di MINO DENTIZZI
Cominciano a trapelare notizie riguardo il nuovo programma operativo straordinario 2015-2018 della sanità regionale molisana. L’attenzione si è concentrata sulla prevista chiusura dei reparti di oncologia e di cardiologia nell’ospedale Cardarelli di Campobasso e sulla notizia che la Fondazione Giovanni Paolo II (ex Cattolica per intenderci) avrà l’esclusiva della cura dei cardiopatici e dei malati di tumore nella zona di Campobasso.
Ai cittadini non interessa molto se in caso di malattia saranno curati dai professionisti del Cardarelli o da quelli della Fondazione, interessa però che le cure siano efficaci ed appropriate.
Alla scelta operata dalla Regione Molise viene data la giustificazione che per diminuire il debito sanitario sia necessario razionalizzare le risorse ed eliminare i doppioni. Di conseguenza tutto il programma operativo, che tiene pedissequamente conto delle normative nazionali riguardo la organizzazione degli ospedali, agisce esclusivamente nella logica di diminuire i costi della sanità. Si chiudono, pertanto, ospedali, reparti e servizi e si aumenta il numero dei posti letto in RSA ( ma omettendo dal dire che un paziente ricoverato in RSA paga di tasca propria circa 30 euro al giorno).
Chiudere un punto nascita perché non raggiunge i 500 parti l’anno, dato che le evidenze scientifiche sull’associazione tra volumi di parti ed esiti di salute materno-infantile mostrano un’associazione tra bassi volumi ed esiti negativi, può essere giusto, ma poi tutte le donne avranno la garanzia dal servizio pubblico di una tutela della gravidanza e del parto senza incremento delle spese?
La differenza sostanziale tra la sanità pubblica e quella privata e che la prima ha come fine la salute del cittadino tramite l’erogazione di prestazioni, la seconda, invece, il profitto sempre tramite l’erogazione di prestazioni (più ne erogo più guadagno). Per tale motivo la sanità privata non è assolutamente interessata a tutti quegli interventi sanitari che non danno profitto nell’immediato.
Bisogna, e lo dico non solo alla classe politica ma anche ai colleghi operatori sanitari, individuare gli obiettivi e gli ostacoli da superare, non nell’orizzonte del prossimo anno o fino alla prossima legge di stabilità o bilancio regionale (cosa che si sta facendo adesso), ma, almeno, del prossimo decennio.
Non c’è dubbio che per migliorare la salute della popolazione e ridurre la spesa sanitaria il primo obiettivo è quello di diminuire il numero dei malati ed i meccanismi possibili di contenimento della spesa che si protraggono ed anzi si rafforzano nel tempo non sono, quindi, quelli dei tagli ai posti letto, ma sono quelli legati a due fattori fondamentali: il miglioramento dello stato di salute della popolazione agendo sui determinanti (sedentarietà, eccesso di peso, alcol, fumo di tabacco, inquinamento, ecc..) e la promozione dell’invecchiamento in salute (la prevenzione delle malattie croniche).
È ovvio che non è possibile, in questo spazio, ne è questo il compito che mi sono dato, predisporre un percorso o un’analisi complessiva, e l’agire sulla prevenzione è solo un esempio.
Ma partendo da questo, esiste la volontà di operare per una seria prevenzione primaria delle malattie croniche, e da stili di vita errati? O significa guardare troppo aldilà del proprio naso?