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venerdì, Dicembre 6, 2024

L’inchiesta/Il massacro del Biferno

AttualitàL’inchiesta/Il massacro del Biferno

Se fosse un documentario, il titolo sarebbe “come si massacra un fiume”, ma non è un documentario, è una realtà purtroppo evidente che riguarda il letto del fiume Biferno, il più importante della Regione, che gli interventi post alluvione, costati alla collettività molisana milioni di euro, hanno letteralmente violentato e massacrato. Quello che una volta era un fiume, oggi è una landa desolata in cui ognuno, per anni ha fatto il proprio comodo, senza più animali né piante. Intanto spunta un’altra delibera della Giunta regionale la numero 581 del venti settembre scorso, che stanzia altri 15 milioni di euro, per finire il massacro.

 

  Michele Mignogna

 

A guardarlo oggi è un non luogo, come tanti sparsi per il Molise, dove lo sviluppo ha creato solo danni e sperpero di denaro pubblico, tanto, tantissimo denaro, letteralmente gettato al fiume. Come si ricorderà, l’alluvione del 2003, allagò la città di Termoli e prima della città, il Nucleo Industriale, un’alluvione, che come ricorda l’inchiesta della Procura della Repubblica di Larino, denominata non a caso “Operazione Eldorado”, non ebbe solo cause naturali, come volevano far credere, ma anche cause umane. Non solo, la Procura della Repubblica in quei mesi intervenne pesantemente su quella situazione, impedendo addirittura all’impresa Cimorelli di Isernia, di poter lavorare con la pubblica amministrazione, cosi com’è scritto nelle carte processuali. “L’azienda dell’imprenditore isernino Cimorelli che subappaltò i lavori di rifacimento degli argini del Biferno deve sospendere l’attività e la partecipazione a gare d’appalto”, e ancora, secondo i PM di Larino, Cimorelli “avrebbe ottenuto il subappalto delle opere di realizzazione a difesa delle sponde del fiume dalla ditta “Tullio Genesio”, impresa abruzzese, che vinse la gara d’appalto indetta dalla Regione Molise vincitrice, dopo la drammatica alluvione del 2003. Una vicenda, anzi un affare, che in seguito sarebbe stato gestito in maniera del tutto discrezionale e  soprattutto grazie, come è accaduto per tante inchieste molisane, alla connivenza del funzionario regionale, responsabile delle opere idrauliche Ermanno Scricco, insieme a lui finirono in manette anche Tullio Genesio, proprietario della “Tullio Edile Calcestruzzo” della provincia dell’Aquila, Vincenzo Di Carlo, direttore dei lavori per conto della ditta “Tullio” e Antonio Cimorelli, imprenditore isernino proprietario dell’impresa sub appaltatrice dei lavori; il termolese Mario Ragni, ingegnere dirigente dell’Ufficio Demanio della Regione, mandato ai domiciliari e subito dopo rimesso in libertà. I primi quattro furono addirittura accusati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dell’erario pubblico, falso ideologico e danno ambientale. Cimorelli invece sarebbe stato responsabile di furto aggravato per aver venduto a imprese private il materiale di risulta scavato dal letto del Biferno guadagnando una bella sommetta di euro, circa 600mila euro, secondo i periti della Procura. Non solo, sempre secondo la Procura di Larino, dagli accertamenti condotti dalla Guardia forestale è emerso che l’ultimo tratto del fiume, è nelle stesse condizioni dei giorni successivi all’alluvione e così appare anche in diversi altri punti con conseguente pericolo di una nuova inondazione in caso di alluvione.

Ebbene, l’acqua fatta uscire dalla diga in quei giorni, lasciò sul terreno non solo i danni a tanti cittadini ma, danneggiò inevitabilmente anche il letto del Biferno, soprattutto nel tratto che va dall’uscita della diga fino alla foce. Immediatamente, le Istituzioni locali, chiesero e ottennero lo stato di emergenza. Stato di emergenza che in due parole significa l’arrivo in Molise di soldi, e soprattutto la possibilità per la Regione di affidare direttamente i lavori alle imprese che i politici ritengono adatte. Iniziano cosi i lavori di “sistemazione delle sponde del Biferno”, ma dopo nove anni dall’alluvione qual è la situazione? Che cosa è successo nel frattempo al fiume? Le immagini sono eloquenti, argini diventati montagne da scalare, pilastri che prima poggiavano sul letto del fiume sono sospesi nell’aria, per la brama di portar via tutto il materiale di risulta possibile, in attesa forse di tragedie ben peggiori, il letto del fiume che ormai sembra un’autostrada, larghissimo in alcuni punti, per finire poi ad imbuto nei paraggi dello Zuccherificio del Molise, dove ha sede l’Azienda Desiderio, che ogni pioggia che il signore manda sul Molise si allaga immancabilmente. Insomma interventi scriteriati, e soprattutto senza le minime misure di sicurezza, infatti, stando cosi le cose, non meraviglierebbe nessuno, se un periodo di piogge intense produca lo stesso risultato del 2003. Poi ci sono le tonnellate e tonnellate di materiale di risulta che dicevamo poc’anzi, portato via che  comunemente viene chiamato “misto”, da qui la denominazione “Eldorado”, che viene comprato dagli impianti di produzione di sabbia che si trovano lungo il corso del fiume, fatto sparire letteralmente, insomma se la perizia della Forestale parlava dell’ultimo tratto del fiume, evidentemente i militari non hanno visto come è ridotto il letto del fiume all’inizio. E poi c’è un aspetto che nessuno ha mai valutato e cioè la desertificazione che questi lavori hanno prodotto, infatti, secondo il Decreto Ronchi, tutti gli interventi fatti per le sistemazioni idrogeologiche sia dei fiumi che altrove, bisogna tenere ben presente la biodiversità del luogo, ebbene, in quel “non-luogo” oggi non esiste nessuna specie di animale, e i pochi pesci che si vedo ogni tanto nell’acqua più alta, è il frutto delle semine che una società sportiva del luogo fa ogni tanto  per delle gare di pesca sportiva, e basta. In un solo colpo hanno cancellato decenni di equilibrio naturale che soprattutto sugli argini dei fiumi si crea. Tutto questo in nome di una speculazione sull’ambiente che non ha pari, forse la più grande e terribile speculazione ambientale fatta nell’Italia meridionale, negli ultimi vent’anni. Intanto la Magistratura sta facendo il suo corso e il prossimo 15 novembre, ci sarà l’udienza preliminare per le persone coinvolte dell’inchiesta . 

La Procura di Larino, a distanza di nove anni dal fatto, ha iscritto le 5 persone sul registro degli indagati ed ora ha chiesto il processo nei loro confronti.

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