Ci risiamo. La crociata berlusconiana contro le tasse è ripartita, con tutto il suo corredo di rito: gli attacchi al governo Monti che le ha alzate e le puntuali promesse elettorali, dalla cancellazione dell’Imu prima casa alla riduzione di Irpef e Iva.
Fino all’opzione zero-tasse per chi assume giovani. Insomma, si torna al passato, quando la destra minacciava scioperi fiscali, strizzava l’occhio agli evasori e annunciava operazioni “libera tutti”. Musica già sentita, partitura già letta. Ma questo déjà vu tributario finisce per mischiare le carte della memoria, per far comparire avvenimenti mai accaduti o per cancellare fatti realmente successi. Sembra quasi che prima di Monti abbia governato una maggioranza capace di ridurre o quanto meno tener ferma la pressione fiscale. In realtà, non è andata così. Anzi, a conti fatti, con le ultime manovre il governo Berlusconi-Tremonti ha finito per alzare la pressione fiscale esattamente il doppio di quello che ha fatto poi il suo successore.
NIENTE RIDUZIONE – Quando il Cavaliere arriva a Palazzo Chigi nel maggio 2008 il peso delle tasse sul Pil è al 42,7 per cento. L’anno dopo, nonostante l’abolizione dell’Ici sulla prima casa, la pressione sale al 43,1. Negli anni successivi si riporta ai valori iniziali e fino al 2011 non cambia. Dunque, nessun forte aumento delle tasse ma neppure la caduta verticale promessa in campagna elettorale: secondo il programma del centrodestra sarebbero dovute scendere sotto il 40 per cento del Pil.