Con la nomina di Paolo Di Laura Frattura a Commissario alla Sanità, prosegue la logia emergenziale e ragionieristica con la quale per anni si è cercata, senza trovarla, una soluzione ai mali del sistema sanitario regionale. Occorre tornare ad una programmazione vera ed effettiva, che coinvolga i territori e le rappresentanze elettive, occorre che la parola e la capacità decisionale torni nelle sedi istituzionali, respingendo una logica meramente tecnica che alla lunga potrebbe minare le basi dell’autonomia regionale
Ci sono due notizie: la prima è che il Commissario alla Sanità, Filippo Basso, ha licenziato il nuovo Piano sanitario regionale; la seconda che al Commissario Basso ne è già succeduto un altro: Paolo Di Laura Frattura, appena nominato dal Governo. Frattura, in realtà, subentrerà dal primo maggio essendo l’incarico di Basso in scadenza al trenta aprile, giusto il tempo di far fuori il direttore generale dell’Asrem, Percopo, come lo stesso Basso ha fatto ben capire. Quello che accadrà da qui in avanti è difficile dirlo, essendo la materia talmente incandescente da essere trattata con estrema cautela ma, ciò premesso, va fatta una riflessione su una vicenda che per anni si è protratta con risultati scarsissimi, se non addirittura nulli, sul piano tecnico ma che su quello politico ha messo in seria discussione l’autonomia della Regione Molise. Su questo ha ragione Michele Iorio, che invece ha torto su tutto il resto, che ha responsabilità enormi nell’aver portato il sistema sull’orlo del baratro, ad un punto di non ritorno o quasi. Lungi quindi da noi l’idea di prenderne le difese, salvo ricordare la sua ferma opposizione alla logica ragionieristica che ha animato il Tavolo tecnico romano.
Per dire che la Sanità ha i conti in rosso, anzi in profondo rosso, in Molise basterebbe un bambino di seconda elementare; e per dire che medici, infermieri e operatori sono sull’orlo della disperazione se non oltre, basterebbe trascorrere una mattinata in un pronto soccorso. Basterebbero queste due cose a capire il problema. Quello che invece è poco chiaro è chi debba trovare la soluzione se la politica, quella buona intendiamoci, viene sistematicamente esautorata dal meccanismo commissariale che imposta ogni discorso sulla logica secca e asettica dei numeri. La Sanità, lo ricordiamo a noi stessi, non è al pari di altri settori un campo aperto alle sole addizioni e sottrazioni, al mero conto profitti e perdite; la Sanità è un servizio sociale che va governato temperando quella che è la logica dei numeri con i mille altri aspetti che regolano l’esistenza dei cittadini, a partire da quello basilare che è il sentirsi protetti davanti alle insidie che la vita, da un momento all’altro, può presentare. Provate a passare non solo una mattina (perché di certo non ve la cavereste) ma una giornata intera in un pronto soccorso molisano, uno qualsiasi, e vi parrà dopo poco di avvertire quel senso di solitudine e abbandono che rasenta l’anticamera della disperazione. E, badate bene, non è colpa dei medici o del personale ausiliario, è semplicemente perché non si può, perché è umanamente impossibile in due fronteggiare duecento emergenze al giorno. Ma intanto, alla fine, chi resta stritolato è chi passa una intera giornata in barella e a volte senza nemmeno un bicchiere d’acqua.
Qualcosa non va, è chiaro, ma non può essere la logica dell’uomo solo e quella dei numeri a trovare la soluzione. Occorre il coinvolgimento dei territori, dei cittadini e di chi li rappresenta. Per anni abbiamo vissuto di commissari, di autonomia espropriata e sarebbe l’ora di dire basta. C’è un cambio di governo regionale, c’è un nuovo presidente e a breve ci sarà anche una nuova Giunta; ci sono dei nuovi rappresentanti che siedono in Consiglio regionale, espressione di una stagione nuova che si apre. Cerchiamo di aprirla bene, cessi la stagione dei commissari e si apra quella del governo effettivo, vero e reale della Sanità molisana.