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lunedì, Maggio 6, 2024

L’olio molisano tra mercato e tradizione

AperturaL'olio molisano tra mercato e tradizione
Foto di Rino Trivisonno

in questi giorni è in corso la raccolta delle olive, iniziando dal basso Molise si sposterà, nelle prossime settimane anche nell’alto Molise. I produttori e gli agricoltori come ogni anno riservano una particolare attenzione alla cura degli oliveti, ma soprattutto alla produzione di olio, che negli ultimi anni subisce, costantemente, l’importazione di olii stranieri e adulterazioni di ogni tipo. Un settore quello olivicolo sicuramente da rilanciare.

Michele Mignogna

I numeri resi noti dalla Coldiretti sono impetuosi, nel 2011 sul mercato italiano sono arrivate la bellezza di 483mila tonnellate, per la maggior parte “miscelato” con l’olio prodotto in Italia per poter acquisire la denominazione di “olio extravergine di oliva”. Situazione questa che mette seriamente in pericolo le produzioni locali, che stando sempre a quanto dice la Coldiretti, “attualmente basta a sufficienza a soddisfare la domanda interna”. Ma perché si verifica questo? Perché da Paese leader nella produzione di olio, stiamo scivolando sempre più in basso nella classifica? Semplice, con l’invasione degli olii, provenienti soprattutto dalle regioni del Nord Africa, mettono in condizione gli agricoltori locali di non poter competere con i prezzi. Basta pensare solo alle decine di ettari “espiantati” in Molise negli ultimi cinque anni.  A fronte di una crescita del consumo di olio di oliva del 4,6% in Italia si è verificata la diminuzione del 6% della sua produzione, dati questi riportati alcune settimane fa anche da Financial Time, che sottolinea anche che “il crollo dei prezzi alla produzione dell’olio di oliva del 19 per cento nel primo semestre del 2012, è dovuto anche alla mancanza di trasparenza sulla provenienza dell’olio di oliva in vendita. Ciò tocca da vicino anche il Molise che figura tra le regioni italiane che producono olio di oliva ed extravergine di oliva”. Non solo, “Nel 2011 – spiega ancora la Coldiretti – si è verificato un ulteriore aumento del 3 per cento nelle importazioni di olio di oliva dall’estero che sono quasi triplicate negli ultimi 20 anni (+163 per cento), sommergendo di fatto la produzione nazionale, che sarebbe peraltro quasi sufficiente a coprire i consumi nazionali. Gli olii di oliva importati in Italia vengono infatti mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri dove sono state esportate 364mila tonnellate nel 2011”. Insomma sotto accusa c’è anche la mancanza di trasparenza visto che quattro bottiglie di olio extravergine su cinque in vendita in Italia contengono miscele di diversa origine, per le quali è praticamente illeggibile la provenienza delle olive impiegate nonostante sia obbligatorio indicarla per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento Comunitario n.182 del 6 marzo 2009. Per superare queste difficoltà era stato firmato, il 3 agosto 2011 dall’allora Ministro delle Politiche Agricole Saverio Romano, il decreto ‘Norme in materia di leggibilità delle informazioni inerenti l’origine dei prodotti alimentari’ che, a distanza di quasi un anno, non è stato ancora pubblicato. Questo perché, troppo spesso, le organizzazioni datoriali, come appunto la Coldiretti, devono rispettare dei trattati Europei, che di fatto, penalizzano le produzioni locali, a favore di quelle straniere, e il caso del “Corridoio Verde” ne è l’esempio più lampante. Ma cosa si può fare dunque per rilanciare l’oro molisano sul mercato nazionale e non solo? La prima cosa da fare è che le Istituzione come ad esempio l’Arsiam, diventi veramente un’agenzia di sviluppo, e collochi i prodotti locali, tra i quali l’olio, sui mercati. Poi va riconosciuto ai produttori il giusto prezzo all’origine del prodotto, non è possibile vendere un quintale di olive dai trenta ai cinquanta euro, ma soprattutto far rispettare l’origine del prodotto, rendendo veramente più trasparenti le etichette, ed invogliare i consumatori ad utilizzare un olio, che benchè più costoso, è di ottima qualità. E per finire, sfruttare al meglio il porto molisano di Termoli, e provare a conquistare i mercati dei Balcani, in forte espansione economica, e con possibilità reali di investimento. Poche semplici proposte che però possono dare respiro a un settore, troppo spesso abbandonato, dalle Istituzioni in primis.

 

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