di CLAUDIO DE LUCA
Parafrasando, potremmo dire: chi è senza cozza scagli la prima pietra. L’esortazione simil-evangelica diventa attuale soprattutto oggi che questi molluschi, di nero-petrolio vestiti, sono entrati nell’immaginario collettivo grazie al “referendum” indetto conto le trivelle. I “no-triv” hanno fatto di questi lamellibranchi una sorta di teschio (di forma bivalvica) imposto su di una bandiera-pirata per testimoniare i presunti rischi dell’oro nero. E così i mìtili che proliferano attorno alle piattaforme “off shore” sono stati investiti dagli allarmi lanciati dagli ambientalisti, dai “grillini” e dai “radicalsinistrorsi” mentre vengono difesi da una parte del Pd e da Forza Italia (ma non da Salvini e dalla Meloni!) che, in questo modo, avrebbero fatto nascere un nuovo “Patto del Nazareno”, sia pure limitato alle cozze. Insomma la diatriba dà da pensare ed insinua una domanda epocàle: ma questi lamellibranchi sono di Destra o di Sinistra? E chi volesse disobbedire al Presidente Renzi, andando a votare il 17 di aprile, sarebbe da considerare (correttamente!) di Destra se si schierasse a favore delle cozze? Oppure potrebbe ritenersi di Sinistra se si allineasse contro? Parrebbe quasi che il referendum sulle trivellazioni si sia trasformato in un appuntamento elettorale imposto solo per verificare lo stato del mitile ignoto.
Almeno a Termoli questo problema non sussisterebbe, pure perché – sul fronte dei “cozzari neri” – tutto procede bene. Vittorio Iacovelli, Responsabile tecnico ed amministratore delle Cooperative gestrici degli impianti locali, sostiene che in Molise si coltivano molluschi saporiti al punto da essere prenotati persino dai ristoranti tarantini e siciliani più rinomati. Ma questo avverrebbe non tanto perché le piattaforme “Rospo mare” rimangono situate ben lontane dagli allevamenti quanto piuttosto per la qualità dell’acqua. Soltanto l’innalzamento della temperatura marina, il maltempo, il vento forte e le mareggiate sono riusciti a causare una forte moria di mìtili col risultato di distruggere un buon 70% dell’impianto, facendo precipitare la produzione da 18mila tonnellate di cozze all’anno ad 8mila circa in 24 mesi.
Ma, se a Termoli sono ottimisti, chi non ha alcuna voglia di sorridere sono le due cooperative di Marina di Ravenna che si dedicano, da decenni, alla raccolta di mitili dalle piattaforme. I rispettivi Amministratori si sono arrabbiati al punto di conferire mandato al proprio Studio legale per citare in giudizio “Greenpeace”. Questa organizzazione aveva sostenuto che “le cozze raccolte attorno alle piattaforme sono inquinate da metalli pesanti”. Preso atto dell’accusa han fatto analizzare le cozze dalla Asl che non ha rilevato problemi di sorta. Perciò, visto il “grave danno di immagine commerciale”, la vicenda avrà uno strascico giudiziario. A Marina di Ravenna si è messo in moto addirittura il Vicario episcopale della Diocesi che ha fatto servire ai passanti maccheroncini ed “impepate” cucinati con le cozze poste sotto accusa; e la “portavoce” delle cooperative, che hanno l’appalto con l’Eni per pulirne le piattaforme, ha riferito:”Dai piloni raccogliamo 6mila q.li di cozze l’anno. Sono salubri e sottoposte ad analisi ogni 15 gg.”. I cozzaroli hanno inscenato una dimostrazione analoga a quella vescovile, distribuendo il proprio prodotto; e la gente ha gradito e mangiato. Persino il Segretario della Cgil ravennate, dopo di avere finita la sua impepata, ha affermato che, se il referendum passasse, si inferirebbe un duro colpo non solo agli allevatori dei mitili quand’anche all’intero settore estrattivo; per di più si creerebbero problemi al turismo considerato che sono 35 mila ogni anno quelli che si dilettano di pesca sportiva praticata attorno alle piattaforme. “Qui si lavora in pieno rispetto della sicurezza e dell’ambiente – ha tenuto a precisare – ma le strumentalizzazioni sono tante. Perciò io difendo i lavoratori, non i petrolieri”.