Il giorno del Colle è arrivato. A partire dalle 15 l’assemblea dei 1009 grandi elettori composta dai parlamentari e dai 58 rappresentanti regionali riuniti in seduta comune a Montecitorio entrerà nel vivo dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Sarà una lunga maratona di voti e di scrutini che, salvo sorprese, non si concluderà oggi. Non c’è ancora intesa su un nome sufficientemente condiviso – quello di Sergio Mattarella avanzato dal vertice del Pd non avrebbe convinto Silvio Berlusconi che ai suoi ha parlato dei rischi di «un nuovo Scalfaro» – e al momento i conti di Matteo Renzi parlano di 580 voti, considerando gli alleati di governo di Ncd-Udc e al netto di Forza Italia. Ma sono troppo pochi per centrare l’elezione in prima battuta. La Costituzione prevede che per le prime tre elezioni sia necessario il quorum dei due terzi dell’assemblea, vale a dire 673 voti, e che solo dalla quarta sia sufficiente la maggioranza assoluta, che corrisponde a 505 consensi. Quindi se ne riparlerà sabato mattina o, al limite, già domani sera se passasse la linea dell’accelerazione ipotizzata al Nazareno per cui nella giornata di venerdì saranno messe in agenda non due bensì tre votazioni. Ma nelle ultime ore questa prospettiva sembra essere stata accantonata.