Arriva da Facebook l’endorsement di Adelchi Battista, scrittore del Gruppo RCS con esperienze a Il Sole 24 Ore, Radio Italia Network e Rai, e autore del romanzo “Io sono la Guerra” , alla candidatura di Massimo Romano alla Presidenza della Regione.
Si riporta si seguito il testo dell’intervento:
“Non mi capita più da molto tempo di esprimere qualche riflessione di senso compiuto che non sia uno scritto lunghissimo o una frase di 140 caratteri. Le condizioni in cui mi trovo non permettono più le mezze misure del racconto, e dire oggi quello che mi passa per la testa mi appare arduo compito. Perciò ho paura che non sarò breve. Se non avete tempo e voglia di approcciarvi a questa lettura potete interrompere qui.
Siamo dentro l’ennesima campagna elettorale. Per me campagna doppia, avendo abbandonato la Capitale a se stessa e ai suoi miasmi per tornare nel mio vecchio e sempre novissimo Molise. In questi 25 anni di assenza dal luogo che mi ha educato, ho vissuto la dimensione immateriale in diversi campi. Sono capitato per mia grande fortuna in luoghi di sperimentazione, ho conosciuto persone incredibili, sono stato molto, molto fortunato.
Ho scritto altrove della mia riscoperta del Molise, e scriverò sempre e dovunque la fortuna di aver trovato la mia incredibile moglie che qualche giorno fa mi ha regalato la gioia più grande della vita. E ho scritto altrove della distanza, l’inesistenza, l’incapacità e l’immobilismo di una classe dirigente che durante gli anni della mia assenza ha devastato il tessuto economico sociale e culturale della mia regione. Siccome però non sono tipo da criticare e basta, ho deciso di avviare una ricerca più seria e definita innanzi tutto delle origini e della storia di questo pezzo di terra, come se fosse una lotta mia, personale e privata. (Il posto migliore per studiare sono le biblioteche, e ne abbiamo di buone, con staff preparato, che però si trovano in perenne rischio di chiusura, anche perché l’amministrazione regionale per anni ha tentato di salvare aziende di privati.)
Pure, lo studio non basta. Bisogna anche fare esercizio di memoria. I ricordi sono una cosa un po’ pesante per chi comincia ad avere una certa età: riorganizzano le priorità, fondono immagini lontane tra loro, rimettono insieme pezzi di un puzzle che oggi sembrano sembrano del tutto scollegati.
Sono risalito indietro, molto indietro, a quando andavo al Liceo, a quando portavo in tasca la mia unica e sola tessera politica, quella della Federazione Giovanile Comunista Italiana. Non mi vergogno nemmeno un po’ di quella tessera, ero un adolescente, ed erano altri tempi, li ricorderanno Roberto Ferraris, Oscar Cardarelli, Maurizio Oriunno, Giovanni Virgilio, la buonanima di Pulp e tanti altri ragazzi come me che oggi vivono lontani da qui, gente che invece che agli scout andava in sezione. Mi ricordo delle scuole occupate, della Pantera, e di tante discussioni nell’aula consiliare del comune. Come facessimo ad avere la sala consiliare in quanto studenti è cosa che a tutt’oggi non so dare risposta. Qualcuno dei miei ex compagni lo saprà di certo, ma io non ero uno dei leader. Ma mi ricordo anche quelli che non la pensavano come noi, che stavano dall’altra parte, seduti sui banchi di fronte, tra i giovani democristiani. Uno di quelli, ed era già allora invece una figura di spicco, era Roberto Ruta: serpeggiava la voce che fosse figlio di Nunzio, sindaco tra i più dimenticati della città, tra il 1975 e il 1980. Quel ragazzo è poi diventato il Ruta della DC, poi deputato della Margherita, poi dell’Unione, poi ha annunciato il ritiro dalla politica, poi ha fatto Alternativ@ a sostegno del PD e adesso è il candidato al Senato per il PD.
Io invece da allora, cioè dalla tenera età di 17 anni, dopo aver incredibilmente conquistato la carica di rappresentante di istituto, non ho mai più fatto politica attiva in nessun partito, non ho mai preso nessuna tessera, non ho mai sponsorizzato questo o quel candidato, e mi sono guardato bene dal lavorare pagato da un ente pubblico, salvo quei pochissimi anni alla RAI, alla quale devo la mia formazione letteraria, diciamo così.
Ho impiegato 45 anni suonati a rendermi conto, per dirla con Walter Siti, che resistere, combattere, protestare, denunciare, non serve a niente. Ho scritto migliaia di pagine per la radio in cui denunciavo, mettevo in rilievo, indicavo possibili soluzioni. Ma non succedeva niente. E allora ho capito che bisogna metterci la faccia e fare qualche cosa. Avere la responsabilità di poter dire un giorno ai propri figli non solo ‘io però lo avevo detto, lo avevo scritto, ma è andata male.’ Bisognerà dirgli: ‘ho provato a fare qualcosa.’
Bisogna cioè entrare a pieno titolo nella cosa pubblica, è un preciso dovere di tutti quelli che pensano di potersi rendere utili, tutti coloro che hanno a cuore la convivenza civile. Dedicarsi cioè a quel pezzo di terra che ci ha messi al mondo e farlo non più con le vecchie regole della necessaria intercessione dei partiti, ma farlo direttamente, attraverso movimenti civici che si distinguano solo per le idee e i programmi, e non attraverso novecentesche e vecchissime categorie ideologiche.
Attenzione: io alla fola che le ideologie sono morte non ci ho mai creduto e mai ci crederò. Su di me le accuse di qualunquismo o di antipolitica non attaccano, e non mi addentro nel ragionamento perché è così banale che mi viene da ridere. Di noi parla sempre la nostra storia. Sicché quando dico movimenti civici non intendo aziende travestite da movimenti civici, con leader e capetti carismatici inamovibili e programmi scritti da non si sa chi e non votati da nessuno, con sospette quanto improvvise alleanze con i fascisti di casapound. No: intendo movimenti civici veri, democratici, concreti e strutturati, ma leggeri e dinamici, senza alcuna funzione o conflitto di interesse con il mercato, in cui si parla di proposte costruttive e non distruttive. Spero sia davvero questo il futuro della politica, ma la chiudo qui, non è questa la sede per simili polemiche.
Le cose stanno così: Il Molise ha davanti una svolta epocale, a 50 anni dalla sua nascita, avvenuta per una modifica Costituzionale. Cioè noi, unici nella storia d’Italia ci siamo ripresi questo Paradiso terrestre nel lontano 1963, abbiamo incominciato a governarlo nel 1970 e adesso ce lo stiamo facendo scippare via, sommerso dal fallimento economico, dall’insolvenza, dal malaffare e dall’incuria. Sto esagerando? Non lo so, può darsi. Ho commesso l’imprudenza di allontanarmi tanto tempo fa, e questo è quello che mi pare di aver ritrovato, dal punto di vista amministrativo. Ma badate, non sono ferratissimo nell’argomento e non ho voglia di accusare nessuno, non più. Non metto più tanto il naso nei conti, non faccio più l’investigazione e la denuncia di professione, non mi interessa più rimestare nel torbido delle gestioni passate. Quello che mi interessa è capire che cosa posso fare io, e cosa potrebbero fare tante teste capaci (e ne conosco in quantità industriale) per aiutare la mia regione adesso, senza perdere un altro minuto.
Un bel giorno ho incontrato questo ragazzo, che ha 31 anni, beato lui, è un avvocato, è molto in gamba, e ha proprio la vocazione per stanare le truffe continuative di un’amministrazione terrificante, (e le ha denunciate una per una, alla magistratura, ai giornali nazionali, a Report). Si chiama Massimo Romano, e se mi chiedete cos’è che mi lega a lui la risposta è semplicissima: proprio niente. Per citare un mio caro amico: Insieme guardiamo lo stesso orizzonte, un orizzonte che adesso è pieno di pale eoliche, e abbiamo come unico obbiettivo quello di non farcelo devastare in maniera definitiva. Non abbiamo interessi comuni, non ci frequentiamo, non abbiamo costituito nessuna società alle Cayman, niente.
Massimo Romano, insieme ad altri giovani in gamba tra cui Michele Durante che invece è proprio amico mio di vecchia data, è uscito in tempi non sospetti dal partito di Di Pietro perché ne aveva individuato immediatamente la gestione familistica, per essere eufemistici, e ha fondato un movimento civico che si chiama Costruire Democrazia. Dopo anni di opposizione praticamente solitaria al governo Iorio Massimo ha deciso di candidarsi alla guida della Regione Molise da solo, fuori dallo schema tristissimo centrodestra – centrosinistra, che – forse non ve ne siete accorti – ha governato l’Italia nell’ultimo anno, cioè hanno governato insieme, non alleati, non avversari e nemmeno apparentati, proprio insieme, salvo poi sparare bordate a Monti per la politica di austerità che insieme, dico PD, PDL, UDC, FLI hanno costruito, votato e comminato al popolo. Ma non divaghiamo col populismo, è troppo facile: appena Massimo ha fatto la scelta, sono partite immediate le accuse: Ha rotto l’unità del centrosinistra molisano per concorrere da solo! Ma unità di che? Con questo centrosinistra? Gli alti lai della politica conforme si sono subito levati: ma come, adesso che potevamo vincere contro Iorio? Certo, vincere contro Iorio per mettere un Frattura.
Mi voglio spiegare ancora meglio. Io ho conosciuto Paolo Frattura, dei Frattura di Laura Frattura, candidato governatore del PD e credo a questo punto anche di SeL, anche lui figlio di un notissimo amministratore regionale, Fernando, naturalmente della DC. Niente da eccepire, un ragazzo molto volenteroso e capace. È vero, è stato più volte candidato con Forza Italia, ma siccome perdeva quelli gli hanno spiegato che il partito che perde è un altro; di conseguenza qualche sera fa il buon Paolo è andato a prendersi la tessera di quel partito, il partito che adesso presenta, oltre a lui candidato governatore, Danilo Leva candidato alla Camera e Roberto Ruta come candidato al Senato della Repubblica.
Non fraintendetemi: il Partito Democratico per me è un grande patrimonio, e spero davvero vinca le elezioni politiche nazionali perché ho stima di Bersani e sono certo che farà del bene al Paese. Ma nel nostro Molise il Partito Democratico è stato, come dire, permeato, sempre eufemismo, da tutta una serie di fuoriusciti, provenienti da un altrove alieno alla storia e alle lotte civili, agli antipodì cioè di quel DNA che sta nelle origini del PD e che ne dovrebbe regolare l’onestà intellettuale e il rigore morale. Non sto facendo una questione di pedigree, sebbene di noi parla sempre la nostra storia, ma a me è sembrato che il PD nel Molise non abbia praticamente fatto opposizione (e vorrei vedere, a Roma governavano insieme) né questa legislatura, né le scorse, permettendo scempi di ogni sorta sul territorio.
Non sono in grado di fare accuse specifiche da fare a Paolo, né al PD, e in generale sono contrario alla politica fatta con attacchi. Anzi sono grato a lui per aver causato questa cesura nella meccanica istituzionale promuovendo il suo ricorso sul risultato delle elezioni, per il quale siamo di nuovo al voto. Ma la mia idea è che con lui, con il PD in queste condizioni, con la farsa delle parlamentarie e con questi candidati non si svolta, non si cambia marcia, e non si mette mano ad una seria riformulazione della cosa pubblica. Per quanto mi riguarda sono stati tutti in ballo già per troppo tempo senza risultati concreti.
Massimo invece in questi anni si è speso parecchio per individuare tutte le singole irregolarità o incapacità di questa classe dirigente. Non solo: ha anche deciso di mettere intorno ad un tavolo alcune persone della società civile per lavorare con lui a proposte nuove per ripristinare legalità e trasparenza. Ne ho ascoltate già parecchie sul turismo, sull’agenda digitale, sullo sviluppo, sull’occupazione e sull’energia. Dagli altri, da tutti gli altri notabili della politica, solo il vuoto pneumatico.
Adesso Massimo Romano corre per il Governo di questa regione. Mi ha spiegato bene (e come dargli torto?) che le chiacchiere stanno a zero e bisogna metterci la faccia, che la società civile dovrebbe smetterla di lamentarsi sempre e provare a fare qualcosa. E allora eccovi la mia faccia e il mio nome, che sono solo una goccia nel mare, e magari faranno arrabbiare qualcuno e sorridere tanti: lo faccio perché Costruire Democrazia non è un partito e perché mi sembra di avere poche idee e confuse, ma volte alla totale innovazione: chissà, presto potreste conoscerne qualcuna. In più mi sono davvero stancato di essere rappresentato da chi non reputo più in gamba di me, e non potevo continuare a piangermi addosso davanti a un social network.
Perciò, per tutto quanto sopra, se voi adesso mi dimostrate la simpatia e la solidarietà che ho ricevuto in tutti questi anni di lavoro, io mi siedo vicino a Massimo Romano, sostengo la sua candidatura e mi metto a disposizione di Costruire Democrazia per provare a rappresentare alcune istanze reali del nostro Molise, che a me sembra ancora la terra più bella del mondo.”