Il Commissario ad acta alla Sanità, Filippo Basso, ha inviato la sua proposta di Piano sanitario regionale al ministero della Salute. Tante le perplessità che rilevano ad una prima lettura, a partire dalla scelta di agevolare il sistema privato. I tagli alle strutture pubbliche si trasformano in quaranta posti in più assegnati alla ex Cattolica e dal nulla, mentre gli altri nosocomi chiudono o vengono ridimensionati, a Monteroduni spunta il progetto di un nuovo ospedale. Un’idea a suo tempo avanzata anche da Iorio.
In molti la ricorderanno la vicenda, quella che ha animato la primavera e l’estate scorsa. Parliamo del tentativo di smantellare parte del sistema sanitario pubblico regionale in favore di quello privato. La rappresentazione emblematica di un gigantesco trappolone la dette, a quel tempo, l’idea balzana di travasare una serie di reparti dal Cardarelli di Campobasso alla ex Cattolica (oggi Fondazione Giovanni Paolo II), due strutture a due passi l’una dall’altra ma a distanza siderale per quanto riguarda ruolo e filosofia ispiratrice. Il primo, struttura pubblica generica e aconfessionale, la seconda struttura privata specialistica e confessionale.
L’idea dell’integrazione pubblico privato non è di per se negativa, potendo ben compensarsi le discipline specialistiche con quelle generiche. Ciò che invece appare indigesto è quando le specializzazioni vanno a farsi friggere e il privato si mette a fare il doppione del pubblico. L’idea, ad esempio, di trasferire ginecologia dal Cardarelli alla ex Cattolica è un ottimo esempio in tal senso. Con tutti gli inconvenienti del caso, compreso quello dello smistamento tra chi in ospedale ci va per partorire e chi per abortire. I primi alla ex Cattolica i secondi al Cardarelli, con tanto di vigile urbano a dirigere il traffico. Sono questi i paradossi di un sistema sanitario giunto al cortocircuito generalizzato. Una fulminazione che non ha mancato di contagiare anche i commissari, i commissari dei commissari, quelli ufficiali e quelli di complemento come quello ad acta, Filippo Basso, che nei giorni scorsi ha inviato a Roma la sua bozza di Piano sanitario regionale. Un documento complesso e articolato che pur necessitando di un approfondimento dettagliato già fa storcere il naso a più d’uno. La pruderia alla canappia, ad esempio, è già venuta al presidente del Consiglio regionale, Mario Pietracupa, e all’assessore alla Sanità, Filoteo Di Sandro. Entrambi parlano di usurpazione delle prerogative proprie delle Istituzioni molisane.
Di usurpazione in usurpazione e di cortocircuito in cortocircuito, leggendo il Piano sanitario ci si accorge di alcune cose che proprio non quadrano. Ad esempio una scelta marcatamente favorevole al privato. L’esempio è quello della ex Cattolica che si aggiudica quaranta posti in più tagliati al pubblico. Quaranta posti che Filippo Basso assegna a discipline che tutto sono tranne che specialistiche come dovrebbe invece essere per un istituto di ricerca qual è la Fondazione Giovanni Paolo II. A meno che non si voglia considerare specialistica la Chirurgia generale. Quello che era il progetto iniziale, e cioè sguarnire il Cardarelli a favore della ex Cattolica, non essendo passato dalla porta comincia oggi a passare dalla finestra. Così facendo, il vero ospedale pubblico del Capoluogo diventa quello privato.
Ma le incongruenze non finiscono qui. Una faccenda che merita un approfondimento a parte è quella della costruzione di un nuovo e mega ospedale in agro di Monteroduni. Questo, previa chiusura dei nosocomi di Isernia e Venafro. Previsti dal PSR circa cinquanta milioni di euro di spesa che, c’è da immaginarlo, basteranno a malapena a stendere l’intonaco sulle mura. Quella dell’ospedale a Monteroduni, per la cronaca, è una vecchia idea di Michele Iorio. Un caso che Basso la riproponga?
Oggi è iscritto all’ordine del giorno del Consiglio regionale, tra i tanti, anche il tema sanità. I molisani, alla luce di quanto accaduto e emerso in questi giorni, si attendono che tra lorsignori consiglieri qualcuno prenda la parola e dica chiaro e tondo che questo Piano, così com’è, va radicalmente modificato. A partire dalla preferenza per il privato che deve tornare ad essere preferenza per il sistema pubblico.