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lunedì, Aprile 29, 2024

Rimuore il Teatro Savoia. 2013, l’anno sottozero della Kultura molisana

AperturaRimuore il Teatro Savoia. 2013, l’anno sottozero della Kultura molisana

di PASQUALE DI BELLO

La vicenda legata alla prossima chiusura del Teatro Savoia di Campobasso, prevista per il prossimo 31 dicembre, è paradigmatica dell’atavico disinteresse delle istituzioni per il mondo della cultura. Colpe antiche e nuove, a partire dalla mancanza di uno specifico assessore regionale.  

Come la peste per don Ferrante nei Promessi sposi, la cultura per la Regione Molise dev’essere qualcosa da attribuire agli influssi astrali. In rerum natura” – diceva il nobiluomo milanese uscito dalla penna di don Lisander Manzoni – ” non ci son che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio non può esser né l’uno ne l’altro, avrò provato che non esiste, che è una chimera. Sbagliato. Il contagio esiste, per la peste e per la cultura. Il sapere, come la peste, si tramette infatti solo per contagio. Il contagio di un maestro elementare, di un professore delle scuole superiori, di un docente universitario, ma anche di un padre e una madre, di un amico o conoscente, di un illuminato datore di lavoro e via dicendo. Un contagio e una peste positivi, nel nostro caso, che purtroppo in Molise non trovano untori. O meglio, non ne trovano laddove dovrebbero esserci d’ufficio, essendo le Istituzioni il luogo maggiormente contagioso che vi sia. Lo dimostra il fatto che sul piano inclinato delle porcherie, appena varcate le porte del lazzaretto regionale tutti si contagiano a vicenda. Sinistra, centro, destra, centrosinistra, centrodestra e centrocentro (l’attuale coalizione al governo della nostra gloriosa Regione). Prendete il tema delle indennità e dei privilegi, ad esempio: partito Iorio, appena arrivati, i nuovi, che ci avevano promesso anticorpi allo iorismo grossi come bambini, si sono immediatamente e irrimediabilmente ammalati. La peste del quattrino li ha rapidamente coperti di bubboni, tutti ovviamente all’altezza delle saccocce.

Fatta questa premessa sanitaria, vorremmo tornare alla vergognosa e inenarrabile vicenda del Teatro Savoia, paradigmatica dell’anno zero, anzi sottozero,  in cui versa il Molise. La stupenda struttura, del tutto immeritata per quella luttuosa ed infelice città che è Campobasso, un paesone incapace di allestire persino le luminarie a Natale, doveva chiudere i battenti a fine settembre. Dalla Provincia, da tempo avevano fatto sapere che i quattrini per pagare i cinque dipendenti e la manutenzione del teatro erano finiti. Con un colpo di teatro (è proprio il caso di dirlo), i teatranti regionali ci misero una pezza da settantamila euro, buona solo a prolungare l’agonia sino al 31 dicembre di quest’anno. Ora, nell’imminenza della ghigliottina di fine anno, sono ricominciate le turbolenze. Non più tardi di qualche giorno fa, nel corso di una conferenza stampa all’aria aperta, erano stati proprio i cinque dipendenti della struttura a rendere noto che c’era stato un incontro tra Provincia e Regione teso ad individuare una via d’uscita. L’incontro, come tutte o larga parte delle cose molisane, aveva prodotto l’ennesima minchioneria alla quale purtroppo qualcuno aveva dato credito. Le due parti – questo è trapelato – avrebbero interpellato la Corte dei Conti per dirimere la questione legata alla proprietà del Savoia. Il teatro, al momento, è della Provincia di Campobasso ma la Regione, che secondo il fantomatico accordo dovrebbe accollarsi i costi di personale e gestione, ne vorrebbe acquisire a titolo gratuito la proprietà. Insomma, da via Roma e via Genova, sedi di Provincia e Regione, la questione secondo lorsignori dovrebbe finire in via Garibaldi, sede della Corte dei conti, come se i giudici contabili fossero una sorta di magistratura prêt-àporter già pronta all’uso. Nel frattempo, nell’attesa che i giudici-jukebox cantino immediatamente la canzoncina richiesta, si è parlato di un’ulteriore proroga a cui legare la sorte di cinque addetti al Savoia. Finirà, probabilmente, se va bene, con un’altra dilazione (altri tre mesi), in attesa che qualcuno gorgheggi la soluzione dalla Corte dei canti, pardon, dei conti.

Dopo la premessa sanitaria e l’intermezzo Falqui, passiamo alla chiusura manicomiale. Perché è da manicomio continuare a parlare, a pensare, a sognare di cultura in Molise se dal livello istituzionale nessuno avverte quella che in una Regione normale sarebbe una priorità e che qui, invece, veste i panni della necessità. Parliamo della immediata nomina di un assessore regionale alla cultura, con poteri decisionali e di bilancio, messo a capo di una struttura coesa, snella, essenziale ed efficiente. Invece di perseverare nella delirante deriva barocca di strutture e sovrastrutture (Iresmo, Fondazione Molisecultura, Consigliere delegato), si faccia l’unica cosa che c’è da fare: la nomina di un assessore con poteri effettivi. Ma non di un pirlacchione qualunque: si scelga un uomo di cultura. In Molise, parrà strano, ma nonostante tutto ce ne sono.

 

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