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sabato, Luglio 27, 2024

Ricostruzione, tre modelli a confronto: Molise, Abruzzo e Emilia Romagna.

AttualitàRicostruzione, tre modelli a confronto: Molise, Abruzzo e Emilia Romagna.
Un momento dell’incontro di Larino

Dieci anni per ricostruire il 35% delle abitazioni in classe A, abolizione del contributo per l’autonoma sistemazione, 638 famiglie ancora fuori casa e 276 nei prefabbricati, questo il quadro che viene fuori dal convegno sulla ricostruzione organizzato a Larino dai Giovani Democratici, che hanno invitato le Istituzioni a fare “rete” con Abruzzo ed  Emilia Romagna e risolvere al più presto i problemi dei cittadini terremotati.

Michele Mignogna

Tre modelli di ricostruzione a confronto a Larino nel convegno organizzato dai Giovani Democratici del Molise. Abruzzo, Emilia Romagna e Molise hanno analizzato, ognuno per le proprie caratteristiche, lo stato delle cose nella ricostruzione post sisma. Si parte ovviamente dal Molise, che tra le tre Regioni è quella che per prima ha dovuto fare i conti con il sisma prima e la ricostruzione dopo, una Regione in cui la ricostruzione è ferma al 35% dopo dieci anni e una pioggia di euro letteralmente arrivati dal Governo centrale. Infatti il Molise è la regione in cui più delle altre è durato il periodo di sospensione dei tributi, sospensione che sta creando non pochi problemi, dove addirittura il contributo per l’autonoma sistemazione è durato più di tutti, in Emilia lo hanno rifiutato, mentre in Abruzzo terminerà il prossimo 31 dicembre, in Molise dopo nove anni i Comuni continuavano a reclamarne la permanenza, insomma un modello di ricostruzione, quello del Molise che non può essere preso in considerazione dice Michele Petraroia “un modello che non ha prodotto un solo euro di valore aggiunto – continua il consigliere regionale – ma anzi ha aggravato i problemi di una regione che da decenni non riusciva a risolvere”. Prevenzione e progettualità, queste le parole d’ordine che a partire dal leader dell’opposizione Paolo di Laura Frattura, hanno lanciato gli uomini dell’opposizione a Palazzo Moffa, prevenzione a 360 gradi ha detto Frattura “che devono necessariamente rispettare le normative antisismiche, e in Molise sicuramente nessuno, o pochissimi edifici pubblici come le scuole, possono vantare un certificato anti sismico”. Una posizione condivisa anche da Roberto Ruta che è andato anche oltre se possibile, chiedendo alla Regione di passare la gestione della ricostruzione direttamente nelle mani dei sindaci, “persone capaci che conoscono il territorio e i loro cittadini. Organizzeremo sicuramente nei prossimi giorni un’assemblea in uno dei comuni del cratere in cui, insieme agli amministratori chiederemo la messa in mora della regine Molise, dandogli scadenze ben precise sul percorso della ricostruzione”. Insomma seppur tardiva, la posizione del PD molisano è arrivata in un momento in cui, i comuni pur avendo dei soldi in cassa non possono utilizzarli per via del fatto che mancano i tecnici che materialmente istruiscono le pratiche per la ricostruzione. Infatti da quando il Governo Monti ha decretato la fine dello stato di criticità nel Molise terremotato, i lavoratori della ricostruzione sono stati mandati a casa in attesa di una “concorsone” che nessuno sa quando e come si svolgerà, tenendo presente che attualmente sono arrivate all’Agenzia per la Protezione Civile ben 4430 domande. Proprio sul concorsone sono intervenuti diversi amministratori che chiedevano al commissario Michele Iorio, sin dall’inizio di poter mantenere il personale fino a quando  non ci sarebbe stato il concorso, richieste non accettate e i comuni oggi si ritrovano a fare i conti con un ritardo indotto, indotto da chi sin dall’inizio sapeva che sarebbe finita in questo modo.

Stefania Pezzopane, ex Presidente della Provincia di l’Aquila, invece è intervenuta in merito alle sconcezze che anche in Abruzzo hanno fatto, dal centro storico della bellissima l’Aquila, “ancora chiusa di notte, e ancora piena di macerie che il Governo non riesce ancora a rimuovere”, passando per i moduli abitativi che secondo la Pezzopane “sono ormai diventati dei veri e propri quartieri, essendoci servizi e infrastrutture,  che hanno snaturato in maniera definitiva quelle che erano le città Abruzzesi”. In Abruzzo, ha ricordato la Pezzopane, “abbiamo chiesto noi di definire un periodo entro il quale definire l’uscita dagli sgravi e dall’autonoma sistemazione, in modo da indurre il Governo e la Regione ad intensificare gli sforzi per la ricostruzione”. Ma è stato grande lo stupore della Pezzopane quando ha saputo che in Molise la figura del commissario alla ricostruzione è stato in carica la bellezza di dieci anni circa, “noi abbiamo mandato via Chiodi (commissario alla ricostruzione in Abruzzo ndr) a gran voce, avevamo capito che la ricostruzione potevano farla, e bene, solo i sindaci che sanno in che modo intervenire e in che modo ricostruire, certo avvalendosi dei tecnici necessari ma sono i sindaci a fare la ricostruzione”. Insomma due regione vicine, sorelle quasi, visti i precedenti, che hanno inteso ricostruire, o meglio, avviare la ricostruzione con modalità ben diverse tra loro. Infine una steccata la Pezzopane l’ha rivolta alla Commissione Grandi Rischi, che fino ad una settimana prima del sisma invitava i cittadini a stare tranquilli, e oggi sono tutti sotto inchiesta.

La situazione dell’Emilia Romagna, sia per dimensioni che per capacità produttive, è ben diversa dalle altre due regioni. Presente a Larino il segretario regionale del PD Stefano Bonaccina, il quale senza mezzi termini ha “bacchettato” certi comportamenti, non solo del Governo centrale ma anche degli altri enti locali di Abruzzo e Molise, “due regioni in cui si doveva fare molto di più”, dice Bonaccina, ma in Emilia Romagna cosa hanno fatto? Ebbene continua il segretario “innanzitutto stiamo cercando di tenere accesi i riflettori sulla situazione e poi abbiamo iniziato a capire cosa, noi cittadini potevamo fare immediatamente per non demandare tutto a “gruppi esterni” che come abbiamo visto, poco hanno prodotto sui territori”. Va ricordato che la zona colpita dal terremoto emiliano, da sola vale quasi il 2% del PIL nazionale, è una zona in cui ci sono i distretti Biomedicali più importanti d’Europa, aziende che se continua la situazione di stallo, e se continuano a non arrivare fondi, rischiano di doversene andare, lasciando cosi un terremoto nel terremoto, e cioè centinaia di operai senza lavoro. “Già oggi – dice Bonaccina – abbiamo 85 mila operai in cassa integrazione che non sanno quando potranno riprendere il lavoro”. Ma Bonaccina chiede pure che il Governo mantenga gli impegni presi, ovvero, che rispetti la volontà dei Governi locali emiliani che all’unanimità hanno chiesto di “varare un piano pluriennale, che preveda somme fisse annuali per la ricostruzione, cosa che abbiamo messo già nero su bianco, ma che il Governo sembra non interessarsene”. In conclusione, nonostante le evidenti differenze che ci sono nei tre modelli di ricostruzione, una cosa è fin troppo chiara, e cioè, se ci fosse la chiara volontà di investire sulla prevenzione, idrogeologica soprattutto, non dovremmo più piangere vittime di eventi che si possono, non solo prevedere ma anche prevenire, non solo, bisogna trovare anche “la quadra” su una legge nazionale che intervenga, in un modo solo, nelle varie catastrofi che ogni anno ormai, interessano l’Italia.

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