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giovedì, Marzo 28, 2024

Corsi e ricorsi … elettorali

AttualitàCorsi e ricorsi ... elettorali

Corsi e ricorsi.
Una risposta al mio amico Pasquale Di Bello.
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Caro Pasquale,
mi dispiace, ma, questa volta, non sono, se non molto parzialmente, d’accordo con la tua analisi.
Mi astengo, per carità di patria, da ogni suggerimento sulla possibile collocazione geopolitica del Molise ed entro subito in medias res.
Tutti quelli che mi conoscono sanno bene che, per principio, non amo la “tribunalizzazione” della Politica. Non amo che le Procure della Repubblica e la Polizia Giudiziaria facciano l’opposizione al posto mio, così come non mi piace che i risultati elettorali siano disegnati dai TAR o dal Consiglio di Stato.
So benissimo (anche per vicende personali) che la legge elettorale (in senso lato) per le Regioni è una legge mal scritta, assurda, antiquata e bizantina, tale da provocare, ogni volta, una miriade di quesiti, pareri, circolari, spesso in contrasto tra loro ed in contrasto con le commissioni elettorali, a loro volta, anch’esse in disaccordo.
È una legge che, sia detto senza mezzi termini, non garantisce la certezza del diritto.
È una legge, però, che ha un difetto fondamentale: quello di essere vigente! E, finché lo sarà, non può che essere (sia pur faticosamente) applicata.
Chi ritiene (a torto o a ragione, si vedrà, ma, in fondo, ai nostri fini, è perfino irrilevante) che sia stata violata ha il diritto (e direi il dovere) di far valere tali violazioni nell’unica sede competente e, cioè, davanti all’Autorità Giudiziaria. Così come ogni cittadino che voglia, in qualsiasi ambito, lamentare la violazione di una norma giuridica.
In questo, non posso non ragionare da operatore del diritto quale sono.
Quindi, a mio parere, formalmente, fin qui, nessuna novità e, soprattutto, nessuno scandalo.
Oltre ad essere un avvocato, però, sono anche un dilettante della riflessione politica e mi rendo conto molto bene che, cambiando piano di visuale, cambia necessariamente anche il piano del ragionamento.
La domanda non è più: “è legittimo?”, ma diventa: “è opportuno?”.
A questo, però, non posso che rispondere a titolo personale con la mia personalissima opinione, in quanto tale, del tutto opinabile.
Forse non è opportuno, forse io non lo farei, ma non posso sindacare le azioni di chi ha, in proposito, opinioni diverse dalla mia.
Non condivido, però, la tua valutazione basata sullo scarto dei voti.
La violazione delle regole del gioco comporta necessariamente la non genuinità del risultato. Per definizione. Non è possibile ipotizzare lo scenario che si sarebbe potuto verificare se la lista X non fosse stata ammessa; sono equilibri sottilissimi e, come ben sai, in questo caso, la farfalla che batte le ali a Tokyo può davvero causare il terremoto a New York. Ma, a parte questo, è fuorviante, a mio parere, ragionare ex post. Occorre ragionare ex ante. Se l’imputato non viene citato in giudizio, la condanna inflittagli sarà nulla, anche se basata sulla testimonianza di 10, 100, 1000 persone.
Se la squadra X gioca con un giocatore squalificato, la partita è viziata anche se ha vinto 10 a 0 e se il giocatore “abusivo” è stato il peggiore in campo ed è anche stato espulso dopo 10 minuti.
Se io fossi il legislatore, farei una legge più snella, meno cavillosa? Certamente sí! Se io fossi il legislatore ridurrei i motivi di ricorso a quelli stringentemente sostanziali? 100 volte sì! Ma, finché vige la legge che vige, tutti hanno il diritto di impugnare le armi che mette a disposizione. Che abbiano perso di 1, di 1000 o di 100000 voti.
A prescindere da quel che se ne possa pensare, nei Tribunali è scritto che la legge è uguale per tutti, anche quando è una pessima legge.
Ti abbraccio.
Giovanni Di Lembo

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