La manifestazione degli “indignati” contro i costi della politica ha messo in evidenza quanto grande sia la spaccatura tra i cittadini e le istituzioni. Queste ultime sono viste come un palazzo inaccessibile che assicura privilegi inconcepibili ai propri inquilini. Al termine della protesta il Consiglio regionale ha approvato un ordine del giorno evanescente teso a recepire le istanze dei manifestanti.
Al culmine di un giornata che ha messo in piazza una feroce protesta contro le indennità dei consiglieri regionali, dal Palazzo è arrivato un segnale – si fa per dire – di apertura. Segnale surreale e lunare, nella forma e nella sostanza. A darlo il Consiglio regionale che ha approvato all’unanimità un ordine del giorno che impegna il presidente della Giunta e quello del Consiglio ad “aprire un confronto con le parti sociali ed imprenditoriali al fine di individuare ulteriori soluzioni per il contenimento della spesa pubblica ed i costi della politica”. Col medesimo ordine del giorno i due presidenti vengono impegnati a “dare attuazione a norme che favoriscono la trasparenza e la partecipazione politico – istituzionale e amministrativa”. Infine, allegata all’ordine del giorno una tabella riepilogativa del trattamento economico dei presidenti di Giunta e Consiglio (9061 euro), vice presidente della Giunta, vice presidente del Consiglio e assessori (8206), segretario del Consiglio, presidente di Commissione e presidente di Gruppo (7779) e consiglieri regionali semplici (7346).
La parte importante del documento, tuttavia, non è quella che abbiamo sinora descritto ma è rappresentata dalla premessa all’ordine del giorno che recita: “Preso atto e recepite le istanze formulate in data odierna a seguito della manifestazione pubblica di cittadini che hanno inteso esprimere e manifestare dissenso verso la politica e i costi della stessa, impegna …”. Poi segue il resto già narrato.
Ma cosa è successo ieri mattina davanti a Palazzo Moffa e quali le “istanze formulate in data odierna”? Quello che abbiamo visto con i nostri occhi e registrato con la nostra penna è stato un movimento di popolo, di cittadini semplici che hanno deciso di urlare la propria rabbia per compensi che, messi a paragone dei tempi che corrono e con le facce che corrono insieme ai tempi, risultano un vero e proprio manrovescio sul volto di chi stenta ad arrivare a metà mese. Alla fine, ormai, non ci arriva quasi più nessuno. Stipendi che superano i diecimila euro sono immorali indipendentemente dai fattori che possono determinarli.
Ma andiamo al cuore della questione. Quello che non ci convince di questo ordine del giorno è la formulazione vaga e inconcludente, a partire dai non meglio identificati interlocutori. Con chi, di grazia, dovrebbero confrontarsi Frattura e Niro per “individuare ulteriori soluzioni per il contenimento della spesa pubblica ed i costi della politica”? Quali parti sociali e quali imprenditoriali, individuate come e sulla base di cosa? E poi, cosa vuol dire concretamente “dare attuazione a norme che favoriscono la trasparenza e la partecipazione politico – istituzionale e amministrativa”. Perché forse, sinora, la regola era quella di favorire norme sull’opacità e l’esclusione politico – istituzionale e amministrativa? E’ veramente surreale e lunare che una classe politica possa aver scritto parole tanto vuote e inconcludenti. Ma l’obiezione più forte da fare all’ordine del giorno è relativa alla premessa, allorquando si legge: “Preso atto e recepite le istanze formulate in data odierna a seguito della manifestazione pubblica (…)”. Abbiamo letto, riletto e ancora letto queste parole e ci siamo chiesti se sia uno scherzo o il frutto di una nostra allucinazione. “Preso atto e recepite”, in italiano, vuol dire una cosa precisa: che nel Palazzo hanno compreso le richieste dei manifestanti e le hanno fatte proprie. Ebbene, ci chiediamo se uno solo tra i nostri lettori sia disposto a credere che le istanze dei manifestanti fossero tese ad aprire tavoli di confronto con “le parti sociali e imprenditoriali” oppure a chiedere “norme che favoriscano la trasparenza e la partecipazione”.
I manifestanti, se non abbiamo male inteso (e non abbiamo inteso male, ve lo assicuriamo), chiedevano e chiedono una sola cosa: che cessi la pacchia. Tutto qui. Bastava scrivere questo: Il Consiglio regionale del Molise, preso atto ( bla bla bla …) … impegna il presidente della Giunta e del Consiglio a mettere fine alla pacchia”.
Poscritto: ancora una volta non comprendiamo la scollatura tra il dire e il fare (ottimi) dei grillini e la condotta in aula. Scrive Antonio Federico su Facebook: “Dopo due ore di “concertazione” si arriva in Aula ad approvare un Ordine del Giorno in cui si impegnano il Presidente della Giunta e del Consiglio ad avviare un confronto con le parti sociali e i cittadini che hanno manifestato davanti al Consiglio stamattina. Noi abbiamo votato favorevolmente a questo documento perché, nonostante troppo vago nelle proposte, apre alla possibilità di ridurre i costi della politica (…)”. Eh no, caro Federico! Quest’ordine del giorno, proprio perché “vago” (e quindi inconcludente) non andava votato. Vanno votati impegni precisi e chiari, non fantasmagorie. Questo ordine del giorno non apre nulla salvo, per la sua comicità, il tendone del circo.
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