“Quando un popolo vede minacciata la propria sopravvivenza non resta altro da fare che ricorrere a tutti i mezzi giuridici per tutelare i propri diritti, in primis quello alla salute”. Nelle parole di Armando Sammartino, del Comitato Articolo 32, il senso dell’esposto indirizzato alla Procura di Isernia. Forse l’ultimo disperato tentativo per salvare il Caracciolo. Stavolta si è fatto fronte comune. C’erano tutti a presentarlo alla caserma dei Carabinieri di Agnone: il sindaco Michele Carosella, i componenti dei comitati, amministratori ed ex. Tra loro anche Nunzia Zarlenga, tra l’altro presente nel listino di Frattura alle Regionali del 2011. I promotori dell’esposto, nel chiedere la punizione degli eventuali responsabili, ricordano il ricorso pendente al Tar, più una serie di atti che almeno sulla carta avrebbero dovuto garantire la sopravvivenza del presidio. Invece – scrivono – è stato sostanzialmente svuotato di tutte le sue funzioni terapeutiche e assistenziali. Sopprimere il Caracciolo – è il parere dei promotori dell’esposto – significa causare un pericolo permanente per la salute di un bacino d’utenza di circa 40mila persone. Per rendere l’idea è stato citato anche il recente episodio dell’uomo accoltellato in chiesa. Si è salvato solo grazie alla presenza del pronto soccorso e alla buona volontà degli operatori. Ma poi si scopre che non si fa nulla per mantenere almeno ciò che c’è. Il caso di Nicola Iavicoli, primario di chirurgia, è significativo. In pensione dal primo agosto, ha chiesto una proroga per continuare a lavorare gratuitamente, ma nessuno gli ha risposto. A completare la denuncia anche una nota dell’Ufficio pastorale della salute della diocesi di Trivento, il cui responsabile, don Francesco Martino, segnala una serie di difficoltà o impossibilità di garantire i livelli essenziali di assistenza, in particolare nel periodo estivo, proprio per la carenza di organico e tagli vari. In questa clima di desolazione, suonano tristemente profetiche le parole pronunciate qualche anno fa proprio da don Martino: “Moriremo per consunzione; ci sfileranno i servizi uno ad uno, fino a quando dell’ospedale di Agnone non resterà traccia”.

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