Le recenti elezioni europee e amministrative contengono in se i germi di una deriva pericolosa, quella del pensiero unico. Il conformismo politico, così come si sta manifestando dal centro alla periferia, rappresenta un vulnus per la democrazia. Un colera destinato a sfiancarla.
Con la sola eccezione di Rosario De Matteis e di Luigi Mazzuto, a cui questo scampolo di storia delle Provincie ha assegnato il ruolo di monumento ai caduti, il centrodestra in Molise è di fatto scomparso. L’unico ad essere convinto del contrario è Pierluigi Lepore, l’ex Federale di An ora approdato a Forza Italia, che, del tutto privo del senso del ridicolo, continua a cianciare di improbabili imprese e di inverosimili scenari di riscossa. Morto Iorio, morti tutti. La solfa, che piaccia o no, è questa. Che potesse finire così lo si era capito lo scorso anno a settembre, quando Michele Iorio radunò i suoi alla Piana dei mulini, diventata nel frattempo la Piana dei lumini. Quelli votivi, per capirci. Dell’antica kermesse con persone a centinaia, lo scorso anno restava solo una mesta adunata di reduci e combattenti che non lasciava presagire nulla di buono. Fu quello il funerale del centrodestra. Oggi, col cappotto del centrosinistra che ormai giuda tutto , dalla Regione ai principali comuni di Campobasso, Termoli, Isernia e Venafro, come per gli austriaci a Vittorio Veneto resta poco o punto se non i resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo che risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano discese con orgogliosa sicurezza.
Che fare, allora? Forza Italia è commissariata, messa nelle mani di Gianfranco Rotondi, l’alter ego del Mago Otelma che Berlusconi ha spedito in Molise; il Nuovo Centro Destra è una partito troppo giovane e poco articolato per rappresentare lo zoccolo duro di una ripartenza del centrodestra. Fratelli d’Italia non è invece né osso né spina, è popolato sì da gente di destra ma sono gli stessi che, quando si è trattato di liquidarla la Destra, non c’hanno pensato un secondo. Sul Consiglio regionale, per citare la maggiore tra le istituzioni regionali, è meglio stendere un pietoso sudario. Persino Oscar Romero, il celeberrimo regista di Zombie, scapperebbe via a mani levate dalla paura che suscitano certe (non tutte) salme. Difficile quindi ipotizzare una ripresa, perlomeno in tempi brevi. In Molise, come in Italia, si è aperto un ciclo ultradecennale, forse ventennale, che vedrà il PD nella parte del leone. PD che, attenzione, non sta per Partito democratico ma per Partito democristiano. Da Palazzo Chigi, dove sta Renzi, a Palazzo Moffa, dove sta Frattura, quello che vediamo sventolare è un unico vessillo: lo scudocrociato.
Che in Italia, come in Molise, sia tornata la Democrazia cristiana, crediamo sia un fatto indubbio. Il che non sarebbe del tutto una cosa negativa se non per il fatto che i novelli democristiani stanno ai vecchi come uno sparo di tric trac alla nona di Beethoven. E in più, a differenza della Democrazia cristiana che faceva del pluralismo dei partiti un suo punto di forza, nel caso attuale si aggiunge la deriva del conformismo, la comicità ducesca dei nuovi leader e l’immancabile vocazione del popolo italiano, e di quello molisano in particolare, a saltare sul carro vincente. Un attitudine che, insieme al pensiero unico, rappresenta il colera di ogni democrazia matura.




