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giovedì, Marzo 28, 2024

Amare è un diritto, sì al registro delle unioni civili

AttualitàAmare è un diritto, sì al registro delle unioni civili
di LUCIA LOZZI
Il matrimonio tra persone dello stesso sesso, spesso indicato come matrimonio omosessuale o, impropriamente, matrimonio gay, è consentito dalla legge di diversi Paesi. L’apertura del matrimonio alle coppie dello stesso sesso è in tutto il mondo una delle principali rivendicazioni della militanza omosessuale. Tale richiesta politica nasce dall’esigenza di eliminare, completamente, dalla legislazione la disparità di trattamento fra unioni eterosessuali e unioni omosessuali, sul presupposto che il rapporto omosessuale sia una sana espressione della sessualità che coinvolge anche la vita affettiva e che il diritto al matrimonio sia un diritto individuale inalienabile della persona. Laddove un diritto non si rispetta,e una condizione non si verifica, si creano, inevitabilmente, delle battaglie. Allo stato attuale, due persone aventi lo stesso sesso, possono accedere all’istituto del matrimonio in 19 nazioni: Argentina,Belgio, Brasile, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Lussemburgo, Messico (nella capitale e in 2 Stati), Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito (in gran parte del Paese), Spagna, Svezia, Stati Uniti d’America (nella capitale e in 37 Stati della federazione), Sudafrica e Uruguay.Inoltre a Malta, in Israele, in Aruba, in Curaçao e in Sint Maarten, pur non essendo consentito alle persone aventi lo stesso sesso di accedere all’istituto del matrimonio, vengono registrati i matrimoni fra persone dello stesso sesso celebrati altrove. In vari Paesi si può accedere a ufficializzazioni diverse dalle nozze; le persone omosessuali, aventi o meno la possibilità di contrarre matrimonio, hanno spesso accesso a questa tipologia di unioni civili. L’aspirazione al matrimonio ha sempre caratterizzato la comunità omosessuale ma (almeno nella cultura occidentale), ha sempre trovato un ostacolo nell’opposizione della società, che considerava il matrimonio come un mezzo per garantire la riproduzione, cioè la nascita di nuovi cittadini. Tuttavia, alcune tracce di tale aspirazione sono state riconosciute in diversi momenti storici. Oggi, a distanza di secoli, (perché partiamo dalla Grecia e dall’antica Roma), proprio a Roma oggi si esulta alla prima  vittoria. Ripercorrendo, in breve, la vicenda: a Roma la battaglia sulla registrazione delle unioni civili omosessuali ed eterosessuali e’ da 18 mesi che viene sostenuta dal Sindaco. Il prefetto della Capitale invita il Sindaco ad annullare le unioni già riconosciute. Il Prefetto di Roma, si riserva, qualora il Sindaco non provveda, di procedere alla cancellazione delle trascrizioni ai sensi di legge.  Ma il Sindaco non ha alcuna intenzione di retrocedere. Anzi. Al Campidoglio sono convinti di avere ragione su tutta la linea e pensano che soltanto la magistratura abbia il potere di annullare i documenti firmati dal Sindaco. Questa la posizione più discussa negli ultimi mesi. Ma su questa posizione sono anche le associazioni omosessuali che assistono le coppie e che da tempo fanno sentire la loro voce. Oggi la svolta. In Italia , a Roma, il via al registro delle unioni civili dove potranno iscriversi tutte le coppie, omosessuali ed eterosessuali non unite in matrimonio. Un primo passo, con l’approvazione in consiglio,  un primo chiaro , deciso e concreto segnale di garantismo, di rispetto che si deve avere per tutte le persone e la loro vita, compresa la sfera affettiva. Si perché si tratta anche di sentimenti veri, consolidati, totali che meritano il dovuto rispetto, che non sono meno importanti delle conquiste del divorzio e dell’aborto. Che poi sia avvenuta a Roma acquista un significato diverso e grande importanza , un messaggio chiaro. A marzo le prime cerimonie in Campidoglio. Ora serve una legge nazionale . Valanga di critiche come in tutte le societa’ “perbeniste” da parte di coloro, ( di cui alcuni “sorpesi”, pur avendo “regolare” famiglia , a intrattenere rapporti omo), che non comprendono che, come in ogni clima di repressione, il vero fallimento e’ dello Stato e non della Società’ o dell’Individuo . Uno stato che non e’ in grado di attuare programmi di integrazione, anche a questo livello sociale, e’ uno Stato che non vuol vedere . Ciò che, giustamente, risulta ancora discutibile e difficile da affrontare, anche solo a parlarne con la dovuta “calma”, e’ l’adozione dei figli da parte delle coppie gay, e io direi non solo gay ma anche solo da parte di coppie che non vogliono sposarsi ma vivere in unione civile, che vedono realizzare il loro sogno solo, e non sempre, passando attraverso lungaggini, burocrazie e discriminazioni.  Teorie, discussioni, tavoli aperti anche se, appare evidente e sia ben chiaro che, non bisogna pensare che tutto ciò sia in “guerra” con la religione ma piuttosto un problema di etica da affrontare e di educazione dei figli  che, in queste situazioni, diversamente, potrebbero non capire . Non un pregiudizio quindi ma un rispetto dei diritti del bambino e dell’infanzia. Resta, comunque, il fatto che, la convivenza tra famiglie definite “normali” e famiglie in cui i figli sono figli di coppie con diversi orientamenti sessuali, oggi ancora e’ difficile e discriminante. Anche se non una questione prioritaria rispetto a tanti problemi di lavoro,  l’affrontare e riconoscerne l’esistenza delle diversita’, denota civiltà di un popolo . Regolare tali convivenze con delle norme di diritto . Che poi si faccia demagogia sostenendo che,  i vantaggi scaturiti dall’iscrizione al registro delle unioni civili , in mancanza di normativa, rischiano di essere azzerati dagli effetti sfavorevoli, soprattutto economici, con il cumulo dei redditi tra i partner, e’ una problematica a cui si puo’ ovviare stabilendo delle altre norme ben chiare che regolino anche le loro unioni in materia di diritti civili .  Roma e’ la 160esima città ad istituire questo registro e, religione a parte, non possiamo fare finta che questa tematica non esista, come tutte le cose che ci fa comodo non vedere. La domanda che ci si dovrebbe porre e’: ma se mia/o figlia/o, un giorno,  mi dichiarasse, apertamente, il suo diverso orientamento sessuale, io che farei? Lo amerei allo stesso modo? Io la risposta la so. L’amore e’ universale, non ha sesso, colore, partito, nazione, e’ amore e basta. E’ lo stesso amore con cui, ogni giorno, ci si prende cura dei nostri figli , è lo stesso motore che fa muovere il mondo e fa chiedere la pace . E da questo che bisogna ripartire. Dall’amore e il rispetto dell’essere umano, in quanto tale, e dei suoi diritti. Solo così si potranno, veramente, comprendere le esigenze di dignità del cittadino, anche in materia di lavoro, sanità e assistenza.

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