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venerdì, Aprile 19, 2024

Di Giacomo (Pdl): “La disfatta del centrodestra ha il nome e la faccia di Michele Iorio”

AperturaDi Giacomo (Pdl): “La disfatta del centrodestra ha il nome e la faccia di Michele Iorio”

di PASQUALE DI BELLO

Conferenza stampa e durissimo j’accuse del Coordinatore regionale del Pdl, Ulisse Di Giacomo, nei confronti dello’ex governatore Michele Iorio. “Scellerata e cocciuta”, così è stata definita l’ostinazione di Iorio a ricandidarsi. A dispetto di tutti i segnali che sconsigliavano una sua riproposizione, “Iorio ha piegato la coalizione ai suoi personali interessi e l’ha portata alla disfatta”.

Quello che si presenta in conferenza stampa, da solo, con un maglione alla Marchionne e un paio di giornali in mano, è un uomo sereno, l’esatto contrario di quello che ci si potesse aspettare. Delle due l’una: o Ulisse Di Giacomo, coordinatore regionale del Pdl, è un attore formidabile o, diversamente, ha ragione e ragioni da vendere. Propendiamo per la seconda ipotesi, avvalorata dalla cronaca e dalla Storia. Partiamo da quest’ultima, che poi è il punto di partenza del ragionamento sviluppato da Ulisse Di Giacomo. La storia degli ultimi diciotto mesi: ottobre 2011 – febbraio 2013. Due date, due numeri sul calendario, che rappresentano rispettivamente l’avviso di sfratto e lo sfratto esecutivo di Michele Iorio dal palazzo di via Genova, sede del Governo regionale.

Ulisse, sarà anche per via di quel nome che glielo impone, parte da lontano prima di arrivare alla sua Itaca, a questa mattina di metà marzo che, oltre al profumo dell’incipiente primavera, rilascia nell’aria anche un mefistofelico puzzo di zolfo, perché solo a un satanasso politico poteva riuscire quello che è riuscito a Michele Iorio: la disfatta perfetta di una macchina del consenso come in questi anni è stata prima Forza Italia e poi il Popolo della libertà in Molise. Amministrazioni conquistate ad ogni livello, dal comune più piccolo sino alla Regione, un rosario di vittorie che si è sfracellato sugli scogli dell’ambizione personale più sfrenata, su quelli della miopia politica più assoluta e su quelli della sesquipedale irresponsabilità e ostinazione di Michele Iorio a pretendere una candidatura contro la quale tanto la cronaca quanto la stessa Storia avevano già espresso il loro pollice verso.

Il primo segnale, il primo rintocco della campana dell’ultimo giro, il primo colpo di batacchio sul bronzo della campana a morto, Iorio lo sente a ottobre 2011. O, almeno, lo sentono coloro che all’epoca le orecchie le avevano sturate e libere dal cerume petulante e ossequioso di chi, per calcolo e convenienza, a quel tempo continuò su Iorio un accanimento terapeutico che oggi ha portato al suo decesso politico e a quello di una intera coalizione. Iorio, dice Di Giacomo, “Ha distrutto un partito per interessi personali, una coalizione e persino la vita politica di altre persone come gli ex assessori Chieffo e Velardi”. “La sua cocciutaggine e scelleratezza nel volersi candidare ad ogni costo ha determinato il risultato delle regionali, una vera e propria disfatta che ha un nome e un cognome: Michele Iorio”.

Il secondo segnale che Di Giacomo propone nella sua ricostruzione, è quello della primavera 2012. Elezioni comunali di Isernia e qui, per la seconda volta, il batacchio suona a morto. “Iorio impose la candidatura della sorella Rosetta a sindaco di Isernia e il copione fu ancora peggiore”, chiosa il coordinatore del Pdl, sottolineando la sonora sconfitta nel capoluogo pentro. “Era chiaro che i cittadini non volevano più Michele Iorio”. Nonostante tutto, sappiamo come andarono le cose. “A luglio Iorio organizza l’incontro alla Piana dei Mulini, chiamando a raccolta i fedelissimi, coloro che non potevano dirgli di no, e lo fa per gettare fumo negli occhi, per impedire che si potesse guardare in faccia alla realtà. Dissi, e lo confermo ora, che Iorio nell’occasione ebbe un atteggiamento da grillino di seconda mano”. Infine vi fu, a ottobre 2012, l’annullamento definitivo delle elezioni regionali. Fu allora che Di Giacomo disse, apertis verbis, che con Iorio si andava verso una sconfitta certa. A salvare il governatore uscente e il de cuius politico entrante, fu Silvio Berlusconi. “Iorio venne indicato da Berlusconi e io, con tutte le riserve del caso, mi adeguai a quella indicazione”, dice sempre Di Giacomo.

E veniamo alla cronaca di questi giorni. All’opzione esercitata da Berlusconi sul seggio molisano al Senato. Una scelta anche questa che puzza di zolfo, indotta probabilmente da un colpo di coda di Iorio. “Mi giungono notizie da Roma e dalla Regione, che sia intervenuto su Berlusconi per indurlo ad una scelta che priva il Molise dell’unica rappresentanza territoriale che poteva avere. Mi attiverò per verificare la fondatezza di queste voci ma se dovessero essere confermate equivarrebbero a un fatto di inaudita gravità. Non verso la mia persona ma verso il Molise, piegato a interessi personali”. “Ho inoltre testimonianze di chi afferma che Iorio, alle politiche, in alcuni comuni ha fatto votare Fratelli d’Italia. Anche su questo faremo chiarezza. Bisogna fare pulizia nel partito e io resto al mio posto. Iorio chiede l’azzeramento dei vertici locali del Pdl, in realtà l’unico a dover essere azzerato è proprio lui, il responsabile della disfatta”.

Che dire? C’è poco da aggiungere a parole così chiare e nette. Un j’accuse in piena regola dal quale Iorio difficilmente potrà sottrarsi. Vedremo se e cosa replicherà l’ex governatore del Molise. Sulla sconfitta ci sono le sue impronte digitali, questo è innegabile: perdere con quarantamila voti di scarto non ammette scusanti. Come non ammette scusanti l’aver portato il centrodestra al mattatoio politico, perché è indubbio che pesa su Iorio l’aver trasformato in stracci le bandiere che un tempo sventolavano sulla coalizione che ha lui ha dato tutto e cui lui, alla fine dei salmi, non ha dato niente.

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