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venerdì, Marzo 29, 2024

Riflessioni sul “Caso Bari” (di Antonio D’Ambrosio)

EditorialiRiflessioni sul "Caso Bari" (di Antonio D'Ambrosio)

di ANTONIO D’AMBROSIO

In risposta ad alcune riflessioni sollevatesi sul mio post di ieri, provo a rimettere le cose al posto giusto, anche se il dr. Papa ha ampiamente argomentato sulla vicenda e la dott.ssa Petescia ha messo a disposizione tutto il materiale per gli uomini e le donne che vogliano conoscere la verità, dalla fonte! Inizio col dire che io rifuggo dall’essere considerato “fustigatore” o “giustizialista”, non mi permetterei di assurgere a tale ruolo, anzi, la mia azione è il contrario, ovvero cercare di divulgare la verità senza acredine o malevolenza e a prescindere dalla mia appartenenza politica, con il coraggio etico e civile che impone un episodio sconvolgente per la sua drammaticità e che non riguarda quattro amici a cena, dove qualcosa è andato storto nella “spartizione”, e per questo hanno litigato. È troppo banale e smentita dai fatti questa impostazione affermata da più di qualcuno, e confesso che ha in sé un certo squallore, perché ridurre la vicenda a questa considerazione credo sia un danno che facciamo alla nostra intelligenza e per questo credo che persone avvertite e con solide esperienze professionali alle spalle non possano cadere in un errore così madornale. Nel merito poi, vedo che sulla vicenda non si è sufficientemente informati, né sui dettagli né complessivamente, e purtroppo questo riguarda la quasi totalità dei cittadini. Forse c’è anche un’«apatia», uso un eufemismo, di molti cittadini a volersi informare. Addirittura, tra ieri e oggi ho notato anche che qualcuno mi consiglia di lasciar perdere affinché potenti e potentati si sbranino tra di loro, come massima della rivoluzione proletaria, facendomi notare che i problemi dei molisani siano altri, non anche altri, con una virulenza tale da trasformarsi in una sguaiata e disadorna offesa personale mossa da un “odio” verso le persone che mi impressiona molto. Questo per sintesi e premessa. Aggiungo anche che in questo mio scritto non posso essere dettagliato come mi piace fare di solito e come la situazione meriterebbe. E prego qualche amico avvocato ed il dr. Papa di correggere le mie eventuali inesattezze, e voi tutti di perdonarmi per questa estrema sintesi, per l’uso di qualche termine non propriamente appartenente al linguaggio giuridico e per la spiegazione procedurale semplificata. Inoltre, vista l’assenza di arguzia di qualcuno, per di più, come dicevo, accecato dall’odio, tornerò a spiegare e ad esplicitare ulteriormente anche il senso della mia richiesta a “Michele”, che tutto è tranne una supplica (!!!) (nessun riferimento a quelli che hanno scritto sul mio post). Il processo si è svolto con il rito abbreviato e alla sentenza emessa c’e la possibilità di appello per il Pubblico Ministero, verso il quale le parti civili hanno solo la facoltà di richiedere di interporre appello, potendo queste ultime impugnarla ai soli fini civili. In questa circostanza, il Pubblico Ministero, “l’accusatore” della dr.ssa Petescia e del dr. Papa, dopo la sentenza di assoluzione con formula piena ha preso atto delle incongruenze emerse dal processo e fatto proprie le conclusioni del Giudice Diella, di conseguenza, come da lui stesso annunciato nel corso del processo, ha iscritto, d’ufficio, il Presidente Frattura e l’avvocato Di Pardo nel registro degli indagati per l’ipotesi di reato di “calunnia” . Il PM quindi, ha preso atto dalla sentenza, che afferma, incontrovertibilmente, che la cena non c’è mai stata e che nessun ricatto è stato mai posto in essere nei confronti del Presidente Frattura. Per queste ragioni ha proceduto, motu proprio. Ne consegue, ed è scritto nella sentenza, che i due denuncianti hanno raccontato al magistrato una storia senza prove e riscontri, se non vogliamo chiamarla bugia!!! Non solo la loro storia non è dimostrabile per la data da loro indicata della presunta cena, ma viene affermato che mai i quattro si sono incontrati nel periodo temporale indicato. Nell’unico giorno “compatibile” con la loro ricostruzione, il Presidente Frattura era a Termoli, in una seduta pubblica e affollata del Consiglio comunale! Nei giorni restanti, pure controllati uno per uno, mai i cellulari si sono agganciati alla stessa cella tutti e quattro insieme. Inoltre, il Giudice fa ulteriormente notare altri elementi e valutazioni che escludono categoricamente qualsiasi incontro nel periodo in esame, dato confermato anche dai tabulati telefonici. Quindi, per la chiarezza della sentenza e per l’iniziativa presa dallo stesso PM, risulterà per loro, per i denuncianti, molto difficile convincere, in un eventuale “ricorso”, lo stesso magistrato che li ha iscritti nel registro degli indagati e che quindi sta indagando su di loro per “calunnia”, ad avviare un altro processo. Per far cosa? La sentenza, sotto certi aspetti, mi ha colpito molto nella prima parte (sono 157 pagine!) in cui esce uno “spaccato” della politica molisana e relativi politicanti, che fa molto pensare sulla “classe dirigente” di questa nostra comunità e sul fatto che il Giudice, con lucidità, stigmatizza, in più punti, il comportamento del PM che non raccoglie nessuna prova relativa alla veridicità e all’attendibilità delle affermazioni dei denuncianti. Rendendo palese che se avesse fatto delle verifiche accurate, avrebbe riscontrato agevolmente la inconsistenza delle loro dichiarazioni e probabilmente avrebbe potuto chiedere di archiviare il caso sin dal principio. Su questo punto, in merito al comportamento del PM, si apre un’altra questione di valutazione che per opportunità ometto. Come ometto un altro aspetto fondamentale della questione, valutata sempre dal Giudice, quello riguardante i denuncianti che si recano in Procura solo dopo 14 mesi dai presunti avvenimenti!!! È anche certo che il Giudice, in sentenza, afferma che grazie all’opera attiva degli accusati, i quali hanno fornito prove incontrovertibili su molti punti, azione operata, aggiungo io, solo per la loro tenacia fortificata dalla verità, il processo ha avuto questo esito. Ovvero, non sono stati condannati degli innocenti. Per questo si può ragionevolmente affermare che a seguito di una sentenza di questa chiarezza non ci siano le condizioni per l’unico mezzo impugnatorio a disposizione degli accusatori, di tipo civilistico e relativo alle sole statuizioni civili, mentre rimane pacifica, per gli accusati, la possibilità di rivalersi civilmente e penalmente sugli accusatori. Qui si apre un altro scenario, che non sembra annunciare niente di buono per i denuncianti già smentiti da fatti e riscontri. Acclarati questi punti, chiedo agli amici: è un fatto normale che il Presidente della Giunta Regionale (in questo processo si è costituita anche la Regione Molise, come parte offesa, e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Presidenza Renzi), avvii una denuncia penale (il PM di Bari aveva chiesto quattro anni di carcere!) sulla base di un suo racconto, testimoniato dal suo legale ed amico, per mandare in carcere la direttrice di una testata giornalistica e un integerrimo funzionario dello Stato che svolgeva la sua attività come magistrato (PM) presso il Tribunale di Campobasso? Un PM che, guarda caso, è lo stesso al quale il Procuratore Capo aveva assegnato un esposto riguardante il Presidente della Regione, ovvero “il caso Biocom”? Intanto, nei tre anni dello svolgimento del processo, il magistrato e la giornalista hanno patito una gogna mediatica con un riverbero personale, familiare e sociale da non augurare a nessuno, con l’aggiunta del trasferimento, adottato dal Consiglio Superiore della Magistratura, nei confronti del dr. Papa. Io non so con quale intento sia stata fatta la denuncia, visto che gli accusatori non avevano nessuna prova da fornire. So di certo che alcune storie hanno preso un’altra strada. E che la costituzione di parte civile della Regione, a sostegno di un fatto “insussistente” e acclarato come tale, ripeto, dalla sentenza, riguarda anche noi. Sarebbe ora auspicabile che la stessa Regione nonché la Presidenza del Consiglio dei Ministri, si costituissero parte civile contro coloro che un attento e scrupoloso Giudice ha ritenuto inattendibili e contraddittori. Ma pongo ora anche una rifl
essione collettiva ed in via generale. È normale che in Italia si possa denunciare un magistrato che sta indagando su di te, accusandolo di averti ricattato senza prove, e che un Pubblico Ministero ti creda e creda al tuo testimone senza nessuna verifica né riscontro? Che sia questo una nuova (?) tecnica che la politica sta adottando per liberarsi dei giudici ritenuti scomodi? È normale che la parola del Presidente di una Giunta regionale sia creduta sulla “fiducia” solo per il ruolo che svolge, e che un cittadino, accusato ingiustamente, debba impazzire di fatica per produrre da solo le prove della sua innocenza se non vuole andare in galera? Mi fermo qui ed ometto ulteriori considerazioni generali e di dettaglio, altrimenti la farei troppo lunga, tenendo conto che altri aspetti sono stati ampiamente sviluppati da molti interventi. In conclusione, con il mio intervento, vi ho solo voluto invitare ad essere cittadini attivi ed informati, come premessa per una società diversa e migliore, e a riflettere su una domanda: se un Presidente di Regione, nell’esercizio delle sue funzioni, racconta a un giudice una storia senza nessun fondamento e ottiene l’attivazione di un processo, può essere ancora credibile? E ciò non ha una ricaduta sul piano politico? A tal proposito aggiungo, in considerazione delle cose che diceva la dr.ssa Petescia, che avere a disposizione la documentazione integrale sulla vicenda, lo dico con affetto a più di un amico, è un’occasione di cui approfittare per comprendere e approfondirne i contorni e i risvolti. Come vedete non è stata una banale vicenda di quattro amici litigiosi, ma un caso giudiziario nazionale che ha dei risvolti inquietanti. Sottovalutare questi aspetti della questione significa che la nostra comunità è praticamente morta. Ricordo da ultimo che, solo la settimana scorsa, il Presidente della Regione della Valle d’Aosta, appena appreso che era stato iscritto nel registro degli indagati, con la stessa accusa, si è dimesso. Alla luce di questi fatti mi sarei aspettato le dimissioni del Presidente Frattura, ma in assenza di questo gesto dovuto mi chiedo se noi, cittadini molisani, meritiamo almeno di sapere, attraverso una mozione di sfiducia, cosa ne pensino i nostri rappresentanti istituzionali. Credo sia il minimo. Lo chiedo a Iorio, perché paradossalmente il suo silenzio, insieme a quello incomprensibile degli altri consiglieri dell’opposizione, come ho già ampiamente affermato e spiegato in questo intervento, fa insinuare in noi un terribile sospetto!!!

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