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giovedì, Maggio 2, 2024

Isernia, aumento alla segretaria comunale, ricorso al ministro Alfano

AttualitàIsernia, aumento alla segretaria comunale, ricorso al ministro Alfano

Aumenti di stipendio alla segretaria comunale di Isernia, Tiziano Di Clemente, coordinatore regionale del Pcl, ricorrerà al ministro Alfano e alla Corte dei Conti. Dice infatti Di Clemente: “Con la “giustificazione” fornita circa le nostre obiezioni, sull’aumento di ben 23 mila euro annui disposto in favore della segretaria comunale Petti, la ex Commissaria del Comune di Isernia, Vincenza Filippi, non fa che aggravare la sua posizione ormai imbarazzante. Nulla è stato realmente confutato rispetto a quanto da noi eccepito sul piano delle scelte comunali socialmente inique e tipicamente borghesi, di cui questa disposizione fornisce la cifra: da un lato soldi ai ricchi, dall’altro macelleria sociale per le masse popolari isernine e tagli agli stessi dipendenti comunali delle fasce medio-basse. Premesso e ribadito che il CCNL dei segretari comunali (art.40 comma 4) stabilisce che tali aumenti non sono obbligatori ma solo facoltativi, sino al 50% per la posizione e sino al 10% per il risultato, persino sul piano delle numerose illegittimità da noi eccepite non v’è stata riposta: Vieppiù: è stata la stessa segretaria comunale, assunte anche le vesti di Responsabile AA.GG. e Personale, ad impegnare con Det. n. 703 del 20/12/2012 l’indennità di risultato, e poi a liquidarla con Det. 157 del 14/4/2013 ! Ed indovinate chi ha apposto il parere di regolarità contabile e di copertura finanziaria rendendo esecutive tali determine: sempre la stessa segretaria, questa volta nelle vesti di Responsabile del servizio finanziario ! Una e trina. Cosa ha “contro dedotto” la Commissaria Filippi a queste nostre eccezioni ? Che ha dovuto “per forza” disporre l’aumento di questi 23 mila euro, “sennò la segretaria avrebbe fatto causa contro il Comune”. Sic ! E’ singolare: non ha mostrato stessi timori la ex Commissaria, ad esempio, circa le numerosi abusi e danni erariali eccepiti da noi ed altri verso il potere comunale; del resto è singolare cedere con tale leggerezza a queste intimazioni, in un paese dove vige il motto “ e se non ti sta bene fammi causa …tanto…”, vista la giustizia che abbiamo. Questa vicenda, insomma, è solo una delle tante da cui trarre una lezione più generale: cioè che lo stato borghese, la sua giustizia, i suoi organi, di norma applicano pedissequamente la (loro) legge solo quando devono colpire le classi popolari e più deboli, tra macelleria sociale e repressione; ma quando si tratta dei ceti ricchi e dei loro agiati funzionari, diventano molto “più elastici e permissivi”, in tal guisa da ridurre “la legge” a ciò che essi stessi scrivono su un pezzo di carta, ovviamente per la loro convenienza ed il loro profitto”.

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