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venerdì, Aprile 19, 2024

Cala il sipario su Michele Iorio. Il Consiglio di Stato sbarra la porta di Palazzo Moffa

AperturaCala il sipario su Michele Iorio. Il Consiglio di Stato sbarra la porta di Palazzo Moffa

di PASQUALE DI BELLO

I giudici del Consiglio di Stato, come il Tar Molise, si sono dichiarati incompetenti a decidere il caso Iorio, ovvero l’esclusione dell’ex governatore dal Consiglio regionale del Molise decretata dall’applicazione della legge Severino. Per Michele Iorio, come per Silvio Berlusconi, si chiude una lunghissima parabola politica. 

Nel bene o nel male – dipende dai punti di vista – è stato il protagonista dell’ultimo decennio e oltre della politica molisana. Per la precisione dodici lunghi anni, nel corso dei quali ha fatto il bello e il cattivo tempo. E anche qui, sulla meteorologia regionale, dipende dai punti di vista. Oggi su Iorio, però, non è il barometro a segnare tempesta ma il Consiglio di Stato che ha respinto per carenza di giurisdizione (in pratica si è dichiarato incompetente a decidere) il ricorso col quale l’ex governatore aveva impugnato il provvedimento governativo che, in applicazione della legge Severino, lo ha sospeso dalla carica di consigliere regionale. In questo, con la propria ordinanza, il Consiglio di Stato si è uniformato a quanto analogamente aveva disposto il Tar Molise. Per Michele Iorio, a questo punto, cala il sipario definitivamente. Lui non si darà per vinto e attiverà tutte le strade che l’ordinamento giuridico gli consente pur di rientrare in Consiglio – del resto il modello berlusconiano non è a solo appannaggio del Cavaliere – ma quella che poteva sembrare sinora un’eclissi è invece un tramonto inesorabile.

A resuscitarlo non serviranno né Piane dei Muliniaccordi strampalati e tartufeschi con coloro che un tempo erano suoi acerrimi avversari; perché in Molise accade anche questo: che San Michele e Belzebù, alla fine di feroci combattimenti, si tengono mano. Tutto questo non basterà. Tuttavia non ci vogliamo unire al coro dei detrattori dell’ultim’ora, riconoscendo a Michele Iorio la statura di politico di primo livello rispetto al nanismo imperante e pervasivo che investe l’intera classe politica regionale, da sinistra a destra passando per il centro. La sua mancanza, in termini di cifra politica, appare evidente per chiunque abbia la sventura di frequentare l’aula di Palazzo Moffa, ovvero l’equivalente di un potentissimo sonnifero, una fabbrica dello sbadiglio popolata da politicanti del pisolino e della pennica. Più dormono più guadagnano, aggiungendo così al danno anche la beffa.

Se Iorio non è in Consiglio, ora lo si deve all’applicazione della legge Severino che, per un politico di razza, è l’equivalente del ritiro di patente per un pilota di Formula Uno. Però così è, trattandosi di una sanzione non penale che stabilisce oggi il divieto di circolazione politica per un “eccesso di velocità” (in questo caso una condanna penale, peraltro nemmeno passata in giudicato) verificatosi qualche anno prima. E’ per questo che Iorio oggi è fuori come, del resto, lo sarà domani Berlusconi. Entrambi, lungo questo mesto viale del tramonto, sono accomunati da due cose: dalla sanzione e dalla miopia. Della prima abbiamo detto, della seconda basti dire che a tutti e due è mancata la capacità di uscire di scena prima che l’apocalisse politico-giudiziaria si abbattesse sulle loro teste. A Iorio, in particolare, è mancata la capacità di comprendere che il proprio tempo era scaduto e che quello che lo attendeva era il tempo del riposo e della pensione politica. Bene avrebbe fatto a gestire la transizione del centrodestra molisano verso una nuova leadership. Non lo ha fatto e si è ostinato a riproporre la sua figura al vertice della Regione sostenendo l’insostenibile: cioè se stesso come salvatore del Molise. E’ andata male, anzi malissimo. Qualcuno aveva provato a dirlo, ad esempio l’ex assessore regionale Gianfranco Vitagliano che poi, vedendo il vuoto dietro di se, ha fatto macchina indietro. Insieme a Vitagliano, l’altro che lo aveva detto è stato Ulisse Di Giacomo, unico giapponese che ha continuato poi la propria battaglia nella giungla del centrodestra. All’ex senatore, e a breve neo, va riconosciuta questa coerenza nell’aver detto e confermato che il tempo di Iorio era scaduto. Ora, per ironia della sorte e per nemesi della Storia, a Di Giacomo va una vittoria clamorosa: mentre Iorio e Berlusconi hanno in mano un biglietto per l’ospizio lui, invece, ne ha in pugno uno per Palazzo Madama.  Sic transit gloria mundi. Finisce così.

 

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