Brutta pagina per il centrosinistra molisano. Sulla questione Sanità l’opposizione propone un proprio documento che alla fine non vota e che invece passa col solo consenso della maggioranza. Sull’atto che censura il Piano sanitario regionale redatto dal Commissario ad acta, Filippo Basso, il centrosinistra finisce in frantumi tra chi lascia l’aula e chi si astiene.
I marescialloni della sinistra molisana, o se preferite del centrosinistra, sono l’unica cosa che in regione sta peggio della Sanità. Presentandosi l’occasione, non hanno perso tempo a dare l’ennesimo segnale di una confusione mentale e politica dalla quale farebbero bene svegliarsi prima che sia troppo tardi e a ridestarli sia un manrovescio degli elettori. Ieri, al culmine di una legislatura “capolavoro”, i marescialloni sono riusciti persino ad andare contro se stessi, astenendosi da una proposta che partita dai banchi dell’opposizione è stata poi approvata dalla maggioranza.
Questo l’accaduto. In Consiglio regionale l’unico tema ieri in agenda era il Piano sanitario regionale, quello, per capirci, presentato dal Commissario ad acta Filippo Basso ai ministeri della Salute e dell’Economia e che ha sollevato in Molise una nuvolaglia nera e generalizzata di proteste. A prendere la parola, proponendo un documento che stigmatizzasse il Piano Basso e rimettesse il Consiglio regionale nella condizione di esprimere quantomeno un suo orientamento di carattere politico sul tema, è stato Michele Petraroia. Base della discussione, secondo il consigliere regionale del Partito democratico, la bozza elaborata da tempo dalla IV Commissione, un documento che lo stesso Basso avrebbe detto di voler prendere in considerazione e che, invece, ha poi saltato a piè pari. Facciamo sentire la nostra voce – questo il ragionamento di Petraroia – affinché a Roma si possa fermare il processo di validazione del Piano redatto da Basso, riuscendo quindi ancora ad esprimere un potere di interlocuzione da parte del Consiglio regionale.
Su questa base era legittimo e prevedibile attendersi un consenso trasversale di maggioranza e opposizione. Invece, contrariamente ad ogni logica che non sia quella di certi Tafazzi della sinistra, o se preferite del centrosinistra, la maggioranza trasversale non solo non c’è stata ma a sfilarsi è stata proprio l’opposizione. Al momento del voto, intorno alle 17, in aula erano presenti solo in cinque: Michele Petraroia e Danilo Leva del Pd, Felice Di Doanato di Alternativa, Carmelo Parpiglia per l’Italia dei Valori e Gennaro Chierchia dei Socialisti. Con la sola eccezione di Francesco Totaro, assente per comprensibili ragioni di salute, tutti gli altri sono assenti più che ingiustificati. Ciò detto, quindi, non può che essere censurata la condotta politica di chi alla fine, quando c’è da prendere una posizione, se la squaglia. Sarebbe interessante conoscere, uno per uno, dove erano gli assenti e perché lo erano.
Quanto ai presenti, che dire? Per bocca di Danilo Leva, i resti di un’opposizione a brandelli si è astenuta dal suo stesso documento con una motivazione che saprebbe di tartufo anche se fosse profumata con l’acqua di colonia. Il documento presentato – questa alle spicce la dichiarazione di Leva – non può essere votato in quanto, pur censurabile il Piano Basso, lo sfascio della Sanità molisana è opera del centrodestra. Una scoperta, dopo quella dell’America, degna di essere segnalata nei sussidiari e nei libri di storia di tutto il mondo. Di grazia, ma questo non era forse noto anche in apertura di seduta? E forse il centrosinistra non poteva mettere in premessa del proprio documento questa sua analisi costringendo il centrodestra a prendere una strada più irta e sassosa? No, nulla di tutto questo. E adesso è finita che il centrodestra censura Basso con un documento del centrosinistra mentre quest’ultimo si astiene. Ma che vuol dire l’astensione: da chi e da cosa? E gli assenti, rinnoviamo la domanda, perché non c’erano e come la pensano?
Adesso immaginiamo i risolini dei burocrati in completo grigio topo dei ministeri e del tavolo tecnico quando si vedranno recapitare un documento dove alcuni si esprimono e altri si astengono. Cosa volete che facciano se non ridere di un documento che un senso lo avrebbe avuto solo se fosse stato unanime e corale? Diranno a Roma che una Regione che riesce a dividersi anche su una protesta che dovrebbe unire tutti è una Regione che non merita attenzione. E forse, forse, a un ragionamento del genere è difficile dare torto.