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mercoledì, Novembre 13, 2024

La Regione di Mezzacapa. La Casta contro la Stampa

AperturaLa Regione di Mezzacapa. La Casta contro la Stampa

di PASQUALE DI BELLO

Dalla delibera dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio Regionale, sino alle prese di posizione del presidente Frattura, emerge sul tema delle indennità una reazione rabbiosa del Palazzo, messo alle strette da un’informazione che non teme ritorsioni né intende abbassare la testa.

“Certi tempi, quelli delle rassegne stampa censurate, fortuna nostra, appartengono al passato. Possiamo stare tutti sereni. Quella storia è stata archiviata dagli elettori molisani”. Con queste parole, tra le altre, il presidente della Regione Molise, Paolo di Laura Frattura, ha commentato un grottesca e ridicola delibera dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Molise che vorrebbe imbavagliare stampa e informazione rei, a dire di lorsignori, di aver leso le prerogative dei consiglieri e di fornire alla collettività una falsa rappresentazione della realtà. Una documento che per genericità, aggressività, dietrologia e inutilità, se messo a confronto proprio con quei tempi che Frattura sostiene archiviati, riuscirebbe nell’incredibile risultato di farceli rimpiangere. Quei tempi noi li abbiamo conosciuti bene, molto bene, e proprio perché ne portiamo addosso le cicatrici, riteniamo di aver titolo (e forse qualche merito) per contestare questa l’affermazione che i tempi correnti siano migliori di quelli che li hanno preceduti.

Quella che vediamo davanti a noi, a differenza di quella che ci siamo lasciati alle spalle, che era un sultanato, ci pare sia diventata la Regione dei Mezzacapa, celeberrimo personaggio dell’altrettanto celebre film “Totò, Peppino e la malafemmena”. Mezzacapa, nella pellicola, pretendeva un milione per un muro dal valore di poche lire distrutto da Totò e Peppino. Allo stesso modo, abbondano oggi i Mezzacapa che pretendono l’ira di Dio a fronte di prestazioni che, come il muro sfasciato, valgono poco o nulla (vogliamo parlare, ad esempio, dell’attività soporifera del Consiglio regionale?).

I tempi passati, erano altra cosa rispetto a quelli correnti. C’era un giornale e si chiamava Nuovo Molise, e dopo una luna di miele con Michele Iorio, come nei migliori matrimoni d’affari, scoppiò una faida che andò poi avanti per anni. Finì, perché Nuovo Molise chiuse a seguito di questioni legate alle vicende giudiziarie dell’editore, Giuseppe Ciarrapico. In quella guerra d’interessi, loro malgrado, vennero coinvolti alcuni giornalisti (e noi tra questi) a cui il vecchio governo regionale tentò letteralmente di scavare la fossa a suon di querele e citazioni per danni da capogiro. Finì che ebbero torto su tutta la linea, per il semplice fatto che qui giornalisti raccontarono i fatti per quello che furono. Esattamente come sta avvenendo in questi giorni sul tema delle indennità. Oggi, per una specie di sortilegio che sembra colpire chiunque salga al potere, la storia si ripete. Verosimilmente si ripeterà anche il finale, con una sonora figuraccia di chi confonde la libertà di stampa, informazione e cronaca con l’aggressione. Perché se c’è una “falsa rappresentazione della realtà storica”, come scrivono i dotti, i medici e i sapienti dell’Ufficio di Presidenza, è quella che lorsignori tentano di gabellare ai molisani, trasformando in questione ragionieristica la rivoltante questione delle indennità che essi si sono attribuiti con la legge regionale n. 10.

Lo abbiamo già scritto, ma giova ripeterlo per quelli particolarmente duri di comprendonio: il tema della vicenda non è l’esatta cifra delle indennità ma la dimensione spropositata di quest’ultima rispetto ai tempi che corrono. Tempi di disperazione che pare debbano correre per tutti, tranne che per la Casta, asserragliata dietro la raccapricciante affermazione di aver rispettato i limiti imposti dalla legge statale. Il segnale che tutti si attendevano, non era il rispetto di questo limite (come se parlassimo di velocità sull’autostrada) ma del limite del buonsenso insieme il rispetto della dignità dei molisani che, al pari di tutti gli italiani, sono letteralmente allo stremo. Quello che tutti si aspettavano era il buon esempio, rappresentato da indennità calibrate a misura della “realtà storica”. Questo buon esempio non è venuto ed è quindi lecito e sacrosanto dire, indignarsi e scrivere che questa è una storia rivoltante della quale la Casta, indistintamente di destra e di sinistra (come la sola eccezione del Movimento 5 Stelle) deve vergognarsi.

Poscritto. Sia detto per dovere di precisione: Nuovo Molise, al tempo della “Grande guera”, non era presente nella rassegna stampa di Telemolise, ma questo non fu dovuto a ragioni di censura, bensì per un contenzioso aperto tra le due testate.

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