di ANNUNZIATA D’ALESSIO
Carrrese. La lingua continua a battere dove il dente duole. Dopo il riesame di giovedì e il rinvio della stesura sulla disposizionea sabato, sebbene siano passati dei giorni in un tira e molla tra “giganti”, l’argomento resta attuale suentrambi i fronti. Una privazione per uno,un sospiro per l’altro. Certo comunque è che siamo stati alle solite!
In queste ultime settimane c’è stato propinato l’ennesimo pseudo-abuso erudito della parola civiltà! Questa volta a utilizzarla come arco di trionfo per panegirici indifesa della dibattuta e ormai risaputa questione riguardante la Carrese di San Martino in Pensilis, pietra dello scandalo,sono stati una serie diarticoli aiosa incalzanti e fra contrari.
Da discendente parentale di Angelo Zuccarelli, insigne antropologo molisano, prestato alla cultura partenopea nell’opera di fondazione della cattedra di Antropologia Criminale, ben sono consapevole di quanto ogni singolo folclore o singola tradizione di una comunità serva a connotare l’identità di un popolo nella sua storia. Eppure al pionieristico antropologismo del mio illustre antenato sento l’esigenza di affiancare la più recente definizione, di maggiore respiro, del politologo statunitense Samuel Huntington che considera la “civiltà”come il più ampio raggruppamento culturale riferibile al concetto d’identità…
Di questa definizione ciò che mi piace cogliere è proprio il senso di “estensione” che ne deriva. Pertanto, bando sicuramente al fanatismo in tutte le sue omologazioni, ma non certo alla dignità! Forse, infatti, non è patrimonio culturale di tutti sapere che anche gli animali ne hanno una!!! E certo non meno nobile solo perché lo decidiamo noi uomini, che da Darwin in poi risolviamo tutto nel rapporto con la natura e i suoi inquilini negli schemi di una pura relazione piramidale della ragione e delle sue capacità. …Ma la dignità è figlia dell’anima! Ed è da essa che si comincia a manifestare un’identità…! Di conseguenza mi sia consentitosottolineare che un animale usato per fare “spettacolo” e appagare l’uomo in una dimensione che trascende il bisogno o comunque uno stato di primaria necessità diventa un essere spogliato della sua dignità e correlata identità, reso oggetto e svilito in nome di un “piacere” che non può essere giustificato solo in quanto etichettato come tradizione.
Il fatto che nel nostro mondo così detto civile imperversino Pali, Giostre, Corride, spettacoli circensi di nota fama e larga storia, nutriti di consensi dal sacro fuoco devozionale, non significa affatto che la loro mitologica simbologia sia di per sé tale da legittimare violenze fisiche e morali su altri esseri viventi per altro innocui e pacifici, naturalmente destinati al pascolo e non al “palcoscenico”. A costo di risultare impopolareriscatenando le potenti indignazioni dei molteplici “altari colorati”, di ogni forma e dimensione, imbiancati e inviolabili…, la mia è la ragione degli animali. Lungituttaviadall’aprire un vespaio di polemiche infinite, ritengo che il vero problema non vadaunicamente ricercato nella messa in scena o memo dell’animale quanto soprattutto nelle modalità di esibizione- indagate-non garanti dello stesso. Pertanto,ingenue allusionia un sentimento popolare ferito di fronte all’arresto di un “faccenda“ poco chiara e sicuramente di non facile gestione,massimizzare fino ad anteporre il benessere dello spirito umano alla “cura” del corpo degli animali, esasperare le posizioni animaliste nelle ottiche fanatiche più intransigente e ridondanti di chi somatizza ogni violazione nella grave misura di un affare di stato sono tutte ostentazioni che hanno lasciato perplesso colui che considera il rispetto un valore assoluto e come tale non selezionabile in base ad ordine, grado, specie animale o vegetale… Peggiore del massimalismo fra tutte le tendenze degli “ismi”ha dominato inquesto contesto soltanto il minimalismo, quello secondo cui :“ Gli animali possono essere amati e tutelati come accade a San Martino in Pensilis, Portocannone e Ururi (…). Semplicementeprendendosi cura di loro durante tutto l’arco dell’anno”.
E questo cosa dovrebbe significare? Che in virtù di ciò: semel in anno licet insanire?! In sostanza, in questi termini non si rischia di fare della fede popolare una pura retorica e di questail vero fanatismo?!
Fortunatamente in dubio…,alea iacta est!



