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lunedì, Settembre 22, 2025

Crisi, decine di aziende del Nucleo Industriale di Termoli sono al collasso. Una polveriera che può esplodere da un momento all’altro

AperturaCrisi, decine di aziende del Nucleo Industriale di Termoli sono al collasso. Una polveriera che può esplodere da un momento all’altro

Di Michele Mignogna

FaMi, Mare Pronto, Carrefour, Smit, Guala, Eco Power, Ipagel, FIAT, Cantieri Navali, Zuccherificio, Cantina Val Biferno. Sono solo alcune delle aziende del nucleo industriale di Termoli, che versano in condizioni drammatiche per via della crisi, una crisi che potrebbe aggravarsi il prossimo anno, lasciando sul terreno un esercito di senza lavoro, pronti a tutto pur di difendere il proprio reddito. Intanto l’unico pensiero della politica regionale sembra essere quello dei candidati alle prossime elezioni, dimenticando completamente questa gente.

Il nucleo industriale più grande della Regione è al collasso, le aziende versano in condizioni drammatiche, e centinaia di lavoratori sono a spasso, tra cassa integrazione in deroga, mobilità o licenziamenti, stanno diventando un esercito, disposti a tutto pur di mantenere il lavoro. Intanto mentre la politica litiga sulle candidature alle prossime elezioni, loro, i lavoratori, si organizzano dal basso e costituiscono un coordinamento, che vuole confrontarsi con politici e imprenditori per capire quale sarà il loro futuro. “Vogliamo che i politici questa volta ci ascoltino, e prendano impegni seri” dice un lavoratore della Fiat, “purtroppo per troppo tempo, ci siamo affidati, magari sbagliando, ai politici che poi hanno prodotto i risultati che sono sotto gli occhi di tutti”. Il punto fondamentale però rimane sempre quello, e cioè, l’impegno delle Istituzioni per risolvere le tante questioni messe sul tavolo, dalla crisi e dai provvedimenti del Governo, che addirittura, a scalare nel corso degli anni, eliminerà anche la cassa integrazione e la mobilità, una mannaia sulla testa di tanti lavoratori, che con gli ammortizzatori sociali, riescono in alcuni casi, a far mangiare le loro famiglie. Non solo la crisi mette a rischio le aziende, anche la famosa “delocalizzazione” verso altre regioni o altre nazioni, che vede interessate anche molte aziende del nucleo termolese, come il caso della Guala che produce chiusure di sicurezza, tappi per intenderci, e che non versa in condizioni di crisi, “anzi – ci dice Giuliano Guidi cassintegrato della Guala – la nostra azienda addirittura non ha nessun problema economico, essendo partecipata anche da grandi gruppi bancari, il loro problema è chiudere lo stabilimento di Termoli”. E la storia della Guala è davvero singolare, uno stabilimento in cui addirittura venivano formati i tecnici di altri stabilimenti, dove si costruivano anche i macchinari da utilizzare nelle linee di produzione del gruppo, insomma una situazione che non lasciava presagire nulla di male. Allora che succede? Chiediamo a Giuliano, “ succede che hanno iniziato togliendo una linea di produzione, dove lavoravamo noi, venti dipendenti, quasi tutti con moglie e figli, e che oggi siamo in cassa integrazione, ma non perché non c’è produzione, perché hanno deciso che il nostro lavoro lo faranno al nord, quindi chi ha accettato di andare al nord a lavorare è dentro, chi, per varie ragioni non può spostarsi è fuori. Una logica bruttissima accettata dai sindacati, a partire dalle Rappresentanze interne fino ai responsabili regionali, che addirittura volevano subito metterci in mobilità per alleggerire l’azienda, poi ci sono i criteri utilizzati dall’azienda e accettati dai sindacati, nel senso che non hanno guardato magari il carico familiare o l’anzianità di servizio, io sono ventuno anni che lavoro alla Guala, ma hanno fatto un po’ come gli pareva”. E come gli pareva in Molise, significa una sola cosa, chi ha il santo in paradiso e chi no. Ma non sono solo le aziende tradizionali ad andare in crisi, anche il settore delle energie rinnovabili soffre tantissimo, da una parte la mancanza di soldi da parte dei cittadini che di conseguenza non installano impianti fotovoltaici, per esempio, e dall’altro, il fatto che con i tagli agli incentivi in questi settori, nemmeno le aziende stesse sono invogliate a fare gli impianti, per questo la Eco Power, che produce pannelli fotovoltaici, su diciannove dipendenti ne tiene sedici in cassa integrazione, che se sommata arriva a ben dodici mesi, un anno di cassa integrazione su tre di produzione, infatti la Eco Power apre nel 2009, e assume diversi giovani, ma già nel 2010 la situazione si complica cosi, in accordo con la Regione Molise, procede alla cassa integrazione in deroga. “Purtroppo in una situazione di crisi come questa a farne le spese siamo noi lavoratori, e se a questo aggiungiamo il taglio degli incentivi da parte del Governo, sulle energie rinnovabili, noi non possiamo produrre pannelli che poi non venderemo – ci dice Luigi Maglione cassintegrato della Eco Power – forse negli anni passati questa Nazione e questa Regione, hanno speso troppo e male le risorse che ci venivano assegnate sia dall’Europa che da altre Istituzioni, oggi ci ritroviamo che per difendere un posto di lavoro e un minimo di stipendio, dobbiamo inventarci qualsiasi cosa, è questo che non si sopporta”. Amara riflessione quella di Luigi, ma che rende evidente come ormai ci sia poco o nulla da fare se non si inverte la tendenza e non si inizia veramente a parlare di lavoro e di sviluppo di una terra che è da sempre stata terra di conquista, come dice uno dei lavoratori della lista degli esclusi dello Zuccherificio “vengono, anzi venivano, in Molise, prendevano gli incentivi stavano qualche anno e andavano via, e oggi che la coperta è corta per tutti, vanno via e basta”. Insomma quello che il neonato coordinamento vuole evidenziare è come a rischio non ci sono solo queste aziende, ma anche i pescatori, i commercianti e gli agricoltori, “ad essere a rischio – dice Costantino Manes del coordinamento – è un intero territorio come quello basso molisano, che da sempre è stato il motore di questa Regione, e che oggi sembra non interessare più a nessuno, giovani che vanno via o sono disoccupati, cinquantenni orami espulsi da sistema produttivo e che non sanno dove girarsi, fanno di questo luogo geografico una polveriera che da un momento all’altro potrebbe esplodere, se non si mette un freno alla disperazione di intere famiglie”.

 

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