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venerdì, Marzo 29, 2024

5 Stelle Molise. Tra politica e poesia, “La meglio gioventù” all’assalto del Palazzo

Attualità5 Stelle Molise. Tra politica e poesia, “La meglio gioventù” all'assalto del Palazzo

di PASQUALE DI BELLO

Lo stile asciutto e rigoroso di Antonio Federico e Patrizia Manzo, i due rappresentanti del Movimento 5 Stelle in Consiglio regionale, fa da contraltare a quello sbracato e opportunista di larga parte della truppa dei consiglieri asseggiolati a Palazzo Moffa. La vicenda sul voto di fiducia posto da Frattura alla revoca delle centrali a biomasse, ne è una ulteriore prova.

Chi volesse capire la differenza che passa tra tutto il resto della politica molisana e quelli del Movimento 5 Stelle, faccia ciò che noi abbiamo fatto oggi: ne visiti la sede. Quella dei grillini, a Campobasso, messa dentro a un orrendo palazzo stile Germania Est, è qualcosa che sta a metà tra una covo di extraparlamentari riemersi dagli anni ’70 e il club delle Giovani Marmotte. Due modelli, con i quali siamo cresciuti e ai quali siamo molto affezionati. Gli stessi Antonio Federico e Patrizia Manzo, a guardarli sembrano usciti da un set di Marco Tullio Giordana o Marco Bellocchio. A guardarli insieme oggi nel corso della conferenza stampa dedicata al tema delle biomasse, sembravano due di Potere Operaio, insomma gente cresciuta dentro l’operaismo spinto alla Mario Tronti.

Invece sono soltanto due ragazzi, come gli altri del movimento, e incarnano, per restare alla simmetria cinematografica, “La meglio gioventù” della politica molisana. Lo diciamo, sia detto per inciso, senza alcuna simpatia per Beppe Grillo, un ducetto in sedicesimo, e Gianroberto Casaleggio, una specie di Gianni De Michelis dei tempi nostri. Loro due non ci piacciono, Federico e Manzo invece sì. Perché hanno coraggio, studiano e producono, a differenza della pletora di postulanti e vagheggini che in larga parte popolano il Consiglio regionale del Molise.

Attirandosi i fulmini del presidente Frattura, si sono sentiti dare del don Abbondio per non aver condiviso l’idea del governatore di porre una sorta di questione di fiducia al provvedimento giuntale di revoca delle centrali biomasse del Matese. O meglio, di revoca delle autorizzazioni. E invece i due di coraggio ne hanno avuto, essendo stati gli unici a negarla la fiducia a Frattura. Perché il tema, con l’astensione dell’assessore Petraroia all’atto di adozione della delibera di revoca da parte della Giunta, da tecnico è diventato immediatamente politico. Nessuno conosce le ragioni dell’astensione dell’assessore al Lavoro e, tantomeno, né lui né Frattura le hanno rese note ai molisani.

La ricostruzione della vicenda fatta da Federico e Manzo, fa riferimento al tema dell’azione risarcitoria preannunciata dalla società Civitas, quella in procinto di costruire una delle centrali.  Otto milioni e mezzo di euro, a tanto ammonta la richiesta degli attuali amministratori della società che fu già di Frattura. Secondo i grillini, la strada della revoca ha spalancato la porta all’azione risarcitoria, ed è difficile dargli torto. In tal guisa, infatti, quella della Regione è una nuova valutazione dell’interesse pubblico, spostato in favore della tutela ambientale, a seguito delle veementi proteste dei cittadini del Matese, in luogo della precedente politica in favore delle energie rinnovabili. Insomma, la Regione ha cambiato idea e la Regione paga. Peccato che sinonimo di regione sia cittadini. Cittadini molisani le cui tasche verranno pesantemente saccheggiate. La strada da percorrere, invece, secondo Federico e Manzo, doveva essere quella della revoca in autotutela che, attraverso un procedimento di verifica e riforma dell’iter autorizzativo seguito, avrebbe tenuto indenne la Regione, ovvero i cittadini, da ogni risarcimento. Almeno nei termini che ora si paventano. Bene hanno quindi fatto, a votare contro la fiducia mascherata posta da Frattura.

Cosa c’entra tutto questo con la storia della sede dei 5 Stelle? C’entra, perché se le cose e gli oggetti sono rivelatori di un’indole e di un mondo interiore di riferimento, non possiamo tacere e tenerci per noi una cosa. Nella sede dei 5 Stelle, abbiamo trovato appesa al muro una meravigliosa poesia di Mario Benedetti, scrittore, saggista e poeta uruguaiano. La poesia si chiama “La gente che mi piace” e dice:

Mi piace la gente che vibra,
che non devi continuamente sollecitare
e alla quale non c’è bisogno di dire cosa fare
perché sa quello che bisogna fare
e lo fa in meno tempo di quanto sperato.

Mi piace la gente che sa misurare
le conseguenze delle proprie azioni,
la gente che non lascia le soluzioni al caso.

Mi piace la gente giusta e rigorosa,
sia con gli altri che con se stessa,
purché non perda di vista che siamo umani
e che possiamo sbagliare.

Mi piace la gente che pensa
che il lavoro in equipe, fra amici,
è più produttivo dei caotici sforzi individuali.

Mi piace la gente che conosce
l’importanza dell’allegria.

Mi piace la gente sincera e franca,
capace di opporsi con argomenti sereni e ragionevoli

Mi piace la gente di buon senso,
quella che non manda giù tutto,
quella che non si vergogna di riconoscere
che non sa qualcosa o si è sbagliata

Mi piace la gente che, nell’accettare i suoi errori,
si sforza genuinamente di non ripeterli.

Mi piace la gente capace di criticarmi
costruttivamente e a viso aperto:
questi li chiamo “i miei amici”.

Mi piace la gente fedele e caparbia,
che non si scoraggia quando si tratta
di perseguire traguardi e idee.

Mi piace la gente che lavora per dei risultati.
Con gente come questa mi impegno a qualsiasi impresa,
giacché per il solo fatto di averla al mio fianco
mi considero ben ricompensato.

Ecco, questa è la gente che piace anche a noi, per questo siamo d’accordo con Antonio Federico e Patrizia Manzo. Nella loro sede, oltre alla poesia c’è anche una chitarra e dei libri letti, e questo ci piace ancora di più. Specialmente se messo a confronto con quelli che invece non ci piacciono né poco né punto, quelli alla Salvatore Ciocca, un altro che ha dato ai due del don Abbondio. Uno, per capirci, col poster di Che Guevara nella cameretta e la Jaguar in garage. E centinaia di migliaia di euro investiti, da bravo comunista, attraverso banche d’affari.

 

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