voluto dai cosiddetti peones della maggioranza che sostiene Frattura, gente che non tornerebbe alla Regione neanche con la spinta di un treno. Il ragionamento è: impediamo ai sindaci di candidarsi, il presidente lo nascondiamo e forse rivinciamo le elezioni. Peccato che non abbiano fatto i conti con la Costituzione e con il Governo centrale. Infatti, dopo il vaglio di legittimità dell’esecutivo Gentiloni, chiunque potrà fare ricorso alla Corte Costituzionale. Per almeno due motivi: il primo è la limitazione dei diritti costituzionali per i sindaci, il secondo è la violazione della norma dello Statuto regionale che dice che un quinto dei consiglieri o un cinquantesimo degli elettori, più o meno cinquemila persone può chiedere un referendum abrogativo entro sei mesi. Lo Statuto, che è stato variato da Frattura e Company, deve tornare in consiglio regionale entro due mesi, per essere riapprovato, poi entro un mese il governo centrale deve dare il parere di legittimità. Insomma, andiamo ben oltre il 4 marzo 2018, data in cui si vota. Per questo motivo è presumibile che si possa anche votare con il pastrocchio voluto da Frattura e amici, ma ciò non toglie che nel giro di un anno-due, il Tar o la Corte Costituzionale intervengano annullando tutto. Per questo gli Statuti e le leggi elettorali si fanno ad inizio legislatura, perchè, al contrario, si va dritti a sbattere contro un muro.

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