Esodo delle élites e delle giovani famiglie, specie le più qualificate, dall’Ungheria di Viktor Orbàn. Lo denuncia l’autorevole giornale economico magiaro “Héti Vilàggazdasàg”, secondo cui negli ultimi anni, da quando il premier euroscettico e nazionalpopulista è al potere, se ne sono andati in cinquecentomila. Più del doppio rispetto ai duecentomila ungheresi che fuggirono, spesso a piedi nella neve fino al confine austriaco, dopo la brutale, sanguinosa invasione delle Panzerdivisionen, dei corpi speciali e della fanteria sovietiche, inviate da Kruscev nel novembre 1956 a schiacciare la rivoluzione democratica ungherese e gli sforzi dell’allora leader comunista riformatore Imre Nagy per l’indipendenza e per un socialismo democratico e dal volto umano.
Mezzo milione su dieci milioni scarsi di abitanti in totale. Mezzo milione oggi contro duecentomila allora, nel lontano 1956 quando la popolazione totale magiara era grosso modo equivalente a quella attuale. Più istinto di fuga per disperazione e per voglia di ricominciare la vita all’estero a causa della politica del regime autocratico, di quanto istinto di fuga, a conti fatti, non si manifestò con l’arrivo delle sanguinarie divisioni dell’Armata rossa e coi loro massacri. Il governo ungherese ovviamente nega e smentisce. Ammette però che un esodo è in corso, parla comunque di 170mila persone che se ne sono andate. E allora se persino un potere spregiudicato e uso a censurare e a divulgare solo verità ufficiali ammette con le sue cifre corrette che il fenomeno è dimensioni ampie, appunto da ’56, vuol dire che il problema è serio.