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venerdì, Aprile 26, 2024

Omicidio di Acca Larentia, trentacinque anni dopo (1978 – 2013)

EvidenzaOmicidio di Acca Larentia, trentacinque anni dopo (1978 – 2013)

Acca Larentia, trentacinque anni dopo (1978 – 2013)

Via Acca Larentia è uno spiazzo tra i palazzi del quartiere Tuscolano. Siamo a Roma ed è la sera del 7 gennaio 1978, si apre una porta: è quella di una sezione del MSI. Da quella che è una sede storica del Movimento sociale escono Franco Bigonzetti, per primo, e poi Francesco Ciavatta, due giovani rispettivamente di 19 e 18 anni. Dietro di loro altri ragazzi che fanno appena in temo a rientrare nella sezione quando da dietro un colonnato parte una sventagliata di proiettili. A sparare è una mitraglietta Skorpion, un’arma che ad Acca Larentia fa la sua prima mortale comparsa (la seconda sarà per l’eccidio di via Fani e l’omicidio di Aldo Moro) in quella carneficina che sono stati gli anni di piombo. A sparare è un gruppo di fuoco appartenente ad una sigla nuova nella galassia terroristica di sinistra, i Nact (Nuclei armati per il contropotere territoriale). Volti coperti da passamontagna che ancora oggi, trentacinque anni dopo, non hanno un nome.

Franco Bigonzetti viene centrato a un occhio e muore all’istante accasciandosi in una pozza di sangue davanti all’ingresso della sezione. Francesco Ciavatta scampa alla prima raffica: viene colpito alla schiena da una seconda sventagliata di proiettili mentre tenta disperatamente di darsi alla fuga da una rampa di scale. Non muore subito ma arrivato in cima alle scale si accascia, morirà tra le mani dei primi soccorritori. Più tardi, nel corso degli scontri tra militanti e forze dell’ordine seguiti al gesto sconsiderato di un operatore tv che spegne un mozzicone di sigaretta nella pozza di sangue all’ingresso della sede del MSI, un carabiniere centra con una pistolettata Stefano Recchioni, 19 anni, anche lui militante del Movimento sociale. Morirà due giorni dopo.

Francesco Ciavatta era originario di Montagano, un piccolo paesino alle porte di Campobasso, dove oggi e sepolto e dove vive ancora la mamma, Angelina Mariano. Il papà di Francesco, Antonio, è sepolto anche lui in quel piccolo cimitero di montagna, a pochi passi dal figlio. Antonio Ciavatta non riuscì a superare quel dolore e si tolse la vita in un modo atroce: seduto su una panchina, in un giardinetto dello stesso quartiere, bevve un’intera bottiglia di acido muriatico. Lo ritrovarono che non aveva più un volto. I genitori di Francesco, per la cronaca e per la Storia, sono di origini umilissime: un ex minatore lui, una ex contadina lei. Entrambi si erano trasferiti a Roma, dove lavoravano come portieri in un condominio. Per loro una sorta di benedizione. Francesco era il loro unico figlio.

Ogni 7 gennaio, presso il cimitero di Montagano, si svolge una silenziosa e sobria commemorazione. Alla tomba di Francesco e Antonio, insieme ad Angelina, la mamma e la moglie di quei due martiri incolpevoli di una stagione infestata da belve sanguinarie, si riuniscono coloro che avvertono il dovere della memoria e la pietà per i morti. Viene deposto un mazzo di fiori, come segno di pace per tutti i morti di quel tempo, di qualsiasi colore essi fossero.
La cerimonia è prevista per le ore 10 e chiunque lo desideri può unirsi per una preghiera.

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