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giovedì, Gennaio 16, 2025

Vitagliano a Romano: “Basta con la denigrazione”

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Gianfranco Vitagliano

La risposta di Romano a Bregantini, sprezzante ed anche intimidatoria, e l’invito di Petraroia mi fanno ancora più convinto della irrecuperabilità del fondatore di Costruire Democrazia (sic!) alla causa democratica ed anche al fine primo dell’azione politica: la cura dell’ordine e del benessere della comunità.

Report dell’altra sera, ultimo della serie di uscite ad orologeria sui giornali e sulle televisioni nazionali, testimonia come la Gabbanelli – insieme a Rizzo e agli altri – abbia abboccato all’amo della falsificazione e dell’uso strumentale di mezze verità, opportunamente organizzate, attività nella quale ha maturato perizia e tecnica specifica  Massimo Romano.

Nella trasmissione, ispirata al conformismo scandalistico, sono state mescolate fandonie, notizie, numeri ed importi, forzando i dati della realtà e facendoli rientrare in uno schema precostituito in modo da trasformare il tutto in senso comune. E, volutamente, non è stata mandata in onda l’intervista al direttore generale della FinMolise, ricca di risposte tecniche ed in grado di chiarire la natura delle operazioni finanziarie effettuate. Così come si é fatto passare per misteriosa ed illecita l’attività di società che, al pari di decine di migliaia di altre societá operanti in Italia, a cominciare dalla Fiat, hanno sede all’estero.

Questo è il metodo Romano: non la critica misurata ed obiettiva; non il legittimo confronto e il corretto rapporto istituzionale, non l’analisi e suggerimenti utili a risolvere – senza idee propagandistiche e irrealizzabili –  i problemi che la Regione ha in questo momento storico ma ondate di denigrazione e di sospetti finalizzate alla mattanza politica degli avversari, dileggio gratuito e fortemente offensivo della sfera morale e dell’onorabilità altrui.
È tutto ciò non è mirato al bene comune ma a guadagnare consenso personale attraverso la più primitiva anti politica, il più qualunquistico populismo.
La calunnia e la menzogna non servono ad ingannare e contrastare l’avversario ma ad indebolirlo attraverso l’inganno ai cittadini.

E veicolo e complici sono diventati la Gabbanelli, Rizzo ed altri, tutti imbeccati e sollecitati ad intervenire, al momento giusto.

Perché ognuno ci rifletta è la stessa distorsione comunicativa messa in campo per il master plan  e la costruzione della sede regionale unica a Campobasso con la quale  Romano é riuscito a far dimenticare il fatto che l’idea, le prime decisioni, i primi impegni finanziari erano dello zio assessore – con il quale collaborava- trasformando noi  nei cementificatori della cittá.

Qui non ci si vuole difendere, né si cercano difese e tantomeno si chiedono connivenze o silenzi. Ma si vuole condividere l’indignazione e la ribellione con tutti quelli che l’altra sera erano sul banco degli accusati.
Chi pensa che ci fosse solo Iorio s’illude.
C’erano: i dirigenti regionali che hanno istruito, proposto e validato, sotto i profili finanziario e di legittimità, gli atti deliberativi  (ma si pensa veramente che Iorio assegni risorse,  aumenti il capitale o ceda societá da solo, attraverso telefonate sul cellulare?); i presidenti di Regione e gli assessori che si sono succeduti, via via, nel governo regionale;  i consiglieri regionali che hanno condiviso le decisioni della Giunta; i sindacalisti e i lavoratori che nelle assemblee hanno sollecitato, atteso, condiviso e applaudito gli interventi regionali.
Certo la responsabilità politica é di chi decide.  E chi decide può incorrere in improvvidenze, imprudenze, anche errori, tanto più facili quanto più sono delicate le cariche ricoperte e complesse le circostanze da affrontare. Ma lo si é fatto in buona fede, consapevoli della necessità di salvaguardare gli interessi pubblici, il patrimonio regionale, i posti di lavoro e l’economia  di contesto legata alle aziende, convinti che andavano ad ogni costo evitate le gravi conseguenze che sarebbero derivate, sul tessuto economico e sociale del territorio, dalla cessazione delle attività. Tutto questo viene nascosto per farci passare come una congrega di malfattori.
Siamo tutti vittime di una demonizzazione veemente, di un atteggiamento profondamente intollerante, basato sul valore pedagogico della violenza verbale che, per contagio, può stimolare anche quella fisica.
Siamo vittime di un’immagine terribile che si da di noi ai nostri connazionali, che rende assai difficile ogni rivendicazione, che allontana ogni possibile acquirente delle attivitá saccarifere e avicole, che compromette la nostra considerazione nel mondo finanziario, che rende sempre più difficile ogni soluzione per le nostre criticità.

Tutto ciò è irresponsabile ed immoralmente sproporzionato rispetto al vantaggio singolare che si spera di ottenere in termini di consenso.

Mons.  Bregantini, Petraroia e tanti altri hanno ragione nel chiedere moderazione, responsabilità, abbassamento dei toni.

La democrazia, se è tale, non transige sul l’idea di reciproca mitezza.

Come è già successo, nel recente passato, dopo il rumore la verità é emersa, ma con il tempo e nessuno si è assunto la responsabilità dei danni alla società ed alle persone.

Quel che è in gioco riguarda la politica e i modi del suo corretto svolgimento.
Su un terreno di questo tipo lo scorso anno si è seminato e raccolto con l’immoralità del voto disgiunto.

Dobbiamo indignarci e, senza minimamente mettere in discussione il valore essenziale della libertà di critica, contrastare questa politica che porta discredito per l’intero sistema, che è cattiva politica.
Salveremo anche chi la mette in atto pensando di servirsene e non sapendo che ne finirà vittima.

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