Manifestazione epocale in Consiglio regionale dei lavoratori di Gam e Zuccherificio. Bloccati i lavori dell’aula, i politici costretti ad un confronto al calor bianco. Il governo regionale esce a pezzi dalla discussione.
L’immagine a corredo di questo articolo, quella del “Quarto stato” ritratto nel celeberrimo dipinto di Pellizza da Volpedo, la dedichiamo ai compagni Frattura e Petraroia, protagonisti di una giornata memorabile nella quale uno, il primo, non è andato oltre lo zagaglio, ovvero il balbettio confuso, e l’altro, il secondo, ha preferito darsela a gambe davanti alle contestazioni dei lavoratori di Gam e Zuccherificio del Molise. Due compagni che stanno ai compagni veri come un gavettone alla Fontana di Trevi. Sono stati loro, principalmente, il bersaglio delle contestazioni che questa mattina hanno infiammato l’aula del Consiglio regionale, bloccandone i lavori. Dopo anni di indignati più o meno indignati, ufficiali e di complemento, i molisani hanno fatto un salto di qualità. Dall’indignazione sono passati alla rivolta e dalla rivolta – è questo il nostro auspicio – è probabile che passino alla rivoluzione. Una rivoluzione, è il caso di precisarlo, pacifica, gandhiana, capace di bloccare l’attività di un’Istituzione, il Consiglio regionale, che è diventata una zavorra insopportabile per migliaia di lavoratori molisani, offesi da una perniciosa ingiustizia che si perpetra ogni santo mese. Ogni trenta giorni, quando da un lato c’è chi deve tirare la cinghia sino a spezzarsi in due e, dall’altro, c’è chi la cinta invece la spezza da quanto gli si ingrossa la buzza messa all’ingrasso con i quattrini pubblici.
Oggi, da un lato e dall’altro della barricata, c’erano due categorie ben delineate: quella dei disperati di Gam e Zuccherificio costretti a vivere con 700 euro al mese e, dall’altra, quella di lor signori che ogni trenta giorni ne tirano su dagli 11mila 500 ai 13mila 500 (a seconda dei ruoli ricoperti da ciascuno). Fatti due conti, quello che a lor signori spetta in un mese, agli altri spetta in quasi un anno e mezzo. La rivoluzione, sostanzialmente, nasce e crescerà da questo. Non tanto e non solo dal rosario di crisi industriali a cui ogni giorno aggiunge un grano, ma dal profondo senso di ingiustizia avvertito da cittadini e lavoratori. Ecco perché il blocco dei lavori del consiglio è stato salutare, per aprire gli occhi e sturare le orecchie ad una classe politica cieca e sorda.
Poi a metà pomeriggio quando Frattura, assente al mattino, ha deciso di apparire e incontrare i lavoratori, la sintesi dell’intera giornata l’ha fatta una signora tutta vestita di rosso (operaia della Gam) che ha chiesto ed ottenuto la parola nella sala del parlamentino (sic!) regionale e, rivolta (testuale) al governatore, così si è espressa: “Presidente, perché avete buttato tutti noi in mezzo alla strada? Noi pensavamo che sareste venuto voi e qualcosa sarebbe cambiata. C’avete tolto la dignità. Io non voglio l’elemosina, io sto rubando all’Italia. Voi mangiate sulle nostre tasche, se siete capaci trovate una soluzione. Altrimenti tornate a fare quello che facevate prima”. Poi, la signora in rosso, finito l’intervento, ha chiesto scusa. E ha sbagliato. Perché a chiedere scusa ai molisani devono essere loro, lor signori che dopo tre anni hanno applicato alla lettera il principio cardine che dovrebbe ispirare tutti i compagni: quello dell’uguaglianza. Peccato che in questo caso i compagni si chiamino Frattura e Petraroia e che quell’uguaglianza per la quale si sono battuti milioni di uomini loro l’abbiano sì applicata, ma alla rovescia, rendendo tutti uguali in due cose: nella rabbia e nella disperazione. I tempi, però, stanno cambiando e gli unici a non averlo capito sono solo loro: lor signori.
Poscritto. A testimonianza della distanza siderale che frappone una banda di miracolati ai problemi dei cittadini, va detto che nel pomeriggio, alla riunione con i lavoratori, erano presenti oltre al presidente Frattura, all’assessore Facciolla e al presidente del Consiglio Niro, numerosi consiglieri regionali. Bene, sapete chi mancava? L’ineffabile assessore Petraroia, assessore al Lavoro, ovvero del dramma del quale, in sua assenza, si stava discutendo. Non v’è giustificazione che tenga o impegno davanti a tanta sofferenza di lavoratori e famiglie. E’ proprio lui, Petraroia, il primo che, davanti alle masse del Quarto stato, dovrebbe mettersi in ginocchio e vergognarsi.