Dopo le elezioni comunali parziali che storicamente, come qualsiasi asino sa, sono sempre state diverse come esito e peso rispetto a quelle politiche, c’è un fiorire di maestrini dalla penna rossa. Sono usciti dalle cantine e dai freezer dopo vent’anni di batoste e di vergogne infinite del loro partito, che si chiami pdmenoelle o Sel, non c’è differenza. In prima fila persino, con mio sincero stupore, un ottuagenario miracolato dalla Rete, sbrinato di fresco dal mausoleo dove era stato confinato dai suoi a cui auguriamo una grande carriera e di rifondare la sinistra. E’ tornato in grande spolvero il supercazzolaro che non sa nulla né di Ilva, né degli inceneritori concessi alla Marcegaglia, è come le vecchie di “Bocca di Rosa” “Si sa che la gente dà buoni consigli/ se non può più dare cattivo esempio“. C’è poi lo smacchiatore di Bettola in grande forma che spiega, con convinzione, che la colpa del governo delle Larghe Intese è del M5S quando il pdmenoelle ha fatto l’impossibile per fottere prima Marini e poi Prodi e non ha neppure preso in considerazione Rodotà.
Belìn, questo ha perso più battaglie del general Cadorna a Caporetto e ci viene venduto da Floris come Nelson a Trafalgar. I maestrini dalla penna rossa sono usciti dal libro Cuore, impersonano però Franti e non Garrone. Mentono agli elettori, fanno inciuci, usano la fionda contro i passerotti e poi nascondono la mano. Renzie, lo statista gonfiato, imperversa con le sue ricette e le critiche al M5S su tutti i canali televisivi preda di compiacenti cortigiane come la Gruber. Renzie non è più sindaco di Firenze da tempo, è diventato un venditore a tempo pieno di sé stesso. Vende in giro un sindaco mai usato, come nuovo.

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