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mercoledì, Dicembre 4, 2024

Prostituta a domicilio per fame. Storia di una donna nel Molise dei disperati

AperturaProstituta a domicilio per fame. Storia di una donna nel Molise dei disperati

di PASQUALE DI BELLO

Viaggio nel Molise beato e progressista dell’anno di grazia 2015. Storia di una donna: mamma, moglie e prostituta a domicilio per disperazione.

Questo pezzo, in realtà, doveva trattare d’altro e aveva già un suo titolo che da tempo ci frullava nella testa. “Cerco amico peloso”, doveva chiamarsi così e offrire uno spaccato su un Molise torbido del quale, senza moralismi o giudizi, ci ripromettiamo di parlare in un’altra occasione. L’aggettivo torbido, qui e quando ne scriveremo, serve solo a descriverne l’opacità, la mescolanza a quel Molise “perbene”, progressista e baciapile, che tanto piace agli intellettuali al rosolio che cianciano di cazzate da mane a sera senza sporcarsi le mani. Noi, invece, che non siamo e aborriamo gli intellettuali, le mani ce le siamo sporcate e questa è la storia. Parte dal cesso dell’ospedale Cardarelli di Campobasso, il nosocomio che tutti vorrebbero come Dea di II livello – come dicono quelli che hanno fatto studi regolari – ovvero una struttura che assicura funzioni di alta qualificazione, ma che al momento dispone, ahinoi, di cessi per il “pubblico” (la parola bagni o toilette sarebbe davvero abnorme in questo caso) che quanto a livello stanno sotto a quello della decenza.

Essendoci recati al Cardarelli, e colti da un improvviso bisogno idrodinamico, ci siamo messi alla ricerca di una toilette. Imboccando il corridoio adiacente agli sportelli per le prenotazioni e il pagamento dei balzelli, per capirci quello che da accesso ai reparti, un paio di mesi fa ci siamo imbattuti in un vero e proprio monumento alla pornografia di complemento. Avete letto bene, pornografia. La condizione di urgenza quel giorno ci distrasse ma, una volta superato l’affanno e alzati gli occhi, ci trovammo davanti un vero e proprio murales dell’adescamento a buon mercato. “Cerco amico peloso”, questa la scritta che ci colpì (come potete vedere dalla foto a corredo del pezzo) e che fece scattare la molla per un possibile approfondimento sulle abitudini nascoste dei molisani. La cosa rimase ferma sul nostro taccuino per un paio di mesi, sino a quando in quel cesso vi ritornammo per fare qualche foto al pornomurales e contattare l’interlocutore o l’interlocutrice nascosti dietro ai numeri di telefono debitamente scritti sulle mura del cesso. Ci siamo presi, manco a dirlo, una riga continua di “vaffa”. Alla parola “giornalista”, quello più educato c’avrebbe tirato il collo. Quando ormai sconsolati c’eravamo rassegnati, è giunta la sorpresa, se sorpresa si può chiamare un dramma personale e familiare. Quello di una madre, una donna normalissima, che a insaputa dei propri congiunti, nel Molise beato e progressista dell’anno di grazia 2015, è costretta a fare la prostituta per mandare avanti casa, famiglia e un figlio all’università. Prostituta a domicilio, questa è la cosa che più ci ha disorientato rispetto alle modalità normalmente praticate. Le prostitute, come abbiamo scritto in una nostra precedente inchiesta sul Molise a luci rosse (qui cogliamo l’occasione per ringraziare gli oltre 15mila lettori), o ricevono a casa propria o stanno per strada. E’ difficile però prostituirsi a casa propria con marito e figli o per strada in un luogo dove vivi e tutti ti conoscono (il posto è nel basso Molise, altro, chiaramente, non possiamo dire e non diremmo nemmeno sotto tortura). Allora l’idea è quella di andare direttamente a casa del cliente, con un espediente da raccontare tra le propria mura domestiche. L’espediente è questo, una mezza bugia. La donna, questo sanno in famiglia, ufficialmente fa le pulizie a domicilio. E questo è vero. A metà. Perché insieme alle pulizie della casa la donna, purtroppo, è costretta dalla tagliola della disperazione a fare anche altro. Quando questo è possibile.

Noi non avremmo mai pensato di trovarci davanti a questo racconto quando abbiamo composto quel numero (preso nel cesso del Cardarelli) che assicurava servizi che non erano propriamente il lavaggio dei pavimenti o l’ordine nella credenza. Alla quarta telefonata, dopo che per la prima volta alla parola “giornalista” non era seguito un improperio ma una pausa di silenzio, la breccia di diffidenza si è rotta e questa storia, che a noi è stata raccontata, a nostra volta la raccontiamo per offrire ai lettori un fotogramma di quello che è diventato il Molise. Un posto borderline (verrebbe da scrivere bordelline, creando un neologismo) dove accade anche questo: che una mamma, per assicurarsi pane e latte e l’affitto al figlio universitario, è costretta a contrabbandare per pulizie di casa la propria disperazione.

 

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