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lunedì, Settembre 22, 2025

Inceneritori e patologie da nanoparticelle

RegioneInceneritori e patologie da nanoparticelle

inceneritoridi GABRIELE SCARDUZIO

Il 2013 è stato l’anno europeo dell’aria, l’anno in cui l’Unione europea si è impegnata a migliorare la qualità dell’aria che respiriamo e, quindi, la qualità della vita dei cittadini, secondo quanto affermato dal commissario europeo Janez Potocnik. L’attenzione va rivolta in modo prioritario agli inquinanti atmosferici emessi in prevalenza dal traffico autoveicolare, dal riscaldamento domestico dalle industrie e dagli inceneritori (o termovalorizzatori) deputati alla combustione dei rifiuti con conseguente rilascio in atmosfera di inquinanti sottilissimi (Percolato) e dannosi alla salute. Circa 1/3 in peso dei rifiuti in entrata si ritrova a fine ciclo in forma di ceneri, ma come la fisica insegna “niente si crea né si distrugge, ma tutto si trasforma”, così i rifiuti bruciati ad altissime temperature, si trasformano in micidiali nanoparticelle dal diametro sempre più microscopico, che riescono a penetrare all’interno delle cellule causando DANNI ENORMI alla salute dell’uomo. Se guardiamo l’immagine di un inceneritore, con le sue ciminiere svettanti verso il cielo, notiamo che sotto non c’è scritto (come sui pacchetti di sigarette) che il suo fumo ammazza la gente, se non aleggiasse qualche sospetto in proposito, nessuno si sarebbe preoccupato di mascherare la cosa coniando il curioso termine di “termovalorizzatore” per definire un aggeggio il cui scopo principale è di incenerire i rifiuti e non certamente di termovalorizzare alcunché. Tuttavia, alcune recenti scoperte hanno dimostrato che anche l’ultima generazione di inceneritori potrebbe essere dannosa per la salute a causa dell’emissione di polveri sottili (“nanopolveri”) che sono la causa di una serie di “nanopatologie”. Il successo più importante del lavoro dei ricercatori Montanari e Gatti è probabilmente la scoperta che la causa delle malattie diffuse, e spesso mortali sono le particelle sottili. Con il termine di polveri atmosferiche si intende una miscela di particelle solide e liquide, sospese in aria, che varia per caratteristiche dimensionali, composizione e provenienza. Ma le polveri sottili non sono tutte uguali! La loro tossicità dipende dalla composizione chimica e dall’origine. In base al diverso diametro, le particelle delle polveri sottili hanno comportamenti diversi, ovvero possono penetrare più o meno profondamente nel nostro apparato respiratorio: quelle più grandi (da 10 a 3,3 μm) vengono bloccate nelle narici o nel primo tratto della trachea. Quelle più sottili (da 3,3 a 1,1 μm) possono raggiungere bronchi e bronchioli mentre quelle sottilissime (1,1- 0,43 μm) chiamate nanoparticelle sono capaci di arrivare fino agli alveoli polmonari. Le particelle più piccole sono dunque le più pericolose per l’uomo. Tanto inferiore è la dimensione delle particelle, tanto maggiore è la loro capacità di penetrare nei polmoni e di produrre quindi effetti dannosi alla salute umana. Da ricordare che particelle inferiori a PM 2,5 non sono rilevabili dai cosiddetti ANALIZZATORI DI POLVERI. Se il materiale particolato è costituito da particelle con un diametro inferiore ai 10 μm si parla di “polveri sottili”, indicate con la sigla PM10 (dove PM è l’acronimo inglese di Particulate Matter).I legislatori hanno scelto di distinguere le diverse classi di polveri a seconda della dimensione del diametro delle particelle (misurato in micrometri o µm) e di quantificarne la presenza in aria in termini di concentrazione (espressa in µg/m3, ovvero microgrammi di particelle in sospensione per metro cubo di aria ambiente). Le principali tre “famiglie” del particolato (polveri sottili) sono: il PM10, polveri grossolane formate da particelle con diametro massimo di 10 micron, il PM2,5, polveri fini formate da particelle con diametro massimo di 2,5 micron e il PM1, polveri ultrafini (o aerosol) formate da particelle con diametro massimo di 1 micron. Le nanoparticelle o nanopolveri appartengono a quest’ultima classe e hanno dimensioni tra i 2 e i 200 nanometri (miliardesimo di metro). Le nanopolveri sono poi le più pericolose perché non esistono barriere naturali in grado di fermarle e quindi riescono a penetrare profondamente nei tessuti polmonari fino agli alveoli, dove vengono assorbite nel sangue e trasportate in tutto l’organismo. Nel tempo, perciò, finiscono con l’accumularsi nei tessuti e negli organi causando intossicazioni e alcune forme tumorali come il linfoma di Hodgkin. Nel 1999 fu coniato il termine “nanopatologie” per indicare tutte le malattie provocate dalle nanoparticelle che, per inalazione o ingestione, riescono ad insinuarsi nell’organismo, interessando un organo o un tessuto. Gli effetti provocati da queste sostanze sono devastanti. Una volta penetrate nell’organismo, essendo non biodegradabili non ce ne possiamo più liberare e peggio ancora essendo non biocompatibili, cioè patogeniche, generano le cosiddette nanopatologie che sono la causa di malattie allergiche, infiammatorie, neurologiche, malformazioni fetali e soprattutto tumori. La parola nanopatologia fu coniata a fine Anni Novanta dalla dottoressa Antonietta Gatti. Con questo vocabolo s’intendono tutte le malattie provocate da micro e/o nanoparticelle solide, inorganiche, insolubili nell’acqua e nei grassi che entrano nell’organismo. A seconda del loro destino finale, un destino apparentemente casuale, le particelle possono provocare patologie molto diverse tra loro. La nocività delle polveri sottili dipende dalle loro dimensioni e dalla loro capacità di raggiungere le diverse parti dell’apparato respiratorio: oltre i 7 µm: cavità orale e nasale, fino a 7 µm: laringe, fino a 4,7 µm: trachea e bronchi primari, fino a 3,3 µm: bronchi secondari, fino a 2,1 µm: bronchi terminali, fino a 1,1 µm: alveoli polmonari. In particolare sono ben documentate l’associazione con linfomi non Hodgkin, cancro del polmone ,neoplasie infantili e sarcomi. In molti di questi studi proprio i sarcomi vengono ritenuti patologie “sentinella” del multiforme inquinamento prodotto da impianti di incenerimento. Nel sangue possono indurre fenomeni di coagulazione abnorme e diventare responsabili di infarti cardiaci, di ictus o di tromboembolie polmonari. Come accennato, in tutti gli organi possono essere all’origine delle più disparate varietà di tumori, la pneumoconiosi in genere (asbestosi, silicosi, talcosi ecc.) o il mesotelioma nelle sue forme pleurica e peritoneale, se colpiscono il pancreas possono indurre diabete di tipo 1; se arrivano al cervello possono generare condizioni che vanno dall’insonnia all’irritabilità fino all’aggressività, dalla perdita di memoria a breve a difficoltà nell’apprendimento. La stanchezza cronica è una conseguenza certa della loro presenza nell’organismo e diverse patologie sono elencate tra quelle sospette potendole avere come causa o concausa: raggiungere il cervello dando inizio a tumori come, ad esempio, l’astrocitoma, sensibilità chimica multipla, autismo, Morbo di Parkinson, Morbo di Alzheimer, sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e tutta una lunga serie di malattie chiamate criptogeniche, rare o orfane. Una delle caratteristiche di quel tipo di polveri è la loro capacità di passare da madre a feto provocando aborti, malformazioni fetali o tumori nel nascituro. Un’altra è quella di entrare nel liquido seminale. In quel caso s’instaura sterilità maschile e, nel canale vaginale della partner sessuale, si assiste alla formazione di piaghe sanguinanti, dolorose e intrattabili sia farmacologicamente sia chirurgicamente: una patologia chiamata Burning Semen Disease (malattia del seme urente). L’inquinamento dell’aria causa 60 mila morti ogni anno in Italia Nel solo 2012 i decessi riconducibili all’inquinamento sono stati circa 84.400, Un rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea) ha certificato, che l’Italia sia il Paese dell’Unione europea che fa registrare il maggior numero di morti premature rispetto alla normale aspettativa di vita a causa dell’inquinamento dell’aria. Siamo contrari all’impiego di questi impianti come soluzione allo smaltimento dei rifiuti perch
é: pongono un rischio sanitario – Molti degli inquinanti emessi sono composti cancerogeni e altamente tossici. Le sostanze contaminanti emesse da un inceneritore per via diretta o indiretta inquinano l’aria, il suolo e le falde acquifere. Nonostante i moderni sistemi di abbattimento degli inquinanti riescano a limitare le dispersioni atmosferiche, la natura della maggior parte degli inquinanti emessi è tale da porre problemi anche a bassa concentrazione. Inoltre la loro caratteristica di resistenza alla degradazione naturale ne determina un progressivo accumulo nell’ambiente. E’ necessaria una politica di gestione che persegua obiettivi progressivi di prevenzione della produzione dei rifiuti, raccolta differenziata, riciclo e riutilizzo. I rifiuti potrebbero essere riutilizzati, riciclati e compostati in condizioni di sicurezza garantendo in tal modo una soluzione sostenibile ad un problema globale, in linea con una visione progressiva di una società che produca Zero Rifiuti.

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