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venerdì, Aprile 26, 2024

Applausi per i 5 Stelle. Federico e Manzo restituiscono 71mila euro di indennità alla Regione

AperturaApplausi per i 5 Stelle. Federico e Manzo restituiscono 71mila euro di indennità alla Regione

di PASQUALE DI BELLO

I consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, Antonio Federico e Patrizia Manzo, hanno restituito alla Regione Molise, con destinazione al Microcredito, la somma di 71mila 460 euro. Si tratta di quanto accantonato da marzo ad agosto rispetto all’indennità di 2mila 500 euro che i pentastellati si sono assegnati. Un gesto che fa da contraltare all’indifferenza di una Casta sorda e grigia che non riesce a percepire l’indignazione dei molisani.

Antonio Federico e Patrizia Manzo, consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, hanno restituito alla gloriosa Regione Molise la somma di 71mila 460 euro. Si tratta della eccedenza calcolata da marzo ad agosto rispetto a quanto i due hanno deciso di attribuirsi come indennità netta relativa al proprio mandato istituzionale (2mila 500 euro). La destinazione della somma è quella del Microcredito per le piccole e medie imprese, uno sbocco che contribuisce ad esaltare il gesto dei due consiglieri pentastellati, poiché destinato a creare una concreta possibilità di crescita e occupazione.

Basterebbe questo, e non altro (ad esempio l’impegno instancabile), per erigere ai due un monumento al merito nel Transatlantico (in realtà è uno stanzone tinteggiato di rosa come una gelateria) del Consiglio regionale. Lo chiederemo espressamente al presidente Niro, a cui formuleremo anche un altro desiderata: che accanto a quello per i due grillini, di monumento ne venga eretto un altro: quello alla vergogna, per tutti gli altri.

E ci spieghiamo. Imperversa in questi giorni (e come potrebbe essere diversamente?) una feroce polemica sulle indennità che lorsignori (quelle stabilite con la raccapricciante legge 10/2013) si sono attribuiti a fronte dell’immane lavoro (si fa per dire, per l’immane e per il lavoro) cui sono chiamati. Polemica alla quale la casta ha risposto con una serie di sofismi tesi a dimostrare (in realtà non hanno dimostrato un fico secco) che nelle ricostruzioni effettuate dall’informazione vi è un errore di qualche centinaio di euro. Ora, qualcuno dovrà spiegarci, visti i tempi che corrono e le facce che li rappresentano, se sia possibile almanaccare su questioni di lana caprina quando le cifre stratosferiche che lorsignori e lordame percepiscono si aggirano, superandoli, i diecimila euro mensili. La tecnica, rozza, è quella di spostare il ragionamento su un altro piano: quello della ragioneria e della contabilità. Sei un bugiardo, perché l’indennità non è di 11mila e 500 euro ma bensì di 11mila e 400: questo, in maniera molto spiccia ed esemplificativa il ragionamento che la Casta fa asserragliata a palazzo.

Ecco, dinanzi a questo ragionamento e, di converso, al gesto di Federico e Manzo, non si può non provare rabbia e indignazione nel vedere la difesa autoreferenziale di una intera classe politica trasversalmente intesa. Una classe politica che non comprende l’immoralità di certe cifre rispetto alla vita delle persone normali. C’è questo da dire: che esistono due ordini di questioni: quella di governo e quella di Casta. Sulla prima, sospendiamo il giudizio, poiché rimuovere le macerie prodotte in dodici anni dal governo precedente e ricostruire qualcosa di degno e decente è opera che richiede lavoro, idee e capacità, tutte cose oggettivamente non valutabili in sette mesi di legislatura. Lasciamo quindi al nuovo governo regionale il tempo di operare, riservandoci giudizi e valutazioni almeno ad un anno dal suo insediamento. Sulla seconda questione, invece, quella di Casta, il giudizio non può che essere immediato: negativo su tutta la linea e per tutti, nessuno escluso. Vi è infatti una sorta di convenzione non scritta, una consuetudine che appartiene a tutte le caste, che presuppone l’autodifesa tacita dei privilegi, la solidarietà unta e pelosa sottobanco, il tartufismo dozzinale con la quale una camarilla di benedetti dal Signore fa loggia a tutela di favori, concessioni, prerogative, esenzioni, immunità, rimborsi, prerogative, franchigie, doni, onori e chi più ne ha più ne metta. Rispetto a quest’ultima questione, quella di Casta, lorsignori non hanno capito che è in corso una vera e propria sollevazione popolare e che le proteste che ora sono in nuce sono destinate ad aumentare e ad esplodere in maniera sempre più fragorosa. Se pensano di governare a dispetto del popolo e a disprezzo di chi viene tartassato, vessato e sottomesso da dazi e balzelli, lorsignori sbagliano di grosso. Di questo passo, i monumenti saranno tre: quello al merito, quello alla vergogna e quello ai caduti.

Poscritto. Caduti politici, s’intende. Non vorremmo prenderci un rinvio a giudizio per istigazione a delinquere, come ci accadde per una querela dell’ex governatore Iorio. Allora scrivemmo un pezzo dal titolo “Aprire il fuoco” (citando un libro di Luciano Bianciardi), e questo bastò ad un procuratore della Repubblica per chiedere la nostra punizione. Ovviamente fummo assolti in udienza preliminare con formula piena. Perché lo diciamo e lo precisiamo? Perché non si sa mai e quelli arrivati potrebbero essere più rancorosi di quelli partiti.

 

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