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martedì, Maggio 7, 2024

Di Ruzza, Pg al processo di San Giuliano: “Ancora oggi si costruisce in modo irresponsabile”

AttualitàDi Ruzza, Pg al processo di San Giuliano: "Ancora oggi si costruisce in modo irresponsabile"

A dieci anni dal crollo della scuola “Francesco Jovine” di San Giuliano di Puglia che causò la morte di 27 bambini e una maestra, abbiamo intervistato Claudio Di Ruzza, Procuratore generale al processo d’appello, che in secondo grado riuscì ad ottenere la condanna (poi confermata in assazione) dei responsabili di quella tragedia. In primo grado il giudizio si concluse con una sentenza che fece molto rumore e che assolse tutti gli imputati “perché il fatto non sussiste”. Diametralmente opposta la sentenza di secondo grado che, invece, accertò la colpevolezza.

Dottor Di Ruzza, lei è stato Procuratore generale al processo d’appello per il crollo della scuola “Jovine” di San Giuliano di Puglia. Un processo molto doloroso, qual è il suo ricordo.

Ricordo tutto perché la concentrazione era molto alta e non era facile ribaltare una sentenza che aveva assolto tutti gli imputati, che era profondamente ingiusta ma anche ben motivata. Si doveva essere capaci di una rilettura delle prove che avevano portato all’assoluzione e quindi era necessario mantenere la concentrazione solo sull’aspetto tecnico-giuridico evitando polemiche e protagonismi che avevano caratterizzato negativamente il processo di primo grado davanti al Tribunale di Larino. Certo un processo che presentava aspetti umani molto forte perché il pensiero di 27 bambini morti insieme alla propria maestra è stato sempre presente durante tutte le udienze ed è stato per il loro rispetto che durante il processo ho evitato interviste e dichiarazioni.  Oggi posso dire che in quei giorni l’aspetto più intenso è stato quello dei genitori delle vittime durante tutto il processo. I genitori hanno assistito in silenzio durante tutte le udienze, un silenzio quasi surreale ed è stato incredibile assistere alla loro dignità pensando al dolore che portavano per la perdita dei loro bambini. Un dolore sicuramente mista a rabbia perché si erano rivolti alla Giustizia e avevano ottenuto una risposta quasi beffarda, una sentenza che aveva sancito che “il fatto non sussiste”. I loro sguardi in assoluto e i loro silenzi erano più significativi e parlavano più di ogni domanda. Siamo quindi riusciti a dare loro una risposta che attendevano, una risposta di Giustizia che gli era stata negata in primo grado.

Il professor Boschi, sismologo di fama internazionale che è stato consulente nel processo di primo grado,  ha detto in una recente intervista che i terremoti uccidono non perché non previsti ma perché le case sono malcostruite. Lei si sente di condividere questa affermazione?

Punto di vista assolutamente condivisibile, perché è assolutamente inconcepibile che edifici pubblici e in particolare le scuole, come nel caso di San Giuliano, vengano costruite senza prestare la dovuta attenzione nella fase progettuale, esecutiva e di collaudo così come prescrivono le norme in materia. Specie nell’edilizia scolastica non è così, ed è emblematico un caso come quello di Venafro dove si è assistiti non molto tempo fa al crollo di un solaio in una scuola che solo un caso fortuito ha evitato che provocasse vittime.

Sono passati dieci anni, molti bambini, molti alunni fanno lezione ancora nelle baracche e nei container. E’ stato avvertito secondo lei il messaggio che arriva da quella tragedia.

E’ questo l’aspetto più amaro, oltre che ovviamente la scomparsa dei bambini e della maestra; il fatto che ancora oggi quella vicenda non abbia lasciato il segno per quanto riguarda l’applicazione rigorosissima di ogni regola di prevenzione nella costruzione di edifici pubblici. E questo vale anche per il Molise dove sono arrivate somme ingentissime perché si avviasse una fase nuova nella quale non possa essere nemmeno immaginato che un genitore mandi un figlio a scuola e accada quello che è successo a San Giuliano. Il fatto che ancora oggi parliamo di sicurezza nelle scuole molisane ci deve far riflettere e capire che non c’è stata un’attenzione sufficientemente prestata a questo tema.

Procuratore, ricordo una frase messa alla fine del suo intervento in aula: lei parlò di partito del terremoto ma si fermò dicendo. “Qui dovremmo però aprire un’altra storia che non attiene a questo processo”. Cosa voleva dire?

Volevo dire che l’attenzione della Corte non doveva essere assolutamente distolta da quello che era l’oggetto del processo con argomenti che non vi attenevano. Parlare di aspetti che sicuramente hanno avuto a che fare con il crollo, ma successivamente, avrebbe spostato l’attenzione sulla domanda a cui dovevamo rispondere e cioè se quella scuola era crollata per il terremoto o perché costruita nel mancato rispetto delle regole. Ecco perché dissi che del terremoto si poteva parlare solo in relazione al crollo e non in relazione ad altri aspetti sui quali la magistratura, giustamente, ha apposto in altre sedi la sua attenzione.

Quindi il partito del terremoto c’era ma lei l’ha tenuto fuori.

Leggendo le carte di primo grado mi sono reso conto che era palpabile una contrapposizione e delle polemiche e dei tentativi di spostare l’attenzione su altri temi che non riguardavano il crollo della scuola di San Giuliano. In secondo grado, che era l’ultimo per entrare nel merito, questo doveva essere evitato.

Lei ha fatto dei processi molto importanti ma credo che questo sia un processo a sé. Cosa le resta di questa esperienza al di là dell’aspetto tecnico-giuridico?

Posso dire senza tema di smentita che quel processo e quei momenti rappresenteranno un fatto indelebile nella mia mente. E’ evidente che come cittadino e come genitore che quel giorno aveva un figlio in una scuola elementare del Molise non potrò mai dimenticare una tragedia che ha segnato le coscienze in tutta Italia. I ricordi sono indelebili nella mia mente e restano anche attraverso il rapporto che ho mantenuto con i genitori delle vittime. Loro mi chiamano, vengono a trovarmi in Procura e con alcuni di essi mantengo un rapporto molto intenso. Di recente è venuto a trovarmi il marito della maestra scomparsa.

Un’ultima domanda. Nel processo di appello si è affacciata l’ipotesi di una responsabilità dello Stato per una errata classificazione di quella zona.

Quello che posso dire è che al di là di una mappatura delle zone a rischio è assolutamente inconcepibile che edifici pubblici vengano costruite nella più completa inosservanza di quelle che sono le norme tecniche. Faccio un esempio: è chiaro che una sopraelevazione, a prescindere dalla normativa sismica, comporta che venga verificato lo stato piano sottostante. Quello che si verificò a San Giuliano di Puglia è uno spaccato di molti modi di fare per quanto riguarda le opere pubbliche dove si pensa più all’utilizzo delle risorse pubbliche piuttosto che al rispetto delle norme tecniche. Quel che spiace è che i controlli, specie sui collaudi, a volte vengono eseguiti solo in maniera formale per ottenere il pagamento delle opere stesse e delle progettazioni.

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