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sabato, Aprile 20, 2024

ANALISI DEL VOTO/3 – Quello che resta di Romano: ascesa e declino di Costruire democrazia

AperturaANALISI DEL VOTO/3 – Quello che resta di Romano: ascesa e declino di Costruire democrazia

di PASQUALE DI BELLO

La storia e i risultati di Costruire democrazia sono quelli di un movimento legato inscindibilmente al proprio leader, Massimo Romano. Col giovane politico boianese fuori dal Consiglio regionale, la strada appare impervia e in salita. La mancata elezione di Michele Durante, di fatto vice di Romano, complica ancora di più il quadro d’insieme. L’unico eletto, Filippo Monaco, è una figura estranea al movimento: difficile che Costruire democrazia possa rinascere attorno a lui.

Accadde di sabato a Campobasso, precisamente il 28 novembre 2009 alle ore 17 presso la sala conferenze della biblioteca “Albino”. Fu quel giorno e a quell’ora che nacque Costruire democrazia. A fondarla furono i triunviri: Massimo Romano, all’epoca consigliere regionale (che poi la ereditò in esclusiva), Peppe Astore, senatore della Repubblica ed Erminia Gatti, prima dei non eletti al Parlamento europeo. Tutti e tre i fondatori, in quella precisa circostanza, presero le distanze da Tonino Di Pietro e dall’Italia dei Valori, partito nel quale ciascuno di loro militava. Romano, infatti, in Consiglio regionale c’entrò con l’Idv, come Astore a Palazzo Madama e la Gatti per un soffio a Strasburgo. La diaspora con la premiata masseria di Montenero aveva delle ragioni e va dato a Romano, Astore e Gatti di averci visto lungo, vista la fine fatta da Antonio Di Pietro. Allora, come ora, a Tonino venne contestata una gestione verticistica e monocratica, un’assenza di collegialità che allora era in nuce e che oggi è esplosa in tutte le sue contraddizioni e debolezze. L’Italia dei valori si è letteralmente liquefatta e quel rigagnolo che è diventata ormai non si trova più, diluito com’è in Rivoluzione civile, il movimento fondato da Antonio Ingroia e che a sua volta si è liquefatto nella culla. Bocciato clamorosamente solo una settimana fa.

Ciò detto, va preso atto di un dato di fatto inconfutabile: Costruire democrazia, indipendentemente dai 21160 voti conseguiti da Romano come candidato presidente, non è però decollata. Ragioniamo: nel suo momento di massima ascesa, nel 2011, (parliamo del contesto regionale) l’Italia dei valori ottenne l’8,85% dei consensi (15907 voti) conseguendo l’elezione di tre consiglieri regionali. Costruire democrazia, invece, alla prima prova (regionali 2011) ottenne il 4,24% (7623 voti) in compagnia di Partecipazione democratica (il movimento autonomo fondato da Peppe Astore) ed elesse un consigliere: Massimo Romano. Alla tornata odierna, quella di una settimana fa, Romano & Co. non sono andati oltre il 5,06% ottenendo 8503 voti e l’elezione di un solo consigliere: Filippo Monaco. Resta fuori, insieme a Romano, anche un altro big del movimento: Michele Durante, dato invece alla vigilia come possibile favorito.

La storia di Costruire democrazia, appare evidente, è una storia a due velocità: da un lato il suo leader, amato, seguito e votato; dall’altro il radicamento territoriale del movimento, decisamente debole e inconsistente. Su questo fronte, ad esempio, un’avvisaglia la si era avuta alle elezioni comunali di Isernia, consultazione andata malissimo. Nella città pentra il referente locale del movimento, Ennio Mazzocco, ottenne un misero 4,03% con la sua lista “Coscienza civica”. In precedenza, invece, era stato discreto il risultato ottenuto da Massimo Romano come candidato a sindaco di Campobasso. Nel 2009 Romano si presentò con l’Idv e ottenne 3950 voti, pari al 18,3%, ottenendo oltre alla sua l’elezione di altri tre consiglieri comunali.

Dando retta alle carte e ai numeri, appare evidente come tutto il percorso di Costruire democrazia sia legato inscindibilmente al suo leader al quale, indipendentemente dai giudizi di merito e al netto della cocente sconfitta alle regionali (Romano resta fuori per non aver scelto di correre anche al proporzionale), va riconosciuto un appeal verso l’elettorato. O meglio, verso un certo tipo di elettorato: quello di marca giustizialista (per dirla alla Berlusconi), quello di marca protestataria. Un elettorato paragrillino e paradipietresco che però, rispetto al Movimento 5 Stelle, non beneficia della grancassa mediatica e della bolla elettorale determinata dal comico genovese e, rispetto ai tempi d’oro dell’Idv, non dispone della ribalta televisiva che a suo tempo accreditò Tonino Di Pietro.

La conclusione (o almeno quella che vediamo noi) è a tinte fosche. Finito Romano, finita Costruire democrazia. E’ il destino di ogni partito costruito attorno a un leader. Pensate all’Idv: finita! E pensate a cosa accadrebbe al Pdl senza Berlusconi: finito! E al Movimento 5 Stelle senza Grillo: kaputt. Sarà difficile, se non impossibile, ricostruire qualcosa senza Romano in Consiglio o il suo vice, Durante. Filippo Monaco con Costruire democrazia, per dirla alla Di Pietro, non c’azzecca niente e, se possiamo azzardare, è destinato a rientrare nell’area governativa a breve.

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