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giovedì, Marzo 28, 2024

Pozzi Montedison, Cercemaggiore vuole la verità. Nasce il comitato civico

AperturaPozzi Montedison, Cercemaggiore vuole la verità. Nasce il comitato civico

di ANNA MARIA DI MATTEO

A Cercemaggiore i cittadini vogliono sapere. Sapere come stanno le cose, se quei pozzi della Montedison, dismessi ormai da decenni, rappresentano ancora un pericolo per la salute pubblica. E soprattutto vogliono che venga fatta piena luce sulle tante, troppe morti per malattie tumorali che in paese da anni si susseguono con una frequenza preoccupante. Così, per avere più forza, sarà creato un comitato civico con un unico obiettivo: ottenere, finalmente verità ed ottenere giustizia per i danni ambientali e d’immagine subiti.

L’annuncio nel corso dell’incontro pubblico promosso in Municipio dal sindaco dell’epoca, Alfonso Testa, che è uscito allo scoperto dopo i dati, allarmanti, diffusi dall’Arpa Molise in seguito al monitoraggio eseguito in località Capoiaccio. Dati che parlano di livelli radioattivi dieci volte superiori a quelli consentiti.

Testa ha ripercorso le tappe dell’intera vicenda, da quando era sindaco del paese. Nel 1988 , dietro segnalazione di alcuni cittadini, si rivolse ai carabinieri affinché indagassero sullo strano via vai di camion dalla zona dei pozzi.

Partirono le indagini dalle quali emerse che nelle vasche venivano sversate sostanze senza l’autorizzazione del Comune. Ma ad autorizzare gli sversamenti era stata la Regione. Il Comune presentò ricorso al Tar che concesse la sospensiva. La Regione, dal quel momento revocò definitivamente tutte le autorizzazioni. Ma nonostante siano passati decenni, il livello di radioattività è altissimo. L’attuale amministrazione comunale, guidata da Gino Mascia, ha dato mandato ad un legale affinché intraprenda tutte le strade per giungere alla verità.

Una vicenda, quella dei pozzi petroliferi, che solo a parlarne provoca commozione e dolore tra gli anziani del paese.

Luigi Di Marzo, ex sindacalista, negli anni sessanta era lì, a Cercemaggiore e tentò di opporsi alla realizzazione degli impianti petroliferi. Ma invano. Questo il suo racconto, tra rabbia e dolore. Ha raccontato, tra le lacrime, dell’esplosione di uno dei pozzi di petrolio. «Da allora l’ambiente non è stato più lo stesso ed è iniziata una catena di morti per malattie tumorali», ha denunciato.

Oggi località Capoiaccio si presenta come una immensa distesa verde, coltivata a grano, orzo. I pozzi ormai non si vedono più, sono stati chiusi e coperti dal cemento. Quel cemento dal quale, nonostante tutto, continuano a venire fuori radiazioni per il materiale che lì veniva sversato e del quale si conosceva solo in parte la provenienza.

Una area che si estende per diversi ettari di terreno sui quali sono stati piantati dei cartelli che indicano il pericolo di contaminazione. Due agenti del corpo forestale dello Stato ci fanno strada, indicano dove si trovavano i pozzi, ora sigillati. Ma invitano a fare presto. Perché su quelle aree non si potrebbe neppure entrare.

Spetterà alla magistratura e ai tecnici dell’Arpa fare piena luce sulla vicenda. Perché dopo tanti anni i cittadini di Cercemaggiore meritano risposte.

 

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